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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Il principio di equivalenza, già contenuto nel precedente Codice all’art. 68, è stato riconfermato sostanzialmente negli stessi termini dall’art. 79 e nell’Allegato II.5 al D.Lgs. n. 36/2023.
Allegato II.5 parte II
“1. Le specifiche tecniche sono inserite nei documenti di gara e definiscono le caratteristiche previste per i lavori, i servizi o le forniture. Tali caratteristiche possono riferirsi al processo o metodo di produzione o prestazione dei lavori, delle forniture o dei servizi richiesti, o a uno specifico processo per un’altra fase del loro ciclo di vita anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale, purché siano collegati all’oggetto dell’appalto e proporzionati al suo valore e ai suoi obiettivi.
(….) 6. Salvo che siano giustificate dall’oggetto dell’appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un operatore economico specifico, né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un’origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono tuttavia consentiti, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile applicando il punto 5. In tal caso la menzione o il riferimento sono accompagnati dall’espressione «o equivalente».
7. Quando si avvalgono della facoltà prevista dal punto 5, lettera a) o della possibilità di fare riferimento alle specifiche tecniche di cui al punto 5, lettera b), le stazioni appaltanti non possono escludere un’offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle prestazioni o ai requisiti funzionali, se vi ottemperano in modo equivalente, né perché non conformi alle specifiche tecniche, se si tratta di prestazioni conformi a una norma europea, a una omologazione tecnica europea, a una specifica tecnica comune, a una norma internazionale o a un sistema tecnico di riferimento adottato da un organismo europeo di normalizzazione che contemplano le prestazioni o i requisiti funzionali prescritti.
8. L’offerente dimostra, nella propria offerta, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 105 del codice, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente alle prestazioni, ai requisiti funzionali e alle specifiche tecniche prescritti.”
Il principio di equivalenza “permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, sul presupposto che la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità” (ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 10 febbraio 2022, n. 1006).
L’applicabilità del principio di equivalenza anche ai requisiti minimi qualificati come obbligatori dalla disciplina di gara è questione dibattuta.
Si confrontano pronunciamenti giurisprudenziali restrittivi, improntati al formalismo, con l’obiettivo di evitare che venga snaturato sotto l’aspetto strutturale l’oggetto di gara, con altri di tipo espansivo orientati ad un approccio funzionale alle specifiche tecniche, là dove venga provato (attraverso l’esplicitazione negli atti di gara degli obiettivi prestazionali, ovvero l’equivalenza funzionale venga accertata in fase di valutazione tecnica delle offerte) che le finalità dell’appalto possono essere soddisfatte anche con prodotti o servizi aventi caratteristiche strutturali diverse.
Incidono sul giudizio di equivalenza le specificità dei singoli bandi, la regolamentazione di gara, le modalità di caratterizzazione dell’oggetto del contratto, l’eventuale articolazione dei bisogni in lotti prestazionali diversi.
Secondo giurisprudenza, l’operatività o meno dell’equivalenza attiene alla distinzione tra requisiti tecnici minimi “strutturali” e “funzionali”. Nella prima tipologia l’equivalenza non sarebbe applicabile. La distinzione, però, “è molto sfumata e opinabile” (Cons. di Stato n. 4155/2024)
Un orientamento espansivo è rinvenibile nella recente sentenza del TAR Napoli 6 maggio 2024 n. 2959
Riguarda un contenzioso tra due aziende che nel tempo si è ripetuto più volte proprio sugli stessi prodotti: “in ben quattro pronunce è emerso, all’esito di un accurato esame, sul piano scientifico, delle loro caratteristiche e della loro funzionalità prestazionale, che i due prodotti si possono considerare equivalenti”.
