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Cremona, CR 26100
Se fosse stato possibile introdurre emendamenti al testo della Legge di bilancio 2017 prima della votazione finale in Senato, alcune storture o incongruenze del provvedimento – da più parti evidenziate – avrebbero potuto essere corrette. Ma l’approvazione con voto di fiducia di un testo necessariamente “blindato”, come uscito dalla Camera, ci ha consegnato una normativa che su alcuni punti presenta, come minimo, criticità interpretative.
È il caso, per quanto riguarda la spesa per beni e sevizi della p.a., del “pacchetto” farmaci, relativamente alle norme che riguardano le modalità di acquisizione diretta. La Legge di bilancio 2017 prevede quanto segue:
“Legge n. 232/2016 – Art. 1
Comma 407. All’articolo 15 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni,dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, dopo il comma 11-ter è inserito il seguente:
«11-quater. L’esistenza di un rapporto di biosimilarità tra un farmaco biosimilare e il suo biologico di riferimento sussiste solo ove accertato dalla European Medicine Agency (EMA) o dall’Agenzia italiana del farmaco, tenuto conto delle rispettive competenze. Non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari. Nelle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari non possono essere posti in gara nel medesimo lotto princìpi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche. Al fine di razionalizzare la spesa per l’acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto e per i quali siano presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari, si applicano le seguenti disposizioni:
a) le procedure pubbliche di acquisto devono svolgersi mediante utilizzo di accordi-quadro con tutti gli operatori economici quando i medicinali sono più di tre a base del medesimo principio attivo. A tal fine le centrali regionali d’acquisto predispongono un lotto unico per la costituzione del quale si devono considerare lo specifico principio attivo (ATC di V livello), i medesimi dosaggio e via di somministrazione;
b) al fine di garantire un’effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un’ampia disponibilità delle terapie, i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell’accordo-quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il medico è comunque libero di prescrivere il farmaco, tra quelli inclusi nella procedura di cui alla lettera a), ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti;
c) in caso di scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare di un farmaco biologico durante il periodo di validità del contratto di fornitura, l’ente appaltante, entro sessanta giorni dal momento dell’immissione in commercio di uno o più farmaci biosimilari contenenti il medesimo principio attivo, apre il confronto concorrenziale tra questi e il farmaco originatore di riferimento nel rispetto di quanto prescritto dalle lettere a) e b);
d) l’ente appaltante è tenuto ad erogare ai centri prescrittori i prodotti aggiudicati con le procedure previste dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”
Una prima osservazione è che, nonostante le disposizioni richiamate inicidano pesantemente sul quadro regolatorio del farmaco e sulla relativa competenza regionale concorrente, le regioni, dopo rimostranze manifestate in fase di approvazione del provvedimento, poi non lo abbiano contrastato, ad esempio sui profili di costituzionalità. Si tratta infatti in tutta evidenza di norme di dettaglio, che, in costanza di legislazione concorrente, dovrebbero afferire alla competenza regionale. In altri termini, poteva essere contestata la competenza statale a decidere che la procedura di gara da utilizzare è esclusivamente quella dell’accordo quadro ( e in una sola opzione tra quelle previste dalla legge sugli appalti) quando i medicinali biologici a brevetto scaduto presenti sul mercato con medesima molecola sono più di tre; che va previsto un “lotto unico” che confronta originatore di riferimento e biosimilari; che i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci classificati in graduatoria. Disposizioni le cui già evidenziate criticità, quanto meno di ordine tecnico, consiglierebbero una riconsiderazione normativa, a partire dal basso livello di concorrenza garantito (3 vincitori su 4 concorrenti). Ed a proposito di concorrenzialità ridotta, ci si sta chiedendo se l’accordo quadro sia utilizzabile anche in presenza di meno di 4 concorrenti, visto che la norma non lo vieta. Inoltre, poiché appare evocata (senza espresso richiamo normativo, come viceversa una corretta tecnica legislativa richiederebbe) la procedura dell’”accordo quadro senza riapertura del confronto competitivo” (Art. 54 c. 4 D.Lgs. n. 50/2016) è da considerare che – così come prevede la legge – l’affidamento dei discendenti contratti applicativi deve avvenire previa indicazione nei documenti iniziali di gara delle “condizioni oggettive per determinare quale degli operatori economici parti dell’accordo quadro effettuerà la prestazione. (…)
L’individuazione dell’operatore economico parte dell’accordo quadro che effettuerà la prestazione avviene sulla base di decisione motivata in relazione alle specifiche esigenze dell’amministrazione”. Di queste indicazioni tecniche preventive all’individuazione dei tre aggiudicatari (previste dalla legge sugli appalti per ragioni di par condicio e trasparenza) e regolanti la distribuzione della fornitura tra gli stessi, non vi è traccia nell’articolato della manovra. Non appaiono certo esaustive le locuzioni “al fine di garantire (…) un’ampia disponibilità delle terapie i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci classificati in graduatoria”. In presenza di una assegnazione plurima, le ragioni per le quali si acquistano farmaci a prezzi e/o qualità diversi dovrebbero essere adeguatamente motivate in sede di contrattualizzazione dei prodotti, anche a giustificazione del differenziato esborso di risorse pubbliche.
