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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Durante la prima parte del 2018 si è accesa la discussione sull’armonizzazione europea delle attività di HTA (Health technology assessment, valutazione delle tecnologie sanitarie). L’innesco principale di questo dibattito è stato l’emissione, lo scorso gennaio, di una proposta di Regolamento europeo mirato a disciplinare la materia, attualmente in discussione a livello di Parlamento e Consiglio europei. L’adozione del testo finale, prevista nel corso del 2019, e la successiva implementazione da parte degli Stati membri sembrano allontanarsi a causa di posizioni divergenti soprattutto all’interno del Consiglio europeo.
L’HTA è un approccio multidimensionale e multidisciplinare per l’analisi delle implicazioni medico-cliniche, sociali, organizzative, economiche, etiche e legali derivanti dall’introduzione di una tecnologia sanitaria.
Con la terminologia “tecnologia sanitaria” si intende un’ampia gamma di interventi che comprendono farmaci, dispositivi medici, procedure chirurgiche, approcci diagnostici, prognostici e di screening. Il processo di valutazione comprende più dimensioni grossolanamente classificabili in cliniche (descrizione delle condizioni e alternative disponibili, efficacia e sicurezza comparative) e non cliniche (costi, impatto sociale, etico, legale e organizzativo). Il processo di HTA è mirato alla stima delle conseguenze che l’introduzione (o esclusione) di un dato intervento ha per il sistema sanitario, l’economia e la società soprattutto rispetto alle alternative già disponibili. L’obiettivo ultimo dell’HTA è quello di informare la formulazione di politiche sanitarie sicure, efficaci ed efficienti.
Attualmente le attività di HTA in Europa sono regolamentate da norme di competenza degli Stati membri dell’Unione; in alcune nazioni avvengono addirittura a livello regionale, creando un sistema estremamente eterogeneo in termini di tipologie di tecnologie valutate, standard di valutazione, risorse e competenze dedicate. Una sorta di cooperazione europea in materia di HTA è in realtà in corso sin dagli anni ‘80, attraverso il finanziamento di progetti ad hoc da parte della Commissione europea e soprattutto di Joint Action che hanno portato alla creazione della rete EUnetHTA (www.eunethta.eu). L’ultimo finanziamento di questa rete, 20 milioni di euro, terminerà nel 2020 momento nel quale EUnetHTA indosserà le vesti di Programma europeo. L’assetto attuale è basato sostanzialmente su una cooperazione volontaria, ma l’obiettivo a lungo termine è quello di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri, attraverso la collaborazione tecnico- scientifica sviluppata all’interno di EUnetHTA e l’azione politico-normativa in capo alla Commissione europea. I vantaggi di un approccio condiviso, permanente, sostenibile ed “europeo” alla valutazione delle tecnologie sanitarie sono, almeno sulla carta, evidenti: evitare la dispersione e duplicazione delle competenze e delle risorse economiche necessarie per le valutazioni sia a livello delle agenzie che dell’industria biomedica; garantire l’introduzione di innovazioni tecnologiche e scientifiche orientate a migliorare sempre più la qualità dell’assistenza e la salute dei cittadini europei. Questi gli obiettivi strategici su cui poggia l’elaborazione del nuovo Regolamento.
Tutti d’accordo: Commissione europea, agenzie di HTA nazionali e soprattutto l’industria biomedica costretta a gestire l’eterogeneità delle richieste di dati a supporto della valutazione e l’imprevedibilità delle tempistiche, problematiche rilevanti dato che tali valutazioni sono spesso propedeutiche alla definizione di prezzo e regime di rimborsabilità. La stessa proposta di Regolamento cita frequentemente le preoccupazioni dei produttori di tecnologie sanitarie relativamente alla frammentazione del mercato che sarebbe responsabile di una “mancata prevedibilità aziendale e di business e quindi di costi più elevati e, nel lungo periodo, di effetti negativi sull’innovazione”. In altre parole, mentre esiste un certo grado di armonizzazione europea e prevedibilità nei processi di approvazione regolatoria ove sussistono (farmaci e, in una certa misura, dispositivi medici), l’eterogeneità negli approcci di valutazioni HTA dei diversi Stati membri è spesso additata come il principale ostacolo per una rapida introduzione di una nuova tecnologia sanitaria.
