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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Nel 2017 si è registrata una crescita del mercato totale del farmaco etico in Italia (ospedaliero e farmacia), con un fatturato totale di 21,2 miliardi di euro, pari a un incremento +2,9% rispetto al 2016. L’andamento del mercato a valori è quindi in crescita, anche se si registra un rallentamento rispetto agli anni precedenti. Per quanto riguarda i volumi, il mercato è sostanzialmente invariato.
Il fatturato complessivo in farmacia è stabile a 24,5 miliardi di euro, il 42,1% dei quali relativo a farmaci rimborsati dal Ssn e il restante 57,9% dovuto ai farmaci acquistati privatamente dai cittadini, siano essi prodotti etici o commerciali. Si consolida dunque il trend che si registra ormai da anni, con il calo della spesa Ssn, scesa in cinque anni del 6,3%, a fronte di un aumento della spesa privata.
Più nel dettaglio, la quota di spesa privata è costituita per il 13% di farmaci in classe C, per il 6% di farmaci in fascia A acquistati dai cittadini e in costante crescita anno dopo anno, e per il 39% di altri prodotti.
La distribuzione regionale delle due categorie di spesa (Ssn da una parte, privata dall’altra) delinea un quadro estremamente differenziato, con una quota decisamente maggiore di farmaci rimborsati venduti nelle Regioni meridionali, con un massimo del 51% in Puglia, che diminuisce progressivamente spostandosi verso il nord del Paese, fino a un minimo del 35% in Liguria.
Per quanto riguarda la tipologia degli approvigionamenti, le farmacie acquistano farmaci etici direttamente dalle aziende per una quota del 15%, cresciuta del 2,7% in cinque anni. Il motivo è legato soprattutto al modello di business delle aziende genericiste, le cui vendite per il 38% vengono fatte direttamente alle farmacie, senza passare attraverso la distribuzione intermedia, diversamente da quanto avviene per le farmaceutiche tradizionali (10% di vendite dirette).
Cresce anche il mercato dei farmaci equivalenti, ormai considerati intercambiabili rispetto al farmaco originale e quindi un’opzione terapeutica a basso costo che porta una potenziale riduzione dei costi sanitari: nel 2017 hanno rappresentato l’81% a volumi e il 64% a valori del totale dei farmaci di classe A.
Complessivamente, nel 2017 i farmaci da banco hanno realizzato un fatturato di 6,4 miliardi di euro (prezzi al pubblico), con una crescita media del 2,4%. Una fetta di mercato egemonizzata dalle farmacie (5,8 miliardi), con le parafarmacie e i corner Gdo a contendersi le “briciole” (si fa per dire), con 419 e 193 milioni rispettivamente. I due canali distributivi però continuano ad aumentare, sia pure lentamente, le loro quote di mercato in questo settore.
L’incremento maggiore si verifica nelle parafarmacie, in particolare al Sud (dove sono più presenti) che vedono aumentare il loro giro d’affari del 6%.
La vera crescita del mercato farmaceutico, in questo momento, è quella che si registra nel settore ospedaliero, che ha raggiunto i 10,3 miliardi, in aumento del 4% rispetto al 2016.
Per la prima volta, nelle analisi Iqvia, i valori non sono calcolati in maniera standard, cioè la metà del prezzo al pubblico, ma si basano sui prezzi medi d’asta reali di aggiudicazione nelle Regioni, restituendo dunque valutazioni più realistiche. Crescono entrambe le aree di spesa, ovvero i consumi interni del 5%, e la distribuzione diretta del 3,1%.
La modalità della distribuzione in nome e per conto (Dpc), unicum italiano che non ha corrispettivi nel mondo, si è molto sviluppato negli ultimi anni, con tassi di crescita a doppia cifra. Nel 2017 con questa modalità sono stati realizzati 2 miliardi di fatturato, in aumento del 13,3% rispetto al 2016.
A livello regionale si verificano le situazioni più disparate, grazie al fatto che ogni Regione, ogni ospedale e ogni Asl è autonoma nel decidere quali farmaci distribuire attraverso questa formula. Il risultato sono le enormi differenze che si registrano nel numero di referenze inserite nella Dpc per ogni Regione, dal momento che si passa dalle 793 della Toscana alle 230 della Lombardia.
