Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con la sentenza del 8 febbraio scorso, n. 1575 si è occupato dei limiti quantitativi del subappalto nell’ambito dei contratti sotto soglia.
Come noto, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 26 settembre 2019, causa C-63/18 (c.d. sentenza “Vitali”), ha ritenuto non compatibile con il diritto europeo degli appalti pubblici la normativa italiana (poi modificata dalla l. n. 55 del 2019 di conversione del D.L. “Sblocca cantieri” che ne ha innalzato la soglia al 40%) – che limitava al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.
Nell’esaminare la questione, la Corte di Giustizia ha richiamato le regole europee in materia di subaffidamenti che, al fine di garantire la più ampia partecipazione possibile alle gare pubbliche e favorire l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese, consentono agli offerenti di fare affidamento – a determinate condizioni – sulle capacità di altri soggetti, per soddisfare i requisiti richiesti dal bando.
Secondo la Corte di Giustizia contrasta, infatti, con il diritto comunitario la normativa italiana che limita il ricorso al subaffidamento per una parte del contratto fissata in maniera generale e astratta in una determinata percentuale, prescindendo dalle reali capacità dei subappaltatori e dalla natura delle prestazioni.
La questione dei limiti “quantitativi” del subappalto sorge, tuttavia, già nel 24 gennaio 2019, quando la Commissione Europea ha avviato nei confronti dell’Italia la procedura di infrazione n. 2018/2273.
Secondo la Commissione, l’art. 105, commi 2 e 5, D.Lgs. 50/2016 è in contrasto con la direttiva comunitaria 2014/24/UE in quanto limita il ricorso al subappalto al 30% in tutti i casi, e non soltanto ove tale restrizione sia oggettivamente richiesta alla natura delle prestazioni.
Strettamente consequenziale alla procedura di infrazione è quindi la modifica all’art. 105 D.Lgs. 50/2016 disposta dalla Legge n. 55 del 2019 di conversione con modificazioni del D.L. Sblocca Cantieri che, all’art. 1, co. 18, ha stabilito che fino al 31 dicembre 2020 le stazioni appaltanti debbano specificare negli atti di gara la quota di lavori, servizi e forniture da subappaltare, che comunque non può superare il 40% dell’importo complessivo del contratto.
L’art. 13 del Decreto Legge 183/2020, c.d. “Decreto Mille proroghe 2021”, entrato in vigore il 31 dicembre 2020, ha disposto la proroga delle disposizioni transitorie apportate dall’art. 1, comma 18, D.L. n. 32/2019, c.d. “Decreto Sblocca Cantieri” (conv. in L. n. 55/2019) all’art. 105 D.Lgs. 50/2016, confermando il limite del 40% del ricorso al subappalto fino al 30 giugno 2021.
Considerato che il problema della normativa nazionale risiede, secondo il Giudice comunitario, nell’individuazione aprioristica, generale e astratta di un limite quantitativo al subappalto, l’innalzamento di tale soglia non ha “risolto” la questione.
Ed infatti la giurisprudenza interna ha recepito le indicazioni della Corte comunitaria affermando che la norma del codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia con le sentenze 26 settembre 2019, C-63/18; Id., 27 novembre 2019, C-402/18 (Cons. Stato, V, 16 gennaio 2020, n. 389).
Nel caso di specie si chiede al TAR di applicare tali coordinate ermeneutiche anche con riferimento ai contratti sotto soglia comunitaria.
In particolare, la società ricorrente partecipava, in qualità di capogruppo di un costituendo raggruppamento di imprese, alla procedura aperta finalizzata all’affidamento dei lavori di installazione di impianti ascensori, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso, per un importo a base d’asta di Euro 1.718.887,01.
Secondo la ricorrente risultava essere illegittima la disciplina di gara nella parte in cui non prevedeva l’applicazione del limite quantitativo del ricorso al subappalto stabilito dall’art. 105 D.Lgs. 50/2016.
La stazione appaltante sosteneva invece la necessità di disapplicare qualsiasi disposizione normativa limitativa del subappalto – ivi compreso, dunque l’art. 105 comma 5 del d.lgs. 50/2016 – in quanto giudicata dalla Corte di Giustizia contrastante con la normativa comunitaria, ed essendo rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante la previsione di eventuali deroghe a tale principio generale.
Il TAR ha accolto il ricorso.
Il Giudice ha ricordato che sulla base del quadro giurisprudenziale comunitario (Corte di Giustizia, sentenze del 26 settembre 2019, nella causa C-63/18, e del 27 novembre 2019, nella causa C-402/18, sopra cit.) deve inferirsi l’illegittimità, per contrasto con l’art. 71 della direttiva 2014/24, delle disposizioni dell’art. 105 del d.lgs. 50/2016 che prevedano dei limiti generalizzati al subappalto delle prestazioni contrattuali, fermo restando il potere della stazione appaltante di valutare e adeguatamente motivare, in relazione alla specificità del caso, la previsione di eventuali limiti proporzionati allo specifico obiettivo da raggiungere; secondo il TAR che le norme nazionali contrastanti con le disposizioni europee devono essere disapplicate, in virtù del principio di primazia del diritto comunitario (Cons. Stato 8101/2020 e TAR Toscana n. 898/2020).
La sentenza in commento afferma, tuttavia, che tali principi non sono applicabili al caso in esame poiché lo stesso riguarda un appalto di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Le norme della direttiva 2014/24/UE – rispetto alle quali la Corte UE ha affermato il contrasto dell’art. 105 d.lgs. 50/2016 – trovano infatti applicazione, come stabilito dall’art. 4 della stessa, esclusivamente agli appalti che abbiano un importo, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alle soglie dallo stesso individuate, come periodicamente revisionate ai sensi dell’art. 6 della stessa direttiva.
Secondo il TAR non può la stazione appaltante prevedere nella disciplina di gara di applicare la norma comunitaria (art. 71 Direttiva 2014/24/UE) disapplicando la vigente normativa nazionale (art. 105 D.Lgs. 50/2016), poiché la prevalenza della norma comunitaria, che impone la disapplicazione della norma interna, opera solo se la norma comunitaria è applicabile alla fattispecie, altrimenti si verifica una mera violazione della normativa nazionale vigente.
La sentenza in commento ricorda anche che, secondo la Corte di Giustizia, sarebbe possibile applicare la direttiva 2014/24/UE anche ad appalti sotto soglia comunitaria quando in relazione al contratto d’appalto sussista comunque un interesse transfrontaliero (Corte di Giustizia, sentenza del 5 aprile 2017, C‑298/15), ma che, nel caso di specie, l’Amministrazione non ha fornito alcuna motivazione a riguardo.
In conclusione, la questione del limite quantitativo del ricorso al subappalto non trova applicazione agli appalti sotto soglia comunitaria in quanto non può disapplicarsi l’art. 105 D.Lgs. 50/2016, norma vigente e imperativa, in forza di una direttiva comunitaria (2014/24/UE) che esclude essa stessa il proprio ambito di applicazione in ragione del valore dell’appalto.
Tale regola può essere, tuttavia, derogata qualora il contratto, pur avendo un importo sotto soglia comunitaria, assuma rilevanza transfrontaliera, ma occorre l’ulteriore condizione che l’Amministrazione dimostri tale rilevanza, palesando dunque la sussistenza di un “interesse comunitario” allo svolgimento della procedura e all’affidamento del contratto.
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