Accanto agli obiettivi generali (“garantire un migliore funzionamento del mercato interno e contribuire a un alto livello di protezione della salute umana”), la proposta riporta una serie di obiettivi operativi entro i quali si annidano le principali difficoltà di implementazione di un vero e proprio “HTA europeo”.
PROMUOVERE LA CONVERGENZA NEGLI STRUMENTI, NELLE PROCEDURE E NELLE METODOLOGIE DI VALUTAZIONE
La proposta di Regolamento richiama quattro ambiti di cooperazione europea: valutazione clinica condivisa (joint clinical assessment), supporto scientifico condiviso (early dialogue), identificazione delle tecnologie emergenti, cooperazione volontaria. L’organo responsabile di queste valutazioni sarà un gruppo di coordinamento formato da esperti nominati dagli Stati membri, supportato da una segreteria scientifica e sistemi di supporto informatico presso la Commissione europea. La definizione di questo Regolamento rappresenta un’opportunità unica per riflettere sulla necessità di definire standard di valutazione, solide metodologie e approcci indipendenti e trasparenti. Negli ultimi anni si è ampiamente dimostrato come le nuove tecnologie sanitarie, in particolare i farmaci, portino spesso a marginali benefici o, ancor peggio, presunti o ipotetici a fronte di costi sempre maggiori. La tanto auspicata innovazione terapeutica, intesa come l’introduzione di alternative la cui migliore efficacia clinica e sicurezza rispetto ad opzioni disponibili siano realmente dimostrati, è rara. Ciò porta a decisioni sanitarie nelle quali fattori di contesto, altri rispetto alle prove di efficacia, come ad esempio pressioni economiche, politico-sociali, diventano predominanti.
Gli aspetti più critici a questo riguardo sono sostanzialmente due. Il primo è la necessità di stabilire la reale efficacia clinica di una tecnologia su esiti robusti e importanti per i pazienti, come l’allungamento della sopravvivenza o il miglioramento di aspetti clinicamente rilevanti e della qualità della vita. Il secondo riguarda la necessità di avere a disposizione dati che permettano una valutazione rigorosa del “valore terapeutico aggiunto” di una nuova tecnologia rispetto a trattamenti standard. Tale requisito non è richiesto in fase di approvazione regolatoria nemmeno dalla regolamentazione più strutturata, cioè quella del farmaco. Nuovi farmaci possono infatti essere immessi sul mercato a fronte della sola dimostrazione di un’efficacia intrinseca, una buona tollerabilità e qualità manifatturiera. Ciò genera la necessità a livello di valutazione HTA di definire il place-in- therapy di un trattamento senza avere a disposizione prove comparative. Difficilmente tali studi randomizzati di confronto testa a testa possono essere richiesti dalle singole agenzie nazionali di HTA, che sono quindi costrette a ricorrere a dati da studi osservazionali, registri, confronti indiretti, ecc., metodologie utili in talune situazioni, ma afflitte da importanti distorsioni.
La proposta di Regolamento (così come le proposte di emendamento attualmente in discussione al Parlamento europeo) è purtroppo timida su questo aspetto, come puntualizzato da diversi osservatori. Pur richiamando alla necessità di implementare standard di valutazione rigorosi, non richiede esplicitamente la conduzione di studi comparativi, lasciando sostanzialmente invariata la situazione attuale. Senza questo cambio di passo, è ingenuo pensare che l’armonizzazione delle procedure e dei processi possano, da soli, migliorare l’accesso a trattamenti efficaci, sicuri e migliori di quelli a disposizione.