“Il predetto principio presuppone, al pari di quanto ampiamente acclarato nell’odierna fattispecie, la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante, quale ‘conformità sostanziale’ con le dette specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte; ne deriva, sul piano applicativo, che, sussistendone i presupposti, la stazione appaltante deve operare il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti non già attenendosi a riscontri formalistici, ma sulla base di criteri di conformità sostanziale (e funzionale) delle soluzioni tecniche offerte, sì che le specifiche indicate dal bando vengono in pratica comunque soddisfatte (cfr. Cons. St., sez. V, 15/02/2024, n.1545; Cons. St., sez. III, 7 luglio 2021, n. 5169; id., sez. V, 25 marzo 2020, n. 2093).
In altri termini, il principio di equivalenza è finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta; lo stesso presuppone quindi la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante quale ‘conformità sostanziale’ con le dette specifiche tecniche, nella misura in cui quest’ultime siano nella sostanza soddisfatte.
Ne consegue che le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non possono essere intese come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della suddetta lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (Consiglio di Stato, sez. III, 06/09/2023, n. 8189).”
Sulla tematica dell’equivalenza si è pure recentemente espresso il Consiglio di Stato con sentenza 9 maggio 2024 n. 4155
Il caso di specie riguarda una procedura aperta per l’affidamento mediante Accordo quadro della fornitura di mezzi di osteosintesi e sintesi tendineo legamentosa occorrente alle esigenze delle Aziende Sanitarie della Regione Umbria.
“(….) Nell’economia complessiva delle questioni trattate in giudizio, non deve essere trascurato che il principio di equivalenza è stato introdotto nel sistema dal legislatore europeo (ex articolo 42, par. 6, della direttiva 2014/24/UE) al chiaro fine di evitare che le “specifiche tecniche” fossero utilizzate dalle stazioni appaltanti in modo restrittivo della concorrenza, richiedendo caratteristiche tecniche dei prodotti, se non addirittura riconducibili solo a specifici produttori o processi di produzione, idonee a limitare fortemente la platea degli operatori economici in possesso delle capacità tecniche che consentissero loro di partecipare alla procedura di affidamento.
Ne consegue la distinzione operata dalla giurisprudenza tra le “specifiche tecniche”, rispetto alle quali il principio di equivalenza è sempre applicabile, e i “requisiti minimi obbligatori”, che possono essere richiesti a pena di esclusione in quanto esprimono la definizione a priori dei bisogni dell’Amministrazione, e quindi hanno l’effetto di perimetrare a monte i tipi di prestazioni che sono state considerate idonee a soddisfare tali bisogni.
Va aggiunto che la giurisprudenza della Sezione ha ritenuto il principio di equivalenza estensibile anche ai requisiti minimi qualificati come obbligatori dalla disciplina di gara, ma ciò ha fatto – come riconosciuto dal primo giudice e non contestato dalle parti – sulla scorta di un approccio “funzionale”, ossia con riferimento a fattispecie in cui dalla stessa lex specialis (al di là di alcuni casi in cui era già quest’ultima a richiamare l’applicabilità del principio de quo anche ai requisiti tecnici minimi) emergeva che determinate caratteristiche tecniche erano richieste al fine di assicurare all’Amministrazione il perseguimento di determinate finalità, e dunque poteva ammettersi la prova che queste ultime fossero soddisfatte anche attraverso prodotti o prestazioni aventi caratteristiche tecniche differenti da quelle richieste (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 6 settembre 2023, n. 8189).
In tali ultimi casi, l’estensione in via giurisprudenziale dell’ambito di applicazione del principio di equivalenza, ancorché in sé e per sé non confliggente con il diritto europeo, trova fondamento – a ben vedere – non già nelle esigenze pro-concorrenziali perseguite dal citato articolo 42, par. 6, della direttiva 2014/24/UE, ma nel più generale principio del favor partecipationis (e, difatti, come già rilevato, trova il limite del rispetto della par condicio tra i concorrenti, che si verificherebbe laddove fosse consentito a un concorrente di offrire aliud pro alio).
