Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market.
MINISTERO DELLL’ECONOMIA E FINANZE – MONITORAGGIO DELLA SPESA SANITARIA – RAPPORTO N. 3 – 2016
Il processo di razionalizzazione dell’acquisto di beni e servizi
“L’assetto normativo in materia di controllo e razionalizzazione della spesa sanitaria con riferimento ai beni e servizi e, in particolare, le disposizioni riguardanti la pubblicazione dei prezzi di riferimento in ambito sanitario ha subito, rispetto alle iniziali previsioni contenute nell’art. 17, c. 1, lett. a) del DLgs 98/2011 (convertito con L 111/2011), considerevoli mutamenti nel corso di poco più di un anno. Il sopracitato articolo stabilisce che: “nelle more del perfezionamento delle attività concernenti la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura da parte dell’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all’art. 7 del DLgs 163/2006, e anche al fine di potenziare le attività delle Centrali regionali per gli acquisti, il citato Osservatorio, a partire dal 1° luglio 2012, attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all’art. 61‐bis del DLgs 82/2005, fornisce alle regioni un’elaborazione dei prezzi di riferimento, ivi compresi quelli eventualmente previsti dalle convenzioni Consip, anche ai sensi di quanto disposto all’art. 11, alle condizioni di maggiore efficienza dei beni, ivi compresi i dispositivi medici ed i farmaci per uso ospedaliero, delle prestazioni e dei servizi sanitari e non sanitari individuati dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali di cui all’art. 5 del DLgs 266/1993, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico del Servizio sanitario nazionale. Ciò, al fine di mettere a disposizione delle regioni ulteriori strumenti operativi di controllo e razionalizzazione della spesa”. In sede di applicazione amministrativa e gestionale della disposizione è stato verificato che la Banca dati dell’Osservatorio, costituito in seno all’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici (AVCP), conteneva informazioni troppo aggregate per consentire un’elaborazione dei prezzi di riferimento dei singoli beni. In tali termini è stato stabilito che in fase di prima applicazione l’Osservatorio provvedesse all’individuazione dei prezzi di riferimento tramite specifici questionari da inviare alle principali aziende sanitarie locali e centrali regionali per l’acquisto di beni e servizi.
L’individuazione del prezzo di riferimento da parte dell’Osservatorio, a seguito di un’analisi accurata dei prezzi rilevati, è stato fissato al livello del quinto, decimo, ventesimo o venticinquesimo percentile, in relazione alla numerosità dei prezzi rilevati per ogni bene o servizio.
Con il DL 95/2012, e quindi successivamente alla pubblicazione dei prezzi da parte dell’Osservatorio (avvenuta il 1° luglio 2012), il Legislatore ha apportato alcune modifiche e integrazioni all’art. 17, c. 1 lett. a) del DL 98/2011 in base alle quali la funzione dei prezzi di riferimento è risultata del tutto innovata. Secondo le nuove previsioni, infatti, i prezzi di riferimento non sono più semplicemente strumenti operativi di controllo e razionalizzazione della spesa, ma anche parametri di riferimento per la rinegoziazione dei contratti in essere. Più in dettaglio, viene previsto che: “qualora sulla base dell’attività di rilevazione di cui al presente comma, nonché sulla base delle analisi effettuate dalle Centrali regionali per gli acquisti anche grazie a strumenti di rilevazione dei prezzi unitari corrisposti dalle Aziende Sanitarie per gli acquisti di beni e servizi, emergano differenze significative dei prezzi unitari, le Aziende Sanitarie sono tenute a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti che abbia l’effetto di ricondurre i prezzi unitari di fornitura ai prezzi di riferimento come sopra individuati, e senza che ciò comporti modifica della durata del contratto. In caso di mancato accordo, entro il termine di 30 giorni dalla trasmissione della proposta, in ordine ai prezzi come sopra proposti, le Aziende sanitarie hanno il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a carico delle stesse, e ciò in deroga all’art. 1671 del codice civile. Ai fini della presente lettera per differenze significative dei prezzi si intendono differenze superiori al 20 per cento rispetto al prezzo di riferimento”. In tali termini, ai sensi delle vigenti disposizioni, i prezzi individuati dall’Osservatorio rappresentano:
uno strumento di analisi e valutazione da utilizzare da parte delle Aziende sanitarie in sede di acquisto di beni e servizi nel futuro (prezzo di riferimento);
uno strumento per la riconduzione dei contratti in essere ai prezzi di riferimento, qualora si registrino differenze superiori al 20% rispetto al predetto prezzo di riferimento (prezzo imposto). Tale evoluzione normativa (cioè il passaggio da prezzo di riferimento a prezzo imposto ai fornitori) è stata eccepita in sede giudiziale, con una serie di ricorsi presso il TAR Lazio, presentati da vari fornitori che hanno lamentato un difetto nel procedimento di determinazione dei prezzi di riferimento. Sebbene taluni ricorsi siano stati parzialmente accolti, il TAR Lazio ha comunque affermato che i prezzi di riferimento, intesi come valori da considerare da parte degli enti sanitari in sede gestionale (gare e contrattualistica) e verso cui tendere progressivamente, costituiscono un validissimo strumento ai fini del miglioramento dell’efficienza della spesa, in quanto rappresentano i migliori prezzi fra quelli effettivamente rilevati presso gli enti medesimi. Pertanto, l’AVCP ha ribadito sul proprio sito tale principio, diretto a specificare la validità degli attuali prezzi, come “prezzi di riferimento”. Inoltre con la sentenza n. 8726 del 2 ottobre 2013, il TAR Lazio sostiene che “ … ben poteva l’Osservatorio, nel rispetto delle indicazioni del legislatore di cui all’intero co. 1 dell’art. 17 cit., che evidenziava come le misure ivi previste fossero tutte rivolte alla “realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica dare luogo ad un’attività istruttoria basata su metodi statistici tesi ad individuare i prezzi di maggiore impatto a carico del S.S.N. in relazione all’efficienza del servizio di riferimento, con individuazione del “fattore prezzo”, quindi, come quello di principale riferimento al fine dell’indagine affidata, che era tesa – dal contesto legislativo di inserimento della normativa applicata – certamente al fin e di individuare la maggior efficienza da intendersi in senso economico quale orientata all’utilizzo delle minori risorse possibili (e quindi sostanzialmente al risparmio di pesa per ottenere il servizio migliore . Che poi lo strumento originato dall’attività dell’Osservatorio sia stato concepito a beneficio di regioni e aziende sanitarie affinché adottino tutte le misure necessarie a garantire il conseguimento degli obiettivi di risparmio programmati, testimonia proprio che il (contenimento/riduzione del) livello di spesa per gli acquisti era il fattore primario (quale indicatore di efficienza economica di sbocco dell’indagine di rilevamento dei prezzi che a tal fine appare legittimamente effettuata, salvi gli interventi applicativi propri delle regioni e delle aziende sanitarie”. Sulla base dell’esperienza maturata con l’indagine campionaria dell’anno 2012, l’AVCP, al fine di garantire il più ampio contraddittorio con tutte le parti interessate ha ritenuto utile condividere, preventivamente, con i soggetti operanti nel settore della sanità alcune scelte riguardanti la rilevazione da condurre nell’anno 2014 per la determinazione dei prezzi di riferimento. In particolare, gli aspetti sui quali si è ritenuto profittevole un confronto con i soggetti interessati sono quelli che richiedono una conoscenza specifica del procurement in ambito sanitario e per i quali il Legislatore non fornisce puntuali previsioni