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La fatturazione elettronica negli appalti pubblici: alcune precisazioni sui subcontratti rilevanti

a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi.

Come noto, già la Legge n. 244/2007 (Legge Finanziaria per il 2008) aveva stabilito l’obbligo della fatturazione elettronica in tutti i rapporti con le pubbliche amministrazioni, ivi compresi i contratti di appalto.

A partire dal 1° luglio 2018, per effetto della Legge n. 205/2017 (Legge di bilancio per il 2018), tale obbligo è stato esteso anche alle “prestazioni rese da soggetti subappaltatori e subcontraenti della filiera delle imprese nel quadro di un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture stipulato con un’amministrazione pubblica. Ai fini della presente lettera, per filiera delle imprese si intende l’insieme dei soggetti, destinatari della normativa di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, che intervengono a qualunque titolo nel ciclo di realizzazione del contratto, anche con noli e forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, qualunque sia l’importo dei relativi contratti o dei subcontratti. Le fatture elettroniche emesse ai sensi della presente lettera riportano gli stessi codici CUP e CIG di cui all’articolo 25, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, riportati nelle fatture emesse dall’impresa capofila nei confronti dell’amministrazione pubblica” (art. 1, co. 917, lett. b).

È pertanto opportuno provare a fare un po’ di chiarezza sul tema, affrontando alcuni punti potenzialmente problematici.

Nell’obbligo di fatturazione elettronica sono ricompresi tutti “i subappalti e i subcontratti della filiera delle imprese”, e dunque non solo il rapporto diretto tra un operatore economico e una pubblica amministrazione, ma anche i rapporti a valle tra soggetti privati (es. appaltatore e subappaltatore o subcontraente).

Il concetto di “filiera delle imprese” si ricava, per rinvio espresso dell’art. 1, co. 917, lett. b) della L. n. 205/2017, dalla disciplina in materia di tracciabilità (L. n. 136/2010).

Sulla perimetrazione del concetto di “filiera delle imprese” è intervenuta l’ANAC con le “Linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136” (aggiornate con la Delibera n. 556 del 31/5/2017). In tali Linee guida (e anche nelle FAQ in materia di tracciabilità pubblicate sul proprio sito), l’Autorità precisa che “l’espressione “filiera delle imprese” deve intendersi riferita «ai subappalti come definiti dall’articolo 118, comma 11 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché ai subcontratti stipulati per l’esecuzione, anche non esclusiva, del contratto». Per effetto dell’entrata in vigore del nuovo Codice il riferimento ai subappalti è ora da intendersi all’art. 105 del d.lgs. 50/2016 e la definizione di subappalto è quella contenuta al comma 2 del medesimo articolo”.

Secondo l’ANAC, “si deve trattare di subcontratti che presentano un filo di derivazione dal contratto principale, nel senso di essere attinenti all’oggetto di tale contratto. Andrebbero escluse, pertanto, quelle tipologie di attività collaterali, in cui viene a scemare il nesso di collegamento con il contratto principale. Nesso che, invece, permane anche quando il contratto derivato non presenti un asservimento esclusivo rispetto a quello principale”. Al contrario, sempre secondo l’ANAC, sono esclusi dagli obblighi di tracciabilità i contratti “finalizzati all’acquisto di beni che confluiscono nelle scorte di magazzino dell’operatore economico” se gli stessi – precedenti all’affidamento – prescindono dalla commessa pubblica; per i contratti successivi all’affidamento della commessa pubblica, “i fornitori dei beni che confluiscono nelle scorte di magazzino non devono essere considerati parte della filiera”.

Con riguardo agli appalti di fornitura, l’ANAC precisa che “l’ultimo rapporto contrattuale rilevante ai fini della tracciabilità dovrebbe essere quello relativo alla realizzazione del bene oggetto della fornitura principale, con esclusione dalla filiera rilevante di tutte le sub-forniture destinate a realizzare il prodotto finito: si tratta di subforniture di componentistica o di materie prime necessarie per lo svolgimento dell’attività principale dell’operatore economico – assemblaggio o produzione del prodotto finale – indipendentemente dal successivo utilizzo o destinazione (ad un soggetto pubblico o privato) dello stesso prodotto finale”. L’ANAC porta l’esempio concreto dell’appalto consistente nella fornitura standard di personal computer: sono esclusi dalla filiera delle imprese i fornitori della componentistica necessaria per l’assemblaggio, i quali, quindi, saranno altresì sottratti alla disciplina sulla tracciabilità e a quella sulla fatturazione elettronica.

Al di là dell’ipotesi tipica del subappalto, è dunque chiaro che il concetto di “subcontratto” ai fini della “filiera delle imprese” è più ampio di quello previsto nell’art. 105 D.Lgs. 50/2016.

Utile guida per individuare i casi in cui il subcontratto è ricompreso nella filiera delle imprese, ed è dunque soggetto all’obbligo di fatturazione elettronica, è la Circolare n. 13/E del 2 luglio 2018 dell’Agenzia delle Entrate (che fa seguito alla precedente Circolare 8/E del 30 aprile 2018), secondo cui l’obbligo di fatturazione elettronica trova applicazione ai subappaltatori propriamente detti e a chi “riveste la qualifica di subcontraente (vale a dire colui che per vincolo contrattuale esegue un’attività nei confronti dell’appaltatore e in quanto tale viene comunicato alla stazione appaltante con obbligo di CIG e/o CUP)”. Ha chiarito l’Agenzia delle Entrate che sono esclusi dall’obbligo di fatturazione “tutti coloro che cedono beni a un cliente senza essere direttamente coinvolti nell’appalto principale con comunicazione verso la stazione appaltante ovvero con l’imposizione di CIG e/o CUP (si pensi, in ipotesi, a chi fornisce beni all’appaltatore senza sapere quale utilizzo ne farà, utilizzandone magari alcuni per l’appalto pubblico, altri in una fornitura privata)”.

In prima battuta, l’interpretazione data dall’Agenzia delle Entrate sembra più restrittiva rispetto alla effettiva portata dell’art. 1, comma 917, L. n. 205/2017, in quanto pare limitata ai casi in cui sussista l’obbligo di comunicazione del subcontratto alla stazione appaltante ai sensi dell’art. 105, comma 2, D.Lgs. 50/2016. Al di fuori di tali ipotesi, non si rientrerebbe nell’obbligo di fatturazione elettronica. Tuttavia, il contrasto è solo apparente, dal momento che la disciplina sulla tracciabilità (richiamata espressamente da quella sulla fatturazione elettronica) prevede che l’obbligo di indicare CIG e/o CUP si applichi a tutta la filiera delle imprese. E la stessa Circolare dell’Agenzia delle Entrate afferma che sono esclusi dall’obbligo di fatturazione “tutti coloro che cedono beni a un cliente senza essere direttamente coinvolti nell’appalto principale con comunicazione verso la stazione appaltante ovvero con l’imposizione di CIG e/o CUP”.

Conseguentemente, poiché l’imposizione di CIG e/o CUP si applica a tutti i contratti facenti parte della “filiera delle imprese”, come descritta nella disciplina in materia di tracciabilità, si può concludere che – anche secondo la Circolare dell’Agenzia delle Entrate – allorché vige l’obbligo di indicare CIG e/o CUP (i.e. a tutti i contratti della filiera delle imprese), allora a questi si applica anche la fatturazione elettronica.

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