Le considerazioni che precedono devono essere valutate con l’avvertenza che, nella giurisprudenza da ultimo citata, la distinzione – richiamata dal primo giudice nella sentenza qui appellata – tra requisiti tecnici minimi “strutturali” (a cui il principio de quo non sarebbe mai applicabile) e “funzionali” (per i quali varrebbe quanto sopra detto sub c) è molto sfumata e opinabile, essendo stato adottato l’approccio “funzionale” finanche per ammettere la possibilità di offrire prodotti di materiale diverso da quello richiesto a pena di esclusione dalla lex specialis (come nelle fattispecie esaminate in Consiglio di Stato, sez. III, 6 dicembre 2023, n. 10536, e 25 novembre 2020, n. 7404).
Pertanto, deve concludersi che la qualificazione in termini “strutturali” o “funzionali” di un requisito minimo prescritto dalla legge di gara non dipende dalla natura del requisito in sé considerata (per esempio previsione della composizione del prodotto in uno specifico materiale), bensì dall’esistenza o meno nella lex specialis dell’esplicitazione delle finalità e dei bisogni dell’Amministrazione che la previsione di una determinata caratteristica tecnica è destinata a soddisfare (e queste vi erano nelle fattispecie esaminate dalle richiamate sentenze n. 10536/2023 e n. 7404/2020).
È appena il caso di aggiungere che sul punto non è dato trarre argomenti ermeneutici utili neanche dal nuovo codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, il quale si limita a riprodurre il testo del previgente articolo 68 decreto legislativo n. 50/2016 nell’allegato II.5, e quindi in un testo destinato ad assumere rango regolamentare, con ciò mostrando di non aver tenuto conto degli approdi giurisprudenziali sopra richiamati (un principio di equivalenza di portata “espansiva” come quella sopra evidenziata avrebbe forse richiesto una disposizione primaria) e di aver – forse – voluto ribadire la circoscrizione della portata del principio in questione alla sola sfera delle “specifiche tecniche” (in senso stretto).”
Ad integrare il quadro valutativo, relativamente alle forniture, va considerata la differenza tra omologazione ed equivalenza, come sancita dalla Corte di giustizia dell’UE.
Consiglio di Stato, sez. V, 10.08.2023 n. 7727
Le norme di gara prevedevano che (….) “Dovrà essere certificato da parte dei produttori di ricambi che i materiali sono perfettamente intercambiabili con i componenti montati all’origine sul veicolo, senza dovere ricorrere ad alcun adattamento del componente o del sistema in cui deve essere montato. Rispetto ai ricambi originali devono presentare caratteristiche pari o superiori in merito a: durata temporale; dimensioni e relative tolleranze, grado di finitura superficiale; resistenza alla fatica, all’usura, al taglio, durezza, etc. (…)”;
– “i componenti soggetti ad omologazione (es: parabrezza, cinture di sicurezza, specchi retrovisori, luci, cristalli, pneumatici) sono ammessi come equivalenti a condizione che riportino il codice di omologazione ammesso per i veicoli cui è destinato il ricambio”.
“(….) 8.2. Riguardo alla seconda parte della prima questione pregiudiziale, la Corte di giustizia ha poi evidenziato che le nozioni di «omologazione» e di «equivalenza» hanno contenuti diversi: l’una certifica, a seguito dei controlli appropriati effettuati dalle autorità competenti, che “un tipo di componente è conforme alle prescrizioni della direttiva 2007/46, comprese le prescrizioni tecniche contenute negli atti normativi di cui all’allegato IV a tale direttiva”; l’altra attesta che un componente “abbia le stesse qualità di un altro componente, a prescindere dal fatto che quest’ultimo sia stato o meno omologato”. Pertanto, le relative prove, di omologazione e di equivalenza, non sono “intercambiabili”: sicché, per i componenti per cui la direttiva comunitaria 2007/46 prevede l’omologazione ai fini della vendita e messa in circolazione, “la prova dell’avvenuta omologazione non può essere sostituita da una dichiarazione di equivalenza resa dall’offerente” (par. 78 e 84 della sentenza).
