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Nuovo Codice dei Contratti. Verso il ridimensionamento del principio di risultato

Dopo l’enfatizzazione del principio di risultato di cui all’art. 1 del Dlgs. n. 36/2023, operata da ultimo dalla sentenza del Consiglio di Stato – Sez. III  26.3.2024 n.  2866, sino ad adombrarne una  supremazia su altri valori costituzionali ed unionali (la concorrenza sarebbe solo un mezzo funzionale al risultato), con effetti  di  sindacabilità anche del merito dell’azione amministrativa, interviene un giudicato del Tar Emilia Romagna, Parma, Sezione I, 29 aprile 2024, n. 98 che, viceversa,  pare ridimensionarne la portata. 

I principi di legalità e concorrenza non vanno subordinati al risultato. Questo si ottiene non con la massima accelerazione delle procedure, anche “scavallando” altri principi dell’ordinamento, ma perseguendo contestualmente anche il “risultato di legalità”

L’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36 rubricato «Principio del risultato» prevede, al comma 1, che «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza».

Tale contenuto è richiamato nell’articolo 4, quale criterio interpretativo ed applicativo delle disposizioni del Codice.
Un principio che, seppure già immanente alla disciplina di azione della p.a. (“I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. – Costituzione – art. 97), è stato quindi in certa misura positivizzato dal nuovo Codice.

Afferma il Consiglio di Stato  nella sentenza Sez. III  26.3.2024 n. 2866  che «Il profilo causale del singolo provvedimento va così analizzato alla luce del collegamento che lo avvince alla complessa vicenda amministrativa, nell’ottica del risultato della stessa: tanto che autorevole dottrina ha in proposito proposto l’introduzione di “una nuova nozione, che può essere denominata operazione amministrativa, ad indicare l’insieme delle attività necessarie per conseguire un determinato risultato concreto”.
L’importanza del risultato nella disciplina dell’attività dell’amministrazione non va riguardata ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all’entrata in vigore del richiamato d. lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili».

L’idea che appare è che il principio del risultato consenta alla giustizia amministrativa di giudicare anche nel merito le controversie concernenti gli appalti. Con l’effetto paradossale di condizionare quella libertà di azione che si vorrebbe invece promuovere per l’efficientamento dell’azione della p.a.

Ne consegue che la corsa al risultato, in termini di rapidità ma anche di qualità dell’opera, del servizio o della fornitura, potrà essere invocata anche dai privati per contestare gli esiti non favorevoli di un appalto.    

Il caso specifico riguarda una procedura aperta per l’affidamento della fornitura e l’installazione di sistemi di anestesia e del relativo materiale accessorio (canestri monouso o pluriuso); in giudizio veniva contestata la conformità dell’offerta dell’aggiudicataria alla disciplina di gara.  Ciò in relazione alla mancata offerta di materiale di consumo (calce sodata) necessario nel caso di offerta di tale materiale accessorio non monouso, ma riutilizzabile.

In particolare, disciplinare e capitolato consentivano la fornitura di canestri sia monouso che riutilizzabili: ciò che permaneva controverso era se l’offerta dei secondi dovesse necessariamente implicare (anche) la fornitura di calce sodata necessaria per il loro utilizzo.

Il Consiglio di Stato afferma che l’offerta dell’aggiudicataria,  comprendente canestri  riutilizzabili  ma non la fornitura della calce sodata necessaria per il loro utilizzo (materiale non espressamente richiesto dagli atti di gara) è da ritenersi parziale, tale da rendere l’acquisto non autosufficiente, quindi non idoneo a garantire il risultato che la disciplina di gara espressamente aveva previsto con una clausola del capitolato: “Il risultato atteso è la fornitura in opera perfettamente funzionante delle apparecchiature”.

Alla luce di tali presupposti il Consiglio di Stato ha stabilito quindi che: “Non soddisfa certamente tale requisito la fornitura di apparecchiature che, come accennato, a fronte dell’apparente minor costo di acquisto implicano il necessario svolgimento di attività materiali e giuridiche aggiuntive: le quali, oltre ai costi relativi ai corrispettivi per l’acquisto degli ulteriori materiali necessari al funzionamento, comportano altresì dei costi relativi ai tempi e all’impiego delle risorse umane necessarie per il compimento delle relative procedure”.

Con sentenza  del Consiglio di Stato, sez. III, 15.11.2023 n. 9812, viene affermato che «La tutela della concorrenza e del mercato non deve trasmodare in un pregiudizio per la causa finale e per l’oggetto diretto e principale della tutela approntata dalla disciplina di settore, costituiti “dall’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, come recita l’attuale art. 1 del nuovo codice di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023, in quanto “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”».

Sul punto, con la sentenza 15.11.2023 n. 181, il TAR Trento  ha ritenuto conforme al principio del risultato il provvedimento di aggiudicazione impugnato, essendo risultata l’offerta dell’aggiudicataria tecnicamente ed economicamente più conveniente di quella della ricorrente, che invocava l’esclusione dell’aggiudicataria dalla procedura per asserita non conformità dell’offerta tecnica.