rimandando, invece, alla discrezionalità dell’AVCP le valutazioni necessarie per l’adempimento agli obblighi normativi. In base alle valutazioni effettuate dall’AVCP e dall’AGENAS, si è ritenuto che le informazioni richieste con i nuovi questionari fossero idonee sia a rappresentare le molteplici ed eterogenee caratteristiche dei contratti in essere che a consentire tutte le analisi necessarie alla determinazione dei prezzi di riferimento. L’AVCP ha ritenuto, tuttavia, utile acquisire rilievi, suggerimenti, osservazioni da tutti i soggetti che in virtù della propria esperienza professionale nel settore hanno fornito il proprio contributo per la buona riuscita della rilevazione. Sulla base dei predetti contributi, l’AVCP ha effettuato talune modifiche ritenute utili ai propri modelli di indagine e quindi ha iniziato la rilevazione nel mese di marzo 2014. In fase di prima applicazione, i prezzi di riferimento sono stati determinati sulla base dei dati rilevati dalle stazioni appaltanti che abbiano effettuato i maggiori volumi di acquisto in base a quanto risulta nella Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) dell’AVCP. Coerentemente al dettato normativo, nell’istruttoria della rilevazione dell’anno 2012, l’Osservatorio ha selezionato dalla BDNCP un campione di 66 stazioni appaltanti alle quali sottoporre i questionari per la rilevazione dei dati. Per la rilevazione dell’anno 2014, l’Osservatorio ha individuato i dati per la determinazione dei prezzi di riferimento su una base più ampia, considerando tutti i soggetti operanti in ambito sanitario risultanti dalla BDNCP, ovvero tutte le Aziende sanitarie e le centrali di committenza regionali. In questa nuova indagine, è stato possibile apportare ulteriori miglioramenti in relazione ad alcuni elementi emersi nel corso della rilevazione dell’anno 2012 e tenendo conto delle osservazioni provenienti dall’AGENAS. In particolare, l’Osservatorio ha provveduto ad integrare i precedenti questionari con maggiori elementi di dettaglio al fine di potenziare gli strumenti di analisi a disposizione per il confronto tra i prezzi rilevati. Il DL 90/2014, convertito dalla L 114/2014, ha soppresso l’AVCP e ha trasferito le competenze in materia di vigilanza dei contratti pubblici all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Pertanto, le risultanze delle rilevazione dell’anno 2014 sono state pubblicate sul sito dell’ANAC nel corso degli anni 2015 e 2016.
Sempre in materia di beni e servizi, al fine di favorire il processo di centralizzazione degli acquisti, è intervenuto l’articolo 9 del decreto legge 66/2014, che ha istituito l’elenco dei soggetti aggregatori, di cui fanno parte Consip ed una centrale di committenza per ogni regione. Successivamente, in attuazione della predetta disposizione è stato emanato il DPCM del 24 dicembre 2015 che ha individuato categorie di beni e servizi e soglie di spesa al di sopra delle quali è obbligatorio acquistare tramite Consip o soggetti aggregatori. Sebbene tale normativa non sia esclusivamente rivolta al settore sanitario, si rileva in concreto che la maggior parte delle categorie individuate dal DPCM sono relative a beni e servizi acquistati dagli Enti del SSN, quali: farmaci, vaccini, stent, ausili per incontinenza, protesi d’anca, medicazioni, defibrillatori, pace-maker, aghi e siringhe, servizi di smaltimento di rifiuti sanitari, ecc
L’andamento dei consumi intermedi (beni e servizi immessi nei processi produttivi interni).
Nel 2015, la spesa per i consumi intermedi rappresenta il 27,6% della spesa complessiva con un incremento significativo rispetto all’incidenza del 2000 (18,7%). Tale voce di spesa, pur presentando una progressiva riduzione della dinamica di crescita nel tempo, mantiene tuttavia un tasso di crescita medio annuo significativamente superiore al resto della spesa. In particolare, il tasso passa dal 9,7% del periodo 2001-2005, al 6,3% del periodo 2006-2010 e al 2,5% del periodo 2011-2015.
