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Servizi standardizzati: modalità di individuazione e criterio di aggiudicazione nel caso di appalti nei settori speciali

a cura dell’avvocato Maria Ida Tenuta

Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 3210 del 21 maggio 2020, si è occupato del criterio di aggiudicazione da applicare qualora il contratto di appalto abbia ad oggetto servizi standardizzati e ricada nell’ambito dei settori speciali, indicando quando sussiste l’onere di impugnazione e le modalità con cui debba essere individuato un servizio standardizzato.

Nel caso di specie la stazione appaltante appellante ha impugnato la sentenza del TAR Campania, lamentando che il Giudice di prime cure avrebbe errato laddove ha ritenuto illegittima l’applicazione del criterio di selezione del prezzo di più basso in quanto il servizio oggetto dell’appalto avrebbe natura  standardizzata e, inoltre, trattandosi di un appalto rientrante nell’ambito dei settori speciali, la stazione appaltante non era vincolata all’applicazione dell’art. 95 del Codice dei contratti avente ad oggetto i criteri di selezione; l’appellante ha eccepito la tardività del ricorso  in quanto ricorrente avrebbe dovuto impugnare immediatamente la disciplina di gara, senza attendere l’adozione del provvedimento di aggiudicazione.

–  Come noto, ai sensi dell’art. 95 del Codice dei contratti, è legittimo il ricorso al criterio del minor prezzo – fornendone adeguata motivazione – e in deroga alla generale preferenza accordata al criterio di aggiudicazione costituito dall’offerta economicamente più vantaggiosa, solo se i servizi oggetto dell’appalto siano standardizzati e purchè tali prestazioni non siano connotate da alta intensità di manodopera.

Se non sussistono tutte le condizioni elencate, si riespande la regola dell’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Qualora il concorrente ritenga che sia stato applicato erroneamente il criterio del prezzo più basso in quanto il servizio non avrebbe natura standardizzata, ha l’onere di impugnare la disciplina di gara.

– Quanto all’onere di impugnazione del criterio di aggiudicazione, l’Adunanza Plenaria, con sentenza 26 aprile 2018, n. 4, in continuità con il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, ha confermato che in via generale i bandi di gara e le lettere di invito vanno impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione poiché sono questi che (oltre consentire di identificare il soggetto leso) rendono attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato, e che fanno eccezione i casi in cui: a) si contesti in radice l’indizione della gara; b) si contesti che una gara sia mancata per aver l’amministrazione proceduto ad affidamento diretto; c) siano impugnate le clausole del bando con carattere immediatamente escludente.

Si è così concluso che non può essere imposto al concorrente di impugnare immediatamente la clausola del bando che prevede il criterio di aggiudicazione ove la ritenga errata poiché “versandosi nello stato iniziale ed embrionale della procedura, non vi sarebbe infatti né prova né indizio della circostanza che l’impugnante certamente non sarebbe prescelto quale aggiudicatario; per tal via, si imporrebbe all’offerente di denunciare la clausola del bando sulla scorta della preconizzazione di una futura ed ipotetica lesione, al fine di tutelare un interesse (quello strumentale alla riedizione della gara), certamente subordinato rispetto all’interesse primario (quello a rendersi aggiudicatario), del quale non sarebbe certa la non realizzabilità.” (l’Adunanza Plenaria, con sentenza 26 aprile 2018, n. 4).

La sentenza in commento ha aderito ai principi statuiti dall’Adunanza Plenaria affermando che occorre attendere il provvedimento di aggiudicazione per poter impugnare la disciplina di gara che impone l’applicazione del criterio di selezione del prezzo più basso, nonostante il servizio non abbia natura standardizzata.

– L’appellante ritiene non applicabile agli appalti nei settori speciali l’art. 95, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per il quale le stazioni appaltanti che scelgano quale criterio di aggiudicazione quello del prezzo più basso sono tenute a darne adeguata motivazione.

Il Consiglio respinge la censura affermando che l’art. 133 D.Lgs 50/2016, relativo ai settori speciali, e rubricato “Principi generali per la selezione dei partecipanti” prevede e espressamente che l’aggiudicazione, anche nei settori speciali, avviene secondo i criteri degli articoli 95 e 97 del Codice dei Contratti Pubblici.

Il Collegio afferma, inoltre, che la regola dell’art. 95, comma 5, d.lgs. n. 50 che impone alla stazione appaltante, in caso di scelta del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, di darne adeguata motivazione, non appare per alcun profilo incompatibile con le caratteristiche proprie degli appalti nei settori speciale.  Il Consiglio di Stato ribadisce – anche per il settori speciali –  il consolidato orientamento secondo cui il mero richiamo al carattere standardizzato delle prestazioni non è di per sé sufficiente a giustificare l’applicazione del criterio del prezzo più basso, imponendo espressamente il più volte citato comma 5 dell’art. 95 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 una “adeguata motivazione” (cfr. Tar Veneto, sez. I, 25 novembre 2019, n. 1277 e T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 17 luglio 2019, n. 3952; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 19 settembre 2017, n. 1828; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 25 febbraio 2017, n. 166).

– Il Giudice “boccia” infine l’utilizzo del criterio del prezzo più basso, non solo per la mancanza di motivazione, ma anche – e soprattutto – poiché ritiene che i servizi oggetto dell’appalto non abbiano natura standardizzata.

Come noto, la giurisprudenza ha tentato di fornire dei parametri per l’individuazione del servizio standardizzato affermando che può considerarsi tale solo quando la lex specialis ne descrive puntualmente tutti gli elementi, individuando in modo preciso sia la concreta organizzazione del lavoro sia le prestazioni dovute senza lasciare margini di definizione dell’appalto in capo all’iniziativa dell’impresa (così quasi testualmente Con. Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1063; V, 18 febbraio 2018, n. 1099; III, 13 agosto 2018, n. 1609).

Proprio sulla base di tale definizione, la sentenza in commento ha ritenuto che il servizio oggetto dell’appalto, ossia  il servizio sostitutivo di quello ferroviario in caso di impossibilità di funzionamento di quest’ultimo, non avesse natura standardizzata in quanto: a) il servizio non può essere espletato in un’unica modalità visto che l’operatore può offrire all’utenza e alla stessa amministrazione aggiudicatrice svariati servizi sostitutivi di quello ferroviario; b) la disciplina di gara ha definito solo l’impegno minimo che l’aggiudicatario del servizio avrebbe dovuto assumere lasciando, così, ampi margini all’iniziativa imprenditoriale di ciascun offerente.

In conclusione, dunque, è possibile affermare che anche nell’ambito dei settori speciali vale la regola secondo cui la stazione appaltante può scegliere, fornendo adeguata motivazione, il criterio del prezzo più basso quando il servizio, che non comporti l’impiego di alta intensità di manodopera, risulti standardizzato.

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