In alcuni casi vengono inseriti in Dpc anche i farmaci generici, scelta possibile, ma forse non era proprio questa la finalità per cui era stato ideata la distribuzione per conto.
Come risultato anche i prezzi medi sono molto diversi da Regione a Regione, a seconda che nella Dpc siano stati inseriti farmaci con prezzi più o meno alti. Gli estremi sono rappresentati dal Friuli Venezia Giulia, con un prezzo medio di 80 euro, e dall’Emilia Romagna, con un prezzo medio di 29 euro. (Fonte dati: IQVA Italia)
La spesa farmaceutica convenzionata
La spesa farmaceutica convenzionata netta a carico del SSN nel periodo gennaio-novembre 2017 calcolata al netto degli sconti, della compartecipazione totale (ticket regionali e compartecipazione al prezzo di riferimento) e del pay-back 1,83% versato alle Regioni dalle aziende farmaceutiche, si è attestata a 7.463 ml di €, evidenziando un decremento, rispetto all’anno precedente, pari a -88 ml di € (-1,2%). I consumi, espressi in numero di ricette (533 milioni di ricette), mostrano un decremento pari a – 0,6% rispetto al 2016, mentre l’incidenza del ticket aumenta dello 0,9% (+12 milioni di euro). Parallelamente si osserva un incremento del +3,3% (+757,5 milioni di dosi giornaliere) delle dosi giornaliere dispensate
Gli acquisti diretti
La verifica del tetto programmato della spesa farmaceutica per acquisti diretti del 6,89% al netto dei pay-back vigenti dei fondi per gli innovativi non oncologici e innovativi oncologici evidenzia un’incidenza del 8,4%, pari ad un disavanzo rispetto alla spesa programmata di +1.547 ml €. (gen-dic. 2017) (fonte dati: AIFA)
Focus farmaci generici/equivalenti
Ancora un anno di crescita per il mercato dei farmaci equivalenti che nel 2017 ha assorbito il 21,5% a confezioni e l’12,4% a valori del canale farmacia. Quasi il 90% delle confezioni di farmaci equivalenti sono di classe A, rimborsate completamente dal Servizio Sanitario Nazionale.
L’analisi degli andamenti nel canale farmacia evidenzia una performance positiva dei prodotti equivalenti (classi A e C) con una crescita del 5,7% a unità e del 9,5% a valori, a fronte di un arretramento del mercato farmaceutico complessivo (-1% a unità e -1,6% a valori) e di una ancor più ampia frenata del mercato dei branded a brevetto scaduto (-2,8% a unità e -3,1% a valori).
La segmentazione del mercato complessivo a volumi (tutte le classi) registra così una incidenza del 54,11% dei farmaci brand a brevetto scaduto e la spartizione della restante quota per il 24,42% ai farmaci coperti da brevetto e per il 21,47% agli equivalenti. I brand a brevetto scaduto dominano anche la segmentazione del mercato a valori (tutte le classi) assorbendo il 49,13%, seguiti dai farmaci coperti da brevetto (38,52%) e a notevole distanza gli equivalenti (12,35%).
Nel canale farmacia (tutte le classi) la segmentazione del mercato dei soli prodotti off patent vede ancora una netta predominanza dei brand a brevetto scaduto che assorbono il 72% a confezioni e l’80% a valori, contro il 28% a confezioni e il 20% a valori degli equivalenti.
Calano i consumi SSN, mercati regionali a tre velocità
L’analisi sui consumi in farmacia documenta per il 2017 una generale contrazione del mercato di classe A rimborsato dal SSN, con un calo dell’1,1% delle confezioni rimborsate e dell’1,8% della spesa rimborsata rispetto al 2016. In particolare, in calo del 9,5% la spesa relativa ai prodotti ancora coperti da brevetto e in crescita invece la spesa per gli equivalenti con un +5% rispetto al precedente anno.