Con particolare riferimento all’ultimo quinquennio, la significativa riduzione della dinamica dell’aggregato sconta le vigenti manovre di contenimento della spesa sanitaria per beni e servizi. In particolare, si segnala:
la riduzione del 10% dei corrispettivi per l’acquisto di beni e servizi (con esclusione dei farmaci ospedalieri) e dei corrispondenti volumi d’acquisto a decorrere dal 2013 e per tutta la durata residua dei contratti nonché l’obbligo per le aziende sanitarie di rinegoziare con i fornitori i contratti per l’acquisto di beni e servizi (con possibilità di recesso dagli stessi) qualora i prezzi unitari in essi previsti risultino superiori del 20% rispetto ai prezzi di riferimento individuati dall’Osservatorio per i Contratti Pubblici20;
la fissazione di un tetto alla spesa per l’acquisto di dispositivi medici, in misura pari al 4,4% del fabbisogno sanitario standard 21;
la rideterminazione del tetto sulla spesa farmaceutica ospedaliera al 3,5% del fabbisogno sanitario standard ;
la messa a disposizione delle regioni, da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), dei prezzi di riferimento di un insieme di beni e servizi, quale strumento di programmazione e controllo della spesa. Deve rilevarsi, peraltro, che l’andamento complessivo dell’aggregato sconta la dinamica della componente dei prodotti farmaceutici acquistati direttamente dalle aziende sanitarie, che registra tassi di crescita sostenuti sia a seguito della continua introduzione di costosi farmaci innovativi (specie in campo oncologico) sia per effetto delle politiche di incentivazione della distribuzione diretta dei farmaci attuate in diversi SSR, con conseguente rimodulazione della spesa, dalla farmaceutica convenzionata ai prodotti farmaceutici. Al netto della suddetta componente dei prodotti farmaceutici, gli altri consumi intermedi hanno evidenziato una dinamica contenuta, con un tasso medio annuo di crescita nel periodo 2011-2015 pari allo 0,8%.
Prestazioni sociali in natura – La farmaceutica convenzionata
La spesa per le prestazioni sociali in natura corrispondenti a beni e servizi prodotti da produttori market risulta scomposta nella spesa per la farmaceutica convenzionata, nella spesa per l’assistenza medico-generica da convenzione e, per una quota residuale, nella spesa per altre prestazioni sociali in natura da privato. Tali componenti presentano caratteristiche e dinamiche anche significativamente diverse fra loro e, pertanto, verranno analizzate distintamente.
La spesa per la farmaceutica convenzionata passa da un incremento medio annuo del 6,3% registrato nel periodo 2001-2005 ad un tasso di variazione negativo del -1,6% nel periodo 2006-2010, il quale si accentua ulteriormente nel periodo 2011-2015, attestandosi al -5,3%. Conseguentemente, il peso percentuale sulla spesa sanitaria complessiva si riduce dal 12,8% del 2000 al 7,4% del 2015. Tale risultato scaturisce essenzialmente dagli strumenti di monitoraggio e di governance della spesa per la farmaceutica convenzionata progressivamente introdotti nel tempo. Fra questi, si ricorda, in primo luogo, la previsione di un tetto alla spesa per la farmaceutica territoriale, di cui fa parte la spesa per la farmaceutica in convenzione (fissato all’11,35% a partire dal 2013), con un meccanismo di recupero automatico, in caso di sforamento del tetto, a carico delle aziende farmaceutiche (c.d. pay-back ), dei farmacisti e dei grossisti. In secondo luogo, la predisposizione di un sistema di monitoraggio delle prescrizioni farmaceutiche, attraverso le procedure della ricetta elettronica on – line del sistema tessera sanitaria, gestito dalla RGS22. Unitamente a ciò, l’andamento dell’aggregato di spesa è influenzato anche dal potenziamento della distribuzione diretta dei farmaci, con conseguente redistribuzione dei costi fra le voci della spesa farmaceutica convenzionata e della spesa per i prodotti farmaceutici.