L’opzione appare debole anche sul piano dell’aderenza al bisogno: sia perché non è detto che tra i farmaci concorrenti sia presente quello necessario per rispettare la pur garantita “continuità terapeutica” con il farmaco in uso, sia perché non è detto che sia presente tra quelli aggiudicati il farmaco corrispondente al profilo-paziente o ad una specifica casistica clinica che richiede una determinata prescrizione (differenziazione di esigenze che sola giustifica una assegnazione plurima). Con possibile dissimulazione, nel contesto, di esclusività tecniche non dichiarate e poi addotte a valle della procedura, fuori dall’evidenza pubblica.
Si tratterebbe di esclusività tecniche (come previste dall’art. 63 del D.Lgs. n. 50/2016) che, nel caso, avrebbero correttamente richiesto una differente procedura di individuazione del fornitore (procedura negoziata). Criticità, queste, tutte superabili se non si utilizza l’accordo quadro, ma si prevede una aggiudicazione in regime di evidenza pubblica su separati lotti configurati per i differenti profilo-paziente.
È già stata evidenziata anche l’ulteriore criticità applicativa della prevista clausola di ricontrattazione dei farmaci biologici allo scadere dei rispettivi brevetti, ricontrattazione da effettuarsi entro sessanta giorni dal momento dell’immissione in commercio di uno o più farmaci biosimilari contenenti il medesimo principio attivo. Infatti può darsi il caso in cui l’immissione in commercio di più farmaci biosimilari rispetto ad un unico originatore non sia contestuale, per cui, nel rispetto del principio di concorsualità e par condicio, ad ogni immissione in commercio di un farmaco biosimilare, occorrebbe azzerare il contratto in essere e riattivare un confronto competitivo che veda una concorsualità paritaria tra tutti gli operatori economici interessati. Senza considerare che, nel caso dell’accordo quadro, la norma non prevede l’ammissione di nuovi partecipanti all’accordo, nel periodo di validità del medesimo. Dal che la necessità di attivazione di un nuovo accordo quadro, ricorrendone le condizioni di attivazione, ad ogni riapertura del confronto competitivo. Al di là delle complessità applicative, si può osservare come nella sostanza questo impianto di affidamento delle forniture tenda a sottrarre all’evidenza pubblica l’effettiva decisione di acquisto, demandata ad un fase di esecuzione contrattuale totalmente discrezionale, giocata nell’ambito di una più o meno pregnante e differenziata regolazione prescrittiva regionale.
Per quanto riguarda il divieto in fase di gara di equivalenza terapeutica tra farmaci composti da principi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche, il riferimento specifico ai farmaci biosimilari, e non complessivamente ai farmaci biologici, produce l’effetto abbastanza paradossale di vietare la concorrenza tra biosimilari di molecole diverse, ma non tra biologici originatori di molecole diverse, concorrenza questa che risulterebbe ancora ammessa. Anche su questo punto sarebbe opportuno un chiarimento normativo. Infine, il divieto di poter azionare ai fini concorrenziali l’equivalenza terapeutica tra principi attivi differenti, aventi le medesime indicazioni terapeutiche, appare in contrasto con gli ordinamenti comunitario e nazionale, relativamente alla valenza da attribuirsi negli atti di gara alle specifiche tecniche identificative dell’oggetto del contratto.
La materia è regolata, in recepimento della Direttiva 2014/24/UE, dal Codice degli appalti (D.Lgs. n. 50/2016), all’art. 68. Il principio generale è che “le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza”.
A tale scopo, o le specifiche tecniche sono formulate “in termini di prestazioni”, oppure, se fanno riferimento a produzioni specifiche, devono essere accompagnate dall’espressione “o equivalente”. Tanto che “le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un’offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l’offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”. Sul punto, quindi, il divieto di equivalenza posto dalla la Legge di bilancio 2017 modifica implicitamente l’art. 68 del Codice, il quale non prevede deroghe all’equivalenza tecnica “possibile”, se ed in quanto documentata dall’offerente. Anche qui sorgono dubbi sulla effettività della disposizione della Legge di bilancio 2017, posto che l’art. 218 del Codice prevede che “ogni intervento normativo incidente sul presente codice (…) è attuato mediante esplicita modifica, deroga, o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute”.
articolo a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market.