8.3. Tali conclusioni, secondo la Corte di Giustizia, non sono messe in discussione:
a) né “dai principi di parità di trattamento e di imparzialità, di libera concorrenza e di buon andamento dell’amministrazione, ai quali il giudice del rinvio ha fatto riferimento”, trattandosi di obbligo che non dà luogo a una discriminazione dei produttori di pezzi di ricambio equivalenti rispetto ai produttori di ricambi originali (cfr. par. 78 e 79 della decisione);
b) né dalle disposizioni degli articoli 60 e 62 della direttiva 2014/25 riguardanti le modalità con cui i partecipanti a una procedura di affidamento possono dimostrare che le loro offerte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti nelle specifiche tecniche previste dai bandi di gara.
8.4. A quest’ultimo riguardo, la Corte di giustizia ha, infatti, precisato che se è vero che le richiamate norme della direttiva 2014/25 consentono di fornire tale prova con qualsiasi mezzo adeguato, allo scopo di realizzare l’obiettivo di una maggiore apertura degli appalti pubblici alla concorrenza, ciò, tuttavia, conformemente al considerando 56 della medesima direttiva non consente di prescindere dai requisiti imperativi imposti da altre norme del diritto dell’Unione, tra cui, per quanto di interesse, quelle in materia di sicurezza e protezione ambientale, quale è il requisito di omologazione stabilito, per questi medesimi motivi, dalla direttiva 2007/46 per taluni ricambi per veicoli (cfr. par. 90 e 91).”
Relativamente ai servizi, l’ANAC si è recentemente espressa sul principio di equivalenza con il Parere di precontenzioso 3 luglio 2024, n. 320
Il principio di equivalenza non può essere invocato nel caso in cui una Stazione appaltante, fin dalla fase di programmazione del suo fabbisogno e di indizione della proceduto, ha individuato una particolare tipologia di servizio di suo interesse, connotata da specifiche caratteristiche e modalità operative, e ritenuta l’unica idonea a soddisfare l’interesse pubblico sotteso alla selezione del contraente.
“RITENUTO che nel caso in esame non si ravvisa una violazione del principio di equivalenza (di cui all’art. 79 e all’allegato II.5 del D.lgs. n. 36/2023). Tale principio – che, come noto, permea l’intera disciplina della contrattualistica pubblica ed è applicabile anche in assenza di espressi richiami nella lex specialis di gara – presuppone la corrispondenza da un punto di vista sostanziale tra i servizi o i prodotti offerti con le caratteristiche di un servizio o un prodotto richiesto dalla Stazione appaltante e indicato con determinate “specifiche tecniche”. Tuttavia, tale principio non può essere invocato nel caso in cui una Stazione appaltante, fin dalla fase di programmazione del suo fabbisogno e di indizione della proceduto, ha individuato una particolare tipologia di servizio di suo interesse, connotata da specifiche caratteristiche e modalità operative, e ritenuta l’unica idonea a soddisfare l’interesse pubblico sotteso alla selezione del contraente. In questo caso, “in presenza quindi di una prestazione già definita dalla stazione appaltante nei suoi dettagli rispetto alla quale la legge di gara prevedeva esclusivamente un confronto competitivo basato sull’offerta del prezzo più basso – e relativamente alla quale, significativamente, la medesima legge di gara neppure menzionava la possibilità di prestazioni funzionalmente “equivalenti” a quanto ivi descritto – le eventuali difformità sostanziali del “prodotto” offerto rispetto a tali prescrizioni (…) venivano ad integrare un aliud pro alio, con conseguente esclusione dalla procedura” (come ben chiarito da Cons. Stato, sez. V, 8 maggio 2023, n. 4624). Pertanto, nel caso di specie, avendo Trentino Digitale S.p.A. indetto una procedura per l’affidamento del servizio di manutenzione con determinate caratteristiche ed avendo valutato che, per le ragioni tecniche di cui si è detto, era necessario prevedere determinate condizioni di esecuzione del contratto, non vi sono i margini per valutare un servizio “equivalente”.