Spesa per i consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici. Periodo 2006-2010
La spesa per i consumi intermedi al netto dei prodotti farmaceutici passa da un incremento medio annuo del 10% del periodo 2003-2005 a un incremento del 3,5% del periodo 2006-2010. Il peso di tale componente sulla spesa sanitaria complessiva aumenta, passando dal 18,6% nel 2005 al 19,2% nel 2010. Il contenimento è stato maggiore nelle regioni sottoposte a piano di rientro, dove l’incremento medio annuo si riduce drasticamente dal 15,9% del periodo 2003-2005 all’1,9% del quinquennio 20062010. L’incidenza di tale componente sulla spesa sanitaria regionale è passata dal 6,2% del 2005 al 16,4% del 2010. Anche le regioni non sottoposte a piano di rientro evidenziano, seppure in misura meno marcata, un rallentamento della crescita registrando un incremento medio annuo del 4,3% nel periodo 2006-2010 a fronte del 6,9% rilevato nel periodo 2003-2005. In questo caso, il peso della spesa per i consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici sulla spesa sanitaria regionale aumenta dal 19,9% del 2005 al 20,8% del 2010. Le regioni in piano di rientro leggero passano da una variazione media annua del 10,8% nel periodo 2003-2005 a una variazione media annua del 3,2% nel periodo 2006-2010. Tali andamenti si traducono in una lievissima riduzione del peso dell’aggregato sulla spesa sanitaria regionale, che passa dal 19,2% del 2005 al 19% del 2010. Le autonomie speciali passano da un incremento medio annuo dell’8,6% del periodo 2003-2005 a un incremento medio annuo del 4,4% nel periodo 2006-2010. Il peso sulla spesa sanitaria regionale registra, invece, un incremento, passando dal 20,8% nel 2005 al 21,6% nel 2010.
Prodotti farmaceutici.
La spesa per prodotti farmaceutici passa da un incremento medio annuo del 12,3% nel periodo 2006-2010 al 6,5% registrato nel periodo 2011-2015. Il peso della spesa per prodotti farmaceutici sulla spesa sanitaria complessiva aumenta dal 6,7% nel 2010 al 9,2% nel 2015. L’incremento dell’incidenza di tale componente di costo sulla spesa sanitaria complessiva è da ascriversi principalmente all’immissione di farmaci innovativi, fra cui più recentemente quelli per la cura dell’epatite C, caratterizzati da un costo elevato, nonché al rafforzamento, in diversi SSR, della distribuzione diretta dei farmaci. Le regioni sottoposte a piano di rientro riducono l’incremento medio annuo della voce di spesa dal 12,6% nel periodo 2006-2010 al 9% nel periodo 2011-2015. Il peso della spesa per prodotti farmaceutici sulla spesa sanitaria regionale si incrementa notevolmente passando dal 6,3% del 2010 al 9,9% del 2015. Tale riduzione risulta evidenziata anche nelle regioni non sottoposte a piano di rientro dove il tasso di crescita medio annuo passa dal 10,9% del periodo 2006-2010 al 5,6% del periodo 2011-2015. In termini di spesa sanitaria regionale, l’incidenza aumenta dal 6,8% del 2010 all’8,6% del 2015. Le regioni in piano di rientro leggero presentano, nel periodo 2011-2015, una crescita della voce di spesa del 4,4% in forte contrazione rispetto al 15,7% del quinquennio precedente. Il peso della spesa per prodotti farmaceutici sulla spesa sanitaria regionale passa dal 7,4% del 2010 al 9,4% del 2015. Le autonomie speciali passano da un incremento medio annuo del 13,4% nel periodo 2006-2010 a un tasso di crescita medio annuo del 5,3% nel periodo 2011-2015. Il peso dell’aggregato sulla spesa sanitaria regionale cresce dal 6,9% nel 2010 all’8,8% nel 2015.
Consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici. Periodo 2011-2015
La spesa per i consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici cresce mediamente al tasso annuo dello 0,5% nel periodo 2011-2015, in evidente riduzione rispetto al tasso medio annuo del quinquennio precedente (3,5%). Tuttavia, il peso sulla spesa sanitaria totale cresce leggermente passando dal 19,2% nel 2010 al 19,6% nel 2015. La sensibile riduzione della crescita dell’aggregato nel corso degli ultimi anni è da ricondursi sia alle misure di contenimento della spesa per beni e servizi disposte dalla normativa nazionale, con particolare riferimento a quelle introdotte dal DL 95/201240, sia alle politiche di efficientamento attuate autonomamente dalle regioni, anche attraverso l’introduzione di processi di centralizzazione degli acquisti. Le regioni sottoposte a piano di rientro presentano una crescita media annua dello 0,5% nel 2011-2015, in evidente riduzione rispetto all’1,9% del quinquennio precedente. Il peso della spesa per altri beni e servizi sulla spesa sanitaria regionale cresce leggermente dal 16,4% del 2010 al 17% del 2015. Le regioni non sottoposte a piano di rientro fanno registrare un tasso di crescita medio annuo dello 0,9% nel periodo 2011-2015, leggermente superiore a quello delle regioni sottoposte a piano di rientro, pur evidenziando una contrazione più significativa rispetto al tasso incremento del 4,3% medio annuo del quinquennio precedente. In termini di peso sulla spesa sanitaria regionale, l’aggregato aumenta leggermente dal 20,8% del 2010 al 21,2% del 2015.