Per il Giudice Amministrativo il principio del risultato rappresenta quindi il criterio interpretativo a cui ricorrere per risolvere i casi di contrasto tra il “dato formale” del pedissequo rispetto del disciplinare di gara e il “dato sostanziale” della idoneità dei prodotti offerti dall’operatore economico (e dunque dell’interesse sostanziale dell’amministrazione alla spedita acquisizione dei beni richiesti e della conclusione in termini efficienti ed efficaci della complessa procedura selettiva).

Sulla stessa linea precedentemente si è espresso  il  TAR Catania, (sent. 12.12.2023 n. 3738), per cui il principio del risultato «costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale” ed è legato da un nesso inscindibile con la “concorrenza”, la quale opera in funzione del primo rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento. 

Orientamento riconfermato dal  Consiglio di Stato con sent. sez. V, 27.02.2024 n. 1924 Si tratta: «di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è:

a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto;

b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l’intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto».

Questo giudicato riguarda un errore nella compilazione dell’offerta indotto dalla equivoca predisposizione degli atti di gara. Questain nome del supremo obiettivo del “risultato”, pur viziata da errata formulazione del disciplinare, non va annullata.   

Viceversa, da ultimo, con il richiamato provvedimento (sent. n. 98/2024), Il TAR Parma ridimensiona la portata del principio di risultato.

Il consesso si esprime su una controversia riguardante l’affidamento del “servizio di locazione, installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di n° 4 postazioni fisse omologate per il servizio di controllo elettronico della velocità media ed istantanea con rileva-mento automatico di infrazioni al codice della strada”. Il principio di risultato sarebbe stato violato per la revoca dell’aggiudicazione in danno dell’operatore economico che aveva offerto la migliore proposta tecnico-economica, considerata però dopo approfondimenti  non conforme alle specifiche di omologazione  della strumentazione previste dagli atti di gara.

Secondo il TAR Parma “Il principio del risultato, introdotto con il nuovo Codice dei contratti pubblici, detta un’enunciazione di principio invero già implicita nella logica del sistema delle procedure ad evidenza pubblica, vale a dire che il primo obiettivo assegnato dal legislatore alle stazioni appaltanti è quello dell’affidamento dei contratti di appalto e di concessione in modo tempestivo, efficiente ed economico, dovendo tali risultati pur sempre coniugarsi con i principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Il principio del risultato, per come declinato dall’art. 1 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, consente di orientare l’operato delle Stazioni appaltanti attraverso due criteri di indirizzo:

a) il “criterio temporale” della tempestività dell’affidamento ed esecuzione del contratto, che impone alle Stazioni appaltanti il superamento delle situazioni di inerzia o di impasse per difficoltà connesse, tra l’altro, alla difficoltà di interpretazione delle disposizioni unionali e nazionali, oltre che da quelle fornite in sede pretoria, guardando al risultato attraverso l’applicazione di una regola per il caso concreto, pur sempre nel dovuto rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza;

b) il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto, la cui applicazione deve guidare la Stazione appaltante nella scelta della soluzione che consenta di addivenire all’ottimizzazione del rapporto tra il profilo tecnico-qualitativo dell’offerta e quello economico del prezzo da corrispondere.

Viene in rilievo, nel caso di specie, la dedotta violazione del “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto previsto dal principio del risultato, per aver l’Amministrazione provveduto alla revoca dell’aggiudicazione disposta a favore dell’operatore economico che aveva «offerto la migliore proposta tecnico economica».

Il principio del risultato in generale, e il “criterio qualitativo” dell’efficienza ed economicità dell’affidamento ed esecuzione del contratto contenuto in particolare, trovano quale limite esterno il rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Se la Stazione appaltante si è autovincolata con l’indicazione nella lex specialis di specifici requisiti tecnici dell’offerta, non è invocabile il principio del risultato per giustificare la scelta di un’offerta economica che, quantunque vantaggiosa sotto il profilo del rapporto qualità-prezzo, non corrisponda a siffatti requisiti, posto che ciò contrasterebbe non solo con il principio di legalità, ma anche con quello pro-concorrenziale della par condicio competitorum.

Orbene, nel caso di specie, l’offerta tecnica della ricorrente, anche ove in tesi vantaggiosa sotto il profilo qualitativo dell’efficienza ed economicità, risulta non conforme alla lex specialis del Capitolato speciale d’appalto, di talchè ove la Stazione appaltante avesse ritenuto, in applicazione del principio del risultato, di mantenere l’aggiudicazione a favore della xxx  sarebbe incorsa in una inammissibile violazione del principio di legalità e di quello della par condicio competitorum.

In conclusione, nel caso di specie, la revoca dell’aggiudicazione non risulta in alcun modo porsi in contrasto con il principio del risultato, risultando la stessa la necessaria e doverosa applicazione di quanto espressamente previsto dalla lex specialis e, pertanto, coerentemente adottata in conformità al principio di legalità e al principio della par condicio competitorum.

Ed infatti, l’offerta della ricorrente, mancando dei requisiti essenziali, non poteva in alcun modo soddisfare l’interesse dalla Stazione appaltante, in ragione della non utilizzabilità dei dispositivi privi del necessario decreto di approvazione.”