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Manca un anno all’applicazione dell’Ivdr, prevista per il 26 maggio 2022 e resta alto il livello di preoccupazione da parte degli attori.
Il numero limitato di organismi notificati a fronte di troppe certificazioni da rilasciare mette a repentaglio l’accesso al mercato da parte di strutture sanitarie e pazienti.
Il rischio è che si riduca drasticamente la disponibilità e l’accesso ai dispositivi da parte di strutture sanitarie e pazienti. Manca meno di un anno all’applicazione del regolamento sui dispositivi diagnostici in vitro (746/2017, detto Ivdr), prevista per il 26 maggio 2022, e il livello di preoccupazione da parte degli attori che popolano questo settore resta ancora molto alto. Per quella data, infatti, oltre 50 mila Ivd attualmente commercializzati in Europa secondo la direttiva vigente (98/79), dovranno essere conformi al nuovo regolamento.
Di questi 50 mila, però, si stima che solo il 10-15% abbia certificati rilasciati da organismi notificati (On) conformemente alla normativa in vigore, e potranno beneficiare del cosiddetto “periodo di grazia”, che estende la transizione a maggio 2024. Per la parte restante dei prodotti (circa il 90% del mercato) tale “periodo” non è previsto e per rimanere sul mercato anche dopo maggio 2022, dovranno ottenere un certificato rilasciato da parte di un organismo notificato designato ai sensi dell’Ivdr. Il problema è che anche tali organismi scarseggiano (al momento sono solo quattro quelli riconosciuti come tali) ed entro la fine dell’anno, secondo gli esperti, se ne aggiungeranno al massimo uno o due. Ma andiamo con ordine.
Con l’entrata in vigore dell’Ivdr, gli elementi chiave del sistema normativo sono stati sostanzialmente rivisti. A partire dal ruolo degli organismi notificati, passando per i requisiti delle prove cliniche e di post-commercializzazione, fino al sistema di classificazione basata sul rischio, nonché le regole sulla produzione interna. Secondo un’analisi dello stato dell’arte effettuata da Confindustria dispositivi medici, gli elementi fondamentali della nuova infrastruttura normativa non sarebbero ancora stati predisposti.
Per citare qualche esempio, come già accennato sono solo quattro gli organismi notificati registrati ai sensi dell’Ivdr, rispetto ai ventuno della direttiva precedente. Inoltre, mancano i documenti di orientamento fondamentali, come quelli relativi alla classificazione in base al rischio e per l’evidenza clinica. Mentre i vari laboratori e panel di esperti necessari per la certificazione Ivdr dei test a più alto rischio, inclusi i test per la lotta contro Covid-19, non sono stati organizzati e si presume che saranno disponibili solamente a transizione quasi ultimata.
In relazione a questo contesto, un altro documento di Confindustria dispositivi medici elenca una serie puntuale di criticità (o di sfide) che l’industria dei dispositivi medici in vitro dovrà ad affrontare nei prossimi mesi.
Mentre la seconda novità sta nel fatto che mentre nella precedente direttiva, la maggior parte dei dispositivi in base alla loro classificazione era certificabile con l’autocertificazione da parte dei costruttori, con il nuovo Ivdr si ribalta questo scenario, richiedendo l’intervento di un organismo notificato per tutti i dispositivi che sono B, C, D, e quindi più del 90% del mercato attuale. In altre parole, le autorità competenti avevano dimestichezza con poco meno del 10% dei dispositivi, mentre il restante 90% era la parte dell’iceberg nascosto, che non è emerso fino a quando, all’inizio del 2021, su iniziativa della Commissione europea, è stato chiesto a Medtech Europe di fare una survey sugli associati, con l’obiettivo di riportare dei dati quantitativi rispetto a quello che è il mondo dei dispositivi diagnostici in vitro”.
Il sondaggio
L’analisi a cui fa riferimento Natale Bova è quella che Medtech Europe (associazione europea delle aziende di dispositivi medici) ha condotto fra i suoi associati tra gennaio e febbraio 2021, su mandato della Commissione europea. I risultati su un campione di 64 aziende, che rappresentano circa l’80% del mercato hanno mostrato che i dispositivi attualmente certificati da un Organismo notificato, in accordo con Ivdd, rappresentano circa il 10% del totale degli Ivd in commercio. Inoltre, è emerso che i device Ivd attualmente in autocertificazione secondo Ivdd, che per la loro classe B, C o D richiederanno per la prima volta l’intervento di un On per completare il percorso di conformità (con Ivdr), rappresentano circa il 68% del totale degli Ivd in commercio.
