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Nella relazione del Cnr la proposta di fissare un target e gli incentivi per far decollare la spesa di R&S della pubblica amministrazione. E sollecitare le aziende a sviluppare prototipi e trovare soluzioni
C’è un tesoretto nascosto nell’innovazione italiana: per aumentare del 5% la spesa in ricerca e sviluppo, basterebbe che le pubbliche amministrazioni destinassero all’R&S l’1% del procurement totale. Così si arriverebbe a circa un miliardo di procurement innovativo «pari alla dotazione del fondo per l’innovazione» ha fatto notare la settimana scorsa Daniele Archibugi, dirigente del Cnr, illustrando al Presidente del Consiglio, la «Relazione 2019 sulla ricerca e l’innovazione in Italia».
Il passaggio della quota di procurement di R&S dall’attuale 0,17% all’1% può apparire piccolo ma potrebbe essere strategico. «Il Regno Unito fa registrare, ad eccezione di due anni, i valori più alti, con una spesa media in appalti di R&S (199 milioni) circa tre volte superiore rispetto a quella fatta registrare in Italia (66 milioni) che è il paese con la spesa media più bassa», si legge nella relazione del Cnr, che precisa come l’exploit del 2018 sia attribuibile a una gara dell’Agenzia spaziale Italiana (105 milioni).
Un piano nazionale di procurement innovativo
Il Cnr ha rilanciato l’idea di un piano nazionale per il procurement innovativo. «L’acquisto da parte della Pa di beni e servizi innovativi, ritagliati “su misura” sui fabbisogni della Pa, rappresenta un tassello importante per l’efficientamento della spesa pubblica, con impatti positivi in termini di sviluppo economico – evidenzia Andrea Bianchi, Direttore Politiche Industriali di Confindustria – È quindi condivisibile l’adozione di un Piano nazionale sul procuremen t pubblico che potrebbe prevedere azioni di supporto e di coordinamento per orientare i processi di spesa, in primis, l’individuazione di target di spesa sia per le amministrazioni centrali che periferiche, da destinare all’acquisto di soluzioni innovative».
Gli strumenti in campo
Il piano andrebbe a sostenere tutte le tipologie di appalti innovativi, sollecitati anche dalle politiche e norme europee ovvero:
● la categoria più consistente è quella degli avvisi di gara R&S dove l’opportunità per le imprese è quella di sviluppare un prototipo di un prodotto o servizio.
● l’appalto pubblico pre-commerciale (Pcp) che in Italia ha fatto capolino sette anni fa e raggiunge il 10% del numero di appalti (e il 20% del valore) totali: la Pa lancia una sfida e diverse imprese sono chiamate a sviluppare, in modo parallelo e concorrente, soluzioni innovative e quindi non ancora presenti sul mercato
● la terza possibilità, ancora meno esplorata, è l’acquisto di soluzioni innovative (Ppi) che avviene quando le procedure di appalto pubblico esistenti (ad esempio, procedura aperta, dialogo competitivo, procedura negoziata) vengono utilizzate per acquistare soluzioni innovative che non sono ancora disponibili su base commerciale su vasta scala.
«La spesa pubblica per beni e servizi si attesta a 144 miliardi di euro e rappresenta l’8,2% del Pil – fa notare Stefano Pan, vicepresidente di Confindustria – È evidente l’influenza sul mercato e sulle filiere produttive delle scelte operate dalla Pa attraverso gli acquisti. Ora noi siamo impegnati nel far conoscere il più possibile questa opportunità alle imprese».
Un anno fa è stato firmato un protocollo dalla stessa Confindustria, da Agid e dalla Conferenza delle Regioni/Itaca per attivare una stretta sinergia pubblico-privato. Così è stata fatta una attività di roadshow per l’Italia. Sulla piattaforma dell’Agenzia per l’Italia digitale (Appaltinnovativi.gov) sono raccolti aggiornamenti sui fabbisogni delle Pa, dando visibilità alle procedure d’appalto di innovazione. Confindustria si sta muovendo come innovation broker facendo da ponte tra pubblico e privato per stimolare le imprese ad attivare partenariati industriali in risposta ai fabbisogni di innovazione della Pa e presto integrerà la sua piattaforma con quella dell’Agid.
Guglielmo de Gennaro del Servizio strategie di procurement e innovazione del mercato di Agid riferisce che il numero di Pa che si stanno avvicinando agli appalti innovativi è in aumento e che l’agenzia cerca di accompagnarle nella consapevolezza dei propri fabbisogni di innovazione, che a volte possono essere soddisfatti con tecnologie emergenti e digitali, altre volte attraverso l’innovazione di processo. Per legge, l’Agid è identificata quale elemento di snodo ed esercita la funzione di broker di innovazione attraverso un’azione continua e la realizzazione della Piattaforma prevista dal Piano per l’informatica nella Pa (2019/2021). Partecipano i ministeri competenti, le Regioni, i soggetti aggregatori regionali, Consip, le grandi stazioni appaltanti, quali Anas, Enel, Fs, Cnr e gli stakeholder dell’innovazione tra cui Confindustria.
Fonte: [ilsole24ore]