L’analisi dei consumi per aree geografiche conferma invece la tradizionale polarizzazione dei consumi con un Nord caratterizzato da un robusto ricorso alle cure equivalenti (35,4% a unità e 24,8% a valori), a fronte di una media Italia decisamente inferiore (28,5% a unità e 20,1% a valori) e consumi ancora più bassi nel Centro (26% a unità; 18,6% a valori) e nel Sud (20,9% a unità e 14,8% a valori). In quest’ottica si conferma la best performance della Provincia Autonoma di Trento, dove è off patent l’80,9% delle unità dispensate dal SSN in classe A e il generico assorbe il 41,8% del totale. Seguono Lombardia (78,5% e 37,8%), Emilia Romagna (81,2% e 35,3%), la Provincia Autonoma di Bolzano (78,7% e 34,1%). All’estremo opposto, fanalino di coda è la Basilicata, con una incidenza di off patent sul totale rimborsato SSN del 78,9%, ma con una quota di equivalenti del 19%.
Ammonta infine a 1.082 milioni di euro la quota versata come differenziale di prezzo dai cittadini per ritirare il brand al posto dell’equivalente: l’incidenza maggiore a livello regionale si registra in Sicilia (14,5% per complessivi 111 mln) e nel Lazio (14,2% pari a 136 milioni di euro). L’incidenza più bassa si registra invece in Lombardia, dove il differenziale versato di tasca propria dai cittadini quota il 10,7% della spesa regionale SSN nel canale retail.
Aree terapeutiche e principi attivi
Tra i farmaci rimborsati dal SSN, le aree terapeutiche in cui si registra la maggiore diffusione degli equivalenti sono quella degli Ace Inibitori (46,2% a unità) e quella degli inibitori di pompa protonica (50,9% a unità). Tra le molecole a maggior incidenza di utilizzo di farmaci equivalenti troviamo infatti il pantoprazolo, il lansoprazolo e il ramipril.
Per quanto riguarda la classe C, a totale carico del cittadino, le principali aree terapeutiche a maggior diffusione di farmaci equivalenti si confermano quella dei tranquillanti (37,2% Unità) e dei prodotti per la disfunzione erettile (37,9%). Tra le molecole a maggior incidenza di utilizzo di farmaci equivalenti il lorazepam e il Sildenafil.
Canale ospedaliero
Nel canale ospedaliero, infine, nel 2017 i prodotti equivalenti hanno assorbito il 25,4% del mercato a volumi e il 6% del mercato a valori, performance decisamente contenuta a fronte della predominanza assoluta dei prodotti in esclusiva, titolari del 39,1% dei volumi e dell’87,3% del giro d’affari di settore, contro il 6 % a valori assorbito dagli equivalenti.(fonte dati: Assogenerici)
I farmaci biosimilari
I progressi della biologia molecolare, dai primi anni ’80 a oggi, hanno permesso di introdurre in commercio più di 150 prodotti biotecnologici che sono stati registrati a livello mondiale, rappresentando una nuova frontiera per il trattamento di patologie complesse, invalidanti, spesso fortemente limitative della vita di relazione dei pazienti. È indubbio, alla luce dei risultati emersi negli ultimi anni, che questi farmaci abbiano rappresentato e stiano tuttora rappresentando un notevole progresso nelle alternative terapeutiche a disposizione del medico.
Ad oggi, la prima generazione di farmaci biologici sta raggiungendo, o ha già raggiunto, la scadenza brevettuale e un gran numero di biosimilari si sta affacciando nel mercato farmaceutico italiano. Il termine biosimilare indica un medicinale simile a un farmaco biologico di riferimento già autorizzato nell’Unione Europea, per il quale sia scaduta la copertura brevettuale. Un biosimilare e il suo prodotto originator sono ottenuti mediante processi produttivi differenti, ma rappresentano alternative simili in termini di qualità, sicurezza ed efficacia..
Entro il 2018 scadrà il brevetto di almeno 45 farmaci biotecnologici, per un fatturato mondiale di 58 miliardi di dollari. Un vasto numero di altri prodotti è tuttora in fase di registrazione o sviluppo clinico: i biologici costituiranno una quota significativa del mercato farmaceutico nel prossimo futuro.
