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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi
Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n.6706 del 7 ottobre 2021, si è occupato della questione dell’affitto del ramo di azienda, individuando i criteri per la verifica dei requisiti in capo all’affittante e gli effetti nei confronti dell’affittuaria.
L’unica disposizione dedicata a disciplinare gli effetti del contratto d’affitto d’azienda sulla qualificazione dell’impresa affittuaria è l’art. 76, comma 9, d.P.R. n. 207/2010 (applicabile, a norma dell’art. 216, comma 14, D.Lgs. 50/2016, fino all’adozione del nuovo Regolamento sui contratti pubblici), a tenore della quale “Nel caso di affitto di azienda l’affittuario può avvalersi dei requisiti posseduti dall’impresa locatrice se il contratto di affitto abbia durata non inferiore a tre anni”.
Come rilevato dalla giurisprudenza, la disposizione in esame “…fissa il punto di equilibrio individuato dal legislatore, nell’intento di coniugare il favor partecipationis, cui le direttive sono ispirate, e la tendenziale stabilità del requisito, così consentendo all’offerente di avvalersi dei requisiti posseduti dall’impresa locatrice solo se il contratto di affitto ha durata non inferiore a tre anni” (Cons. Stato n. 3585/2020; ibidem Cons. Stato n. 1335/2021).
In buona sostanza, da una parte, il contratto d’affitto d’azienda può essere impiegato ai fini dell’integrazione del requisito del concorrente che si avvale di tale strumento per soddisfare le richieste della stazione appaltante; dall’altra, quest’ultima è tenuta a verificare il possesso dei requisiti di partecipazione alla gara anche in capo all’affittante in quanto il concorrente che si avvale dei dei requisiti di terzi sul piano della partecipazione alle gare pubbliche risente anche delle relative conseguenze (Cons. Stato, n. 5470/2014; ibidem Cons. Stato n. 7022/2018).
La sentenza in commento si inserisce in tale solco giurisprudenziale, occupandosi di individuare la portata del controllo dei requisiti di cui all’art. 80 D.Lgs. 50/2016 in capo all’affittante e degli effetti nei confronti dell’affittuaria.
In particolare, le appellanti hanno impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto legittima l’esclusione dell’aggiudicataria in quanto la stessa avrebbe comprovato il possesso dei requisiti di speciali in virtù di un contratto di affitto di ramo d’azienda stipulato con una società successivamente dichiarata fallita, ritenendo applicabile il principio ubi commoda, ibi incommoda alla causa di esclusione inerente il fallimento di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), D.lgs. 50/2016 e al contempo insussistente una sostanziale cesura tra affittante e affittuaria.
Secondo le appellanti la sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato i principi giurisprudenziali in materia di interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. b) D.Lgs. 50/2016, volti ad evitare che la Stazione appaltante venga in contatto con un soggetto inaffidabile e incapace di far fronte alle obbligazioni assunte, in quanto il fallimento dell’affittante non potrebbe negativamente riverberarsi sull’affittuaria ove questa sia solida economicamente, intaccandone l’affidabilità e inibendogli la partecipazione alle pubbliche gare.
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello.
Ed infatti, in presenza di un’operazione di affitto di azienda ai sensi dell’art.76, comma 9, del d.P.R. 207/2010, qualora l’affittuaria non fornisca la prova – sulla stessa incombente – di una completa “cesura” tra le due gestioni, la stazione appaltante è tenuta a verificare il possesso dei requisiti di partecipazione alla gara anche in capo all’affittante, poiché “chi si avvale dei requisiti dei terzi sul piano della partecipazione alle gare pubbliche, risente delle conseguenze sullo stesso piano, delle eventuali responsabilità” (in tal senso Cons. Stato, Sez. V, 5 novembre 2014, n. 5470; Sez. III, 12.12.2018, n. 7022).
In particolare, il Collegio ha statuito che: “… laddove i rapporti sussistenti tra l’affittante l’azienda e l’affittuaria, quali risultanti dalla documentazione di gara, evidenzino una situazione di sostanziale continuità imprenditoriale tra le parti dell’operazione, tale da ingenerare il “sospetto” della finalità elusiva del negozio di affitto di azienda, è necessaria la verifica ad opera della Stazione appaltante dei requisiti generali di partecipazione alla gara in capo all’affittante (cfr. Cons. Stato n. 7022/2018 cit.)”.
Da ultimo, il Consiglio di Stato ha chiarito che, se in linea di principio non può essere preclusa la partecipazione alla gara all’operatore economico affittuario dell’azienda del fallito (ove si tratti di soggetto che non si trovi in stato di dissesto economico finanziario), non può tuttavia ritenersi ininfluente ai fini della partecipazione della gara dell’affittuario (in relazione all’accertamento della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. b) del D.lgs. 50/2016) la vicenda relativa al fallimento dell’affittante, dal quale il primo abbia mutuato i requisiti di partecipazione attraverso il contratto di affitto.
In conclusione, la sentenza in commento ha fissato i seguenti principi: i) il contratto di affitto di azienda ben può essere utilizzato, ai sensi dell’art. 76, comma 9, del d.P.R. 207/2010, per la dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione alla gara; ii) l’utilizzo del contratto di affitto impone alla Stazione appaltante di effettuare tale verifica prevista dall’ art. 80 D.Lgs. 50/2016 anche con riguardo all’affittante l’azienda poiché “chi si avvale dei requisiti dei terzi sul piano della partecipazione alle gare pubbliche, risente delle conseguenze sullo stesso piano, delle eventuali responsabilità”; iii) le conseguenze per l’insussistenza in capo all’affittante dei requisiti di cui all’art. 80 cit. non si ripercuotono sull’affittuaria solo se la stessa fornisce la prova (sulla stessa incombente) di una completa “cesura” tra le due successive gestioni.
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