Mentre i dispositivi classificati in classe D secondo Ivdr rappresentano circa il 4% dei prodotti attualmente in commercio. Dal sondaggio è emerso inoltre, che l’80% dei fabbricanti sta incontrando difficoltà nell’avvio o nel completamento del percorso di conformità secondo il nuovo regolamento. In più, elemento forse più preoccupante, una percentuale significativa di dispositivi diagnostici in vitro attualmente in commercio (stimata fra il 15-20%), non verrà certificata dai fabbricanti, per effetto di un processo di razionalizzazione del catalogo prodotti secondo una valutazione dei costi di certificazione e benefici di mercato.
Nello stesso periodo Team-Nb, associazione europea degli Organismi notificati, ha condotto un sondaggio su mandato della Commissione europea, per raccogliere evidenze concrete sullo stato del processo di certificazione dei dispositivi medici secondo Mdr e dei diagnostici in vitro secondo Ivdr. I risultati raccolti su un campione che rappresenta circa l’81% degli On membri, mostrano che: il numero di certificati attualmente rilasciati da un On (in accordo a Ivdd) è pari a circa mille, contro un numero di certificati rilasciati da un On in accordo a Ivdr che è pari a sei. L’ammontare delle certificazioni in corso con Ivdr è pari a 230; mentre il numero di certificazioni che gli organismi prevedono di gestire entro maggio 2022 supera gli 11 mila.
Risulta evidente quindi come le due survey, condotte da Mte e Team-Nb da due diverse prospettive evidenzino il rischio, di trovarsi a gestire nei prossimi 13 mesi un processo di certificazione non sostenibile né per i fabbricanti, né per gli Organismi notificati. E tutto ciò si rifletterà su analoghe difficoltà per le autorità competenti e per le strutture sanitarie che utilizzano i dispositivi diagnostici in vitro.
Le 64 aziende che hanno risposto alla survey di Medtech Europe rappresentano l’80% dei produttori europei in termini di fatturato. In prospettiva, il rischio più grosso è legato alla disponibilità di dispositivi per i pazienti. Se pensiamo in ottica Hta, potremmo andare incontro a un minore accesso ai dispositivi per strutture sanitarie e pazienti. Tutto ciò perché, a prescindere dalla dimensione dell’azienda che li produce, è un dato di fatto che ogni attore del mercato ha fatto un’analisi del portafoglio di prodotti accelerando il processo di dismissione dei prodotti alla fine del ciclo di vita”.
“Oppure, ricorrendo addirittura alla sospensione di prodotti per cui i volumi non giustificano un investimento significativo di tempo e risorse per ottenere la conformità. Probabilmente il rischio di sparizione di test può essere limitato a quelli di nicchia forniti da piccole aziende specializzate, che potrebbero andare incontro a difficoltà a portare a termine il percorso di conformità ed essere soggetti a fenomeni di concentrazione del mercato”.
Tirando le somme, per il momento, sembra siano le incognite a dominare il panorama regolatorio dei dispositivi diagnostici in vitro. Ecco perché servono soluzioni a stretto giro. Su questo punto, Confindustria dispositivi medici, in coordinamento con Medtech Europe, auspica una discussione aperta fra gli stakeholder sia a livello nazionale che europeo per definire un piano d’azione da mettere in pratica nei prossimi 3-6 mesi.
Sul tavolo delle trattative alcune proposte da valutare, tra cui: l’estensione dell’applicabilità dell’art.110 del regolamento 746 a ulteriori dispositivi, attualmente disponibili sul mercato in conformità all’Ivdd, a più basso livello di rischio; nonché lo slittamento della data di applicazione dell’Ivdr attualmente prevista (analogamente a quanto fatto per i dispositivi medici ad aprile 2020, con l’emendamento a Mdr).
FONTE: Abouthpharma