GARANTIRE L’USO DI RISULTATI CONGIUNTI NEGLI STATI MEMBRI
La proposta di Regolamento è molto chiara nel definire gli ambiti di cooperazione tra gli Stati membri e puntualizza, come più volte richiesto dalle agenzie nazionali, che la partenon clinica delle valutazioni di HTA (considerazioni economiche, sociali, etiche e organizzative) rimarrà sotto la responsabilità e legislazioni nazionali. La partecipazione alle attività congiunte di valutazione clinica effettuata dal gruppo di coordinamento (joint clinical assessment) dovrà però essere obbligatoria e, soprattutto, i risultati recepiti obbligatoriamente dagli Stati membri, almeno per ciò che riguarda i farmaci approvati centralmente dall’EMA e per alcuni classi di dispositivi medici e diagnostici. Come prevedibile, alcuni Stati membri hanno sollevato perplessità e veri e propri veti su questa obbligatorietà. Al di là delle consuete prove di forza tra Stati membri e istituzioni europee, alcune preoccupazioni sono più che legittime: la proposta della Commissione non definisce gli standard di valutazione (metodologia, tipologia di dati e studi, misure di esito) e rimanda ad opportuni atti esecutivi successivi all’emissione del Regolamento. Senza aver preventivamente chiarito e condiviso la tipologia di prove cliniche richieste per la valutazione, le metodologie e procedure, in alcuni paesi si potrebbe addirittura arrivare al paradosso che agenzie nazionali con standard metodologici più alti si vedano costrette a riferirsi a standard europei meno stringenti.
Inoltre, l’idea di poter disgiungere la valutazione clinica dal processo complessivo di HTA, seppur buona sulla carta – le prove scientifiche dovrebbero essere oggettive e avere un valore intrinseco che prescinde dalle implicazioni nazionali –, solleva alcune riserve. Se un farmaco o un dispositivo ottiene un parere positivo dalla valutazione HTA europea, sarà molto più difficile per un governo nazionale rifiutare il rimborso. Il tema è spinoso: l’armonizzazione si scontra con la complessità dei sistemi di HTA che, nei diversi paesi, assumono spesso le sembianze di strumenti politici per governare la spesa e la sostenibilità dei sistemi sanitari. Difficile dire se un HTA europeo rafforzerà o indebolirà il potere di negoziazione degli Stati membri di prezzi accessibili e proporzionali ai benefici clinici realmente apportati da una data tecnologia sanitaria.
Potenzialmente l’introduzione di un HTA europeo potrebbe aiutare il rafforzamento delle strutture HTA nazionali, soprattutto in quei paesi che hanno agenzie con staff e budget molto limitati. Ovviamente ciò è possibile solo se i governi nazionali investiranno in agenzie in grado di far fronte all’attuale asimmetria tra produttori e fruitori delle tecnologie sanitarie.
GARANTIRE UNA COOPERAZIONE SOSTENIBILE A LUNGO TERMINE
Come garantire la sostenibilità della cooperazione europea al di là dell’attuale assetto della rete EUnetHTA? La proposta di Regolamento cita un meccanismo basato sul pagamento di tariffe da parte degli stessi produttori di tecnologie sanitarie che richiedono le valutazioni di HTA. Tale modello, simile a quello utilizzato dall’EMA che vede circa il 90% del proprio finanziamento legato alle tariffe versate dalle aziende farmaceutiche, crea immancabilmente un conflitto di interessi intrinseco e un rapporto di dipendenza finanziaria. Gli organismi che si occupano di HTA svolgono un ruolo delicato nel processo di informazione delle decisioni sanitarie: dovrebbero operare in situazioni di totale indipendenza da pressioni economiche, ideologiche e politiche. È fondamentale quindi riflettere sui rischi di un possibile regulatory capture, per il quale agenzie create per agire nell’interesse pubblico finiscono per favorire interessi commerciali o posizioni dominanti di entità oggetto stesso della regolamentazione.
