Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi.
In una recente sentenza il Tar Lombardia (Sez. I, 3 aprile 2019, n. 169) ha affrontato alcuni profili di particolare interesse in relazione all’operatività della causa di esclusione dalla gara di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. 50/2016 (come modificato dall’art. 5 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135). L’ipotesi è quella in cui “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è [sia] reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.
Il Tar ha affermato che, sebbene non sia necessario un accertamento definitivo delle condotte integranti il “grave illecito professionale” e, pertanto, un mero rinvio a giudizio potrebbe essere in astratto sufficiente, il provvedimento di esclusione non può prescindere da un’autonoma e puntuale valutazione da parte della stazione appaltante in ordine all’inaffidabilità/non integrità dell’operatore economico.
La vicenda giudiziaria trae origine da una procedura bandita dal Comune di Milano per l’affidamento di lavori dalla quale un operatore economico è stato escluso in applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), stante l’esistenza di una richiesta di rinvio a giudizio formulata dal Pubblico Ministero nei confronti dell’operatore economico per l’illecito amministrativo di cui agli artt. 5 e 25 del D.lgs. 231/2001, per non avere questi adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione dei fatti, un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire la commissione dei reati (corruzione e turbata libertà degli incanti), ascritti all’ex socio ed amministratore della società.
Il Tar Lombardia ha annullato il provvedimento di esclusione perché fondato sul mero richiamo alla richiesta di rinvio a giudizio. In particolare i Giudici, partendo dal dettato normativo dell’art. 80, comma 5, lett.c), hanno rilevato che l’ampiezza del potere discrezionale attribuito alle stazioni appaltanti in materia vede come contraltare irrinunciabile l’avvio di un vero e proprio procedimento istruttorio. Qualora il “grave illecito professionale” da accertare abbia come punto di partenza un procedimento penale ancora in corso la stazione appaltante è tenuta a svolgere un’analisi autonoma dei fatti e degli elementi presi in considerazione, dandone atto al soggetto interessato ai sensi dell’art. 7 della L. 241/1990.
Nella fattispecie, invece, la stazione appaltante aveva rinviato integralmente ai fatti oggetto del procedimento penale dichiarando espressamente che l’elemento determinante che l’aveva indotta a valutare l’irrimediabile lesione del rapporto fiduciario era stata la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’operatore economico. Secondo il Tar, dunque, è mancato lo svolgimento del procedimento amministrativo di accertamento, e il provvedimento risulta sprovvisto di una congrua motivazione in ordine alla carenza di integrità o di affidabilità del soggetto interessato.
Il Tar ha precisato che la richiesta di rinvio a giudizio potrebbe essere di per sé sufficiente a consentire l’adozione di un provvedimento di esclusione da una gara d’appalto, in quanto la norma non richiede che il procedimento penale avviato a carico di un concorrente si sia concluso con una sentenza di condanna a suo carico. Ciò posto, una richiesta di rinvio a giudizio in assenza di un autonomo accertamento da parte della stazione appaltante dei fatti idonei a configurare un grave illecito professionale, e di una congrua motivazione, non può giustificare l’esclusione.
Ed infatti, una diversa interpretazione dell’operatività della causa di esclusione dell’art. 80, comma 5, lett.c), si porrebbe in evidente contrasto con alcuni principi fondamentali del nostro ordinamento (artt. 27 c. 2 Cost. e 6 c. 2 CEDU) e determinerebbe al contempo un’indebita alterazione delle dinamiche di natura competitiva. Un operatore economico vedrebbe preclusa la possibilità di prendere parte a una procedura di gara sulla base di un atto – la richiesta di rinvio a giudizio – adottato in assenza di contraddittorio, cioè prima di aver modo di difendersi in sede penale e senza che sia stato svolto un procedimento di natura amministrativa.
In conclusione, il Tar ha ritenuto che il mero richiamo alla richiesta di rinvio a giudizio, in assenza di ulteriori ed autonome valutazioni da parte della stazione appaltante, non possa costituire “mezzo adeguato” di prova della sussistenza di un grave illecito professionale ai sensi dell’art. 80 c. 5 lett. c), D. Lgs. 50/2016. Diversamente il richiamo per relationem può essere ritenuto sufficiente se avente ad oggetto un’ordinanza applicativa di una misura cautelare disposta dal G.I.P. (CdS. Sez. V, 27.2.2019 n. 1367) o l’accoglimento della richiesta di giudizio immediato (TAR Lazio, Sez. II, 13 febbraio 2019 n. 1931), ipotesi che presuppongono che le prove a carico della persona sottoposta alle indagini siano state ritenute “evidenti”.
L’essenzialità della valutazione autonoma da parte della stazione appaltante è stata ribadita dalla giurisprudenza amministrativa anche nelle ipotesi di riscontro di una precedente risoluzione per inadempimento contrattuale ascrivibile al concorrente. Anche in questo caso non può ritenersi sufficiente il semplice richiamo all’inadempimento, essendo necessaria una specifica analisi dei fatti e degli elementi presi in considerazione dalla stazione appaltante (vedi Sent. TAR Toscana Sez. I, 1 agosto 2017 n. 1011e TAR Lombardia – Brescia, Sez. I, 5 ottobre 2018, n. 955).
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