Una significativa contrazione della dinamica della spesa per consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici è mostrata anche dalle regioni in piano di rientro leggero che, a fronte di una variazione media annua del 3,2% nel periodo 2006-2010, nel periodo 2011-2015 registrano una sostanziale invarianza dell’aggregato, con un tasso di decrescita medio annuo pari a 0,3%. Il peso dell’aggregato sulla spesa sanitaria regionale incrementa lievemente passando dal 19% del 2010 al 19,3% del 2015. Relativamente alle autonomie speciali, la spesa per i consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici registra un incremento medio annuo quasi nullo nel periodo 2011-2015, contro un incremento del 4,4% nel periodo 2006-2010. Il peso dei consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici sulla spesa sanitaria regionale scende leggermente dal 21,6% nel 2010 al 21,3% nel 2015.”
OSSERVAZIONI SULL’ANDAMENTO DELLA SPESA
Il rapporto del MEF riepiloga inizialmente la tormentata implementazione dei “prezzi di riferimento”, con i vari aggiustamenti di tiro, resisi via via necessari per la sottovalutazione della complessità della componente beni e servizi nei processi produttivi delle aziende sanitarie.
La sensibile crescita dell’incidenza percentuale dei consumi intermedi sulla spesa complessiva nel periodo osservato appare sintomatica di un costante incremento dell’outsourcing rispetto alle produzioni dirette. Il blocco del turn over del personale ha determinato la riduzione della spesa relativa, con diminuzione dell’incidenza % sul totale della spesa, ma anche verosimilmente il trasferimento di parte di essa sul comparto dei consumi intermedi (servizi completi acquistati sul mercato).
Le variazioni percentuali della spesa per consumi intermedi al netto dei farmaci fanno registrare un andamento non lineare negli anni, a dimostrazione che diversi fattori che influenzano la spesa stessa, a partire dalla quantità di prodotto finale realizzato. In sostanza, valori incrementali o decrementali della spesa assumono una valenza relativa e non indicativa dell’efficienza gestionale, se non vengono correlati con i volumi di produzione. La spesa può variare per le dinamiche dei prezzi e/o per le quantità acquistate, in funzione delle esigenze produttive. Un incremento di spesa può essere fisiologico, se corrisponde ad un correlativo aumento di produzione. Un decremento può apparire come virtuoso, ma non lo è se ad esso corrisponde un decremento più che proporzionale dei volumi di prodotto.
La crescita costante della spesa privata per l’assistenza sanitaria rende non peregrina l’ipotesi di una riduzione delle prestazioni.
Analogamente, l’andamento della spesa per consumi intermedi andrebbe valutato in rapporto all’andamento della spesa degli altri fattori di produzione correlati, come quella del personale diretto, in relazioni all’incidenza dell’outsourcing.
Con questi pesanti limiti di significatività, si evidenzia negli ultimi 3 anni un deciso contenimento della dinamica della spesa ( – 0,4% del 2013 sul 2012; + 0,2% del 2014 sul 2013; – 0,3% del 2015 sul 2014).
Mancano i dati dei consumi e della produzione, ma, ovviamente, questo raffreddamento della spesa per consumi intermedi viene attribuito indubitabilmente al complesso delle manovre sui prezzi e soprattutto alla montante concentrazione della domanda. Un assist per i più o meno debuttanti “soggetti aggregatori”.