Attualmente, la maggior parte delle agenzie HTA più importanti dell’Unione, ad eccezione del NICE, non riceve finanziamenti direttamente da industrie farmaceutiche. L’HTA europeo non può rappresentare un passo indietro in questo ambito. Il Regolamento non parla dell’istituzione di una nuova agenzia, ma di una segreteria centrale presso la Commissione operativa per sei anni dopo l’entrata in vigore della normativa. Non è chiaro il destino di questo organo dopo questo periodo transitorio. Viene abbastanza spontaneo chiedersi quanto stretti saranno i rapporti tra il nuovo sistema HTA europeo e l’EMA e se la naturale conclusione di questo processo sarà l’accorpamento delle funzioni di HTA da parte dell’EMA. Questo scenario, non scontato ma possibile, porterebbe una concentrazione eccessiva di potere sull’EMA. Ciò sarebbe ottimale solo se le istanze dell’HTA, ad esempio la necessità di generare dati di efficacia e sicurezza comparativi, fossero recepite già in sede regolatoria. Viceversa, l’attuale tendenza delle agenzie regolatorie ad approvare farmaci sulla base di dati prematuri o di scarsa rilevanza clinica si trascinerebbe dietro anche le valutazioni di HTA, in un pericoloso gioco al ribasso. Alcuni dati di confronto tra scientific advice forniti da EMA e agenzie di HTA nazionali dimostrano che la concordanza tra i pareri è già piuttosto marcata.
UN ALTRO LIVELLO DI COMPLESSITÀ O UN MIGLIORAMENTO DEL SISTEMA?
I prossimi mesi saranno decisivi per delineare la versione finale del Regolamento. L’adozione, a metà settembre, degli emendamenti proposti dalla Commissione per l’ambiente, sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI) rappresenta un buon passo avanti verso un miglioramento della proposta soprattutto per ciò che riguarda la trasparenza e gli standard metodologici della valutazione clinica condivisa13. Il Consiglio europeo, sotto la presidenza austriaca del semestre, discuterà in particolare il principio di obbligatorietà. Apparentemente nessuno vuole affossare completamente la proposta, ma è probabile che vengano inseriti elementi di flessibilità in quanto il nodo della libertà delle scelte dei pagatori nazionali, sia pubblici che privati, sembra essere ad oggi l’ostacolo principale. La discussione è quindi in una fase cruciale ed è improbabile che la conclusione dell’iter normativo arrivi entro la fine dell’attuale legislatura del Parlamento europeo8. Anche le aziende biomediche potrebbero avere buone ragioni per essere caute. L’attuale frammentato panorama HTA europeo li ha costretti a sviluppare rapporti e familiarità con gli attori nazionali e le loro specificità. Sebbene potrebbero essere favoriti da un sistema più omogeneo e per certi versi simile a quello dell’EMA, un sistema incerto e poco definito potrebbe essere un ulteriore elemento di complessità e, quindi, non essere vantaggioso almeno nelle fasi iniziali. La negoziazione, inevitabile, dovrà tenere ben presente le discussioni parallele sul tema dell’accesso a farmaci innovativi e altre tecnologie ad alto costo e la necessità di rivedere alcuni aspetti del rapporto di forza pubblico-privato.
Dovrà inoltre considerare l’opportunità e le modalità per un reale coinvolgimento di operatori sanitari e pazienti nelle attività di HTA e la crescente richiesta di trasparenza dei processi e documenti prodotti in tutte le fasi delle valutazioni. Tra le motivazioni che hanno fatto dell’armonizzazione delle attività di HTA una priorità per le istituzioni europee c’è l’esplicito richiamo all’impulso negli investimenti in ricerca e sviluppo, con aumento di occupazione e un rafforzamento della base industriale europea.
Occorre però ricordare che prima di tutto l’HTA dovrebbe servire a premiare le tecnologie che portano benefici reali ai pazienti a fronte di investimenti accessibili da parte dei sistemi sanitari. Sebbene all’apparenza questa discussione sembri molto tecnica è, di fatto, politica. Questa proposta offre una grandissima opportunità per migliorare il sistema o svenderlo definitivamente alle logiche commerciali.
Rita Banzi
Centro di Politiche Regolatorie del Farmaco Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri IRCCS, Milano