Da alcuni anni, per malattie infiammatorie croniche di forte impatto economico e sociale, come l’artrite reumatoide (AR), la spondilite anchilosante, la malattia di Crohn, l’artropatia psoriasica e la psoriasi, sono disponibili alcuni inibitori del tumor necrosis factor-α (anti-TNF), come etanercept, infliximab, adalimumab ecc. Tali farmaci hanno determinato un significativo miglioramento nell’evoluzione della patologia, associato a un incremento della qualità di vita di questi pazienti. Negli anni 2013-2016, l’European Medicines Agency (EMA) ha approvato nove nuovi farmaci biosimilari, tra cui i primi tre biosimilari di infliximab (Remsima® e Inflectra®, autorizzati nel corso dell’anno 2013, e Flixabi®, nel maggio 2016 e il primo biosimilare di etanercept (Benepali®, nel gennaio 2016.
In generale, si prevede che l’arrivo dei biosimilari possa generare importanti risparmi per i Sistemi Sanitari e offrire, in questo modo, la possibilità di estenderne l’accesso a un maggior numero di pazienti e di disporre di un maggiore quantitativo di risorse economiche da reinvestire in innovazione.
Nel 2017 le otto molecole biosimilari in commercio sul mercato italiano – Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Follitropina alfa, Infliximab, Insulina Glargine, Rituximab e Etanercept – hanno assorbito il 19% dei consumi nazionali contro l’81% detenuto dai corrispondenti originator, registrando una crescita complessiva dei consumi del 73,9% rispetto al 2016.
Per tre delle molecole in questione il mercato nazionale ha registrato il sorpasso nelle vendite di biosimilare rispetto al biologico originatore. A realizzare il maggior grado di penetrazione sul mercato è stato il Filgrastim, i cui 5 biosimilari in commercio hanno assorbito il 92,7% del mercato a volumi. Ad assicurarsi la seconda miglior performance sono state invece le Epoetine, che hanno assorbito il 67,4% del relativo mercato a volumi. Entrambe le molecole citate sono in commercio in versione biosimilare dal 2009 e ciò rende ancora più ragguardevole la performance dei tre biosimilari dell’Infliximab che in un paio d’anni (la prima commercializzazione risale al febbraio 2015) sono arrivati a totalizzare il 54,6% del mercato a volumi.
Decisamente più distanziata la performance della Somatropina biosimilare, commercializzata dal 2007, che raccoglie il 28% a volumi in un mercato ancora solidamente (72%) detenuto da 7 altri prodotti originatori.
Ancora in via d’assestamento, infine, la penetrazione sul mercato dei biosimilari di più recente registrazione, a partire dalla Follitropina alfa, in commercio dall’aprile 2015, titolare nel 2017 dell’8,2% del mercato della molecola a volumi. Migliore invece la prestazione dell’Insulina Glargine, con il primo biosimilare in commercio da febbraio 2016 e titolare alla fine dello stesso anno del 15,4% del mercato a volumi. Sulla stessa lunghezza d’onda la penetrazione dell’Etanercept , entrato sul mercato nell’ottobre 2016 e arrivato a totalizzare nel 2017 l’11,6% del mercato a volumi. Comunque di rilievo, infine, quel 2,2% del mercato a volumi assorbito dal Rituximab biosimilare in soli 5 mesi di commercializzazione a partire dal luglio 2017.
Ampiamente diversificato il quadro dei consumi a livello regionale: a registrare il maggior consumo di biosimilari per tutte le molecole in commercio sono la Valle d’Aosta e il Piemonte con una incidenza dei biosimilari del 64,11% sul mercato complessivo di riferimento. Seguono, appaiate ma decisamente distanziate dalle prime due, Basilicata e Sicilia dove i biosimilari assorbono rispettivamente il 33,37% e il 32,77% del mercato di riferimento.
All’estremo opposto, fanalini di coda la Puglia (6,82%), l’Umbria (7%) e il Lazio (8,27%).
Ben altro aspetto assume però la classifica regionale dei consumi tenendo conto soltanto del mercato riferito all’insieme delle quattro molecole in commercio da almeno 3 anni (Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Infliximab): in testa ai consumi di biosimilari ancora una volta Valle d’Aosta e Piemonte, entrambe con quote di consumo di biosimilari dell’82,80%. Seguono il Trentino Alto Adige (70,63%), la Liguria (69,99%) passando per la Toscana, L’Emilia Romagna e la Sicilia, tutte con quote di penentrazione dei biosimilari superiori al 60%. Ultima in classifica la Calabria dove il consumo delle quattro molecole biosimilari si ferma al 14,44 per cento. (Fonte dati: BM )
articolo a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market.