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Si tratta dei Payback sui dispositivi sanitari, in merito ai quali la Regione Emilia Romagna chiede la totale abrogazione della norma “per salvaguardare la sanità pubblica e una filiera produttiva strategica per l’Emilia-Romagna e per il Paese”. I parlamentari del Pd Stefano Vaccari e Andrea De Maria hanno depositato una proposta di legge per l’abolizione retroattiva del meccanismo del payback per le aziende produttrici e di commercializzazione di dispositivi medici, per “superare una norma ingiusta e penalizzante per le aziende del comparto biomedicale, tutelando al contempo la tenuta dei conti della sanità regionale”.
Lettera degli gli assessori regionali Vincenzo Colla (Sviluppo economico) e Raffaele Donini (Politiche per la salute)
Ministero delle imprese e del made in Italy c.a. Ministro Adolfo Urso
Ministero della salute c.a. Ministro Orazio Schillaci
Ministero dell’economia e delle finanze c.a. Ministro Giancarlo Giorgetti
Gentilissimi, con la presente, anche a seguito dell’incontro del 23 settembre scorso alla presenza di Confindustria, CNA e Confartigianato e sentite Confcommercio e Confesercenti, vorremmo porre nuovamente alla Vostra attenzione la questione relativa all’introduzione – con il D.L. 78/2015, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015 n. 125, art. 18, comma 1 e modificato dall’art. 1, comma 557, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e con il D.L. n. 115/2022 (c.d. Decreto “Aiuti bis”), convertito con modificazioni dalla L. n. 142/2022 – del meccanismo del c.d. “payback” che – come sapete bene – pur avendo come obiettivo quello della razionalizzazione della spesa sanitaria per l’acquisto di dispositivi medici, sta mettendo in grave crisi non solo un settore strategico per il paese quale quello biomedicale e tutto l’indotto – creando il rischio di fallimenti e cali occupazionali senza precedenti – ma anche il sistema sanitario e ospedaliero in generale che rischia di trovarsi sempre più in difficoltà nella cura delle persone con nuovi prodotti e tecnologie.
Sebbene il Governo abbia cercato, con il D.L. 30 marzo 2023, n. 34, di attenuare gli impatti negativi del payback – stanziando la somma di 1.085 milioni di euro (di cui 88.623.366 per la Regione Emilia-Romagna), quale contributo statale per il ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici e introducendo la possibilità, per le aziende, di pagare la quota ridotta pari al 48% dell’importo indicato nel predetto provvedimento regionale, si ritiene che tale misura – insieme alle proroghe dei termini di pagamento disposte con vari decreti – non sia ancora sufficiente per scongiurare gli impatti che sono stati più volte stigmatizzati anche dalle associazioni imprenditoriali con argomentazioni più che condivisibili.
Una attenzione particolare è rivolta da CNA e Confartigianato agli impatti sull’ampia filiera del biomedicale costituita da una molteplicità di micro e piccole imprese. Confindustria dispositivi medici, inoltre, – nell’evidenziare come “il settore dei dispositivi medici sia molto complesso e variegato, composto da numerose categorie di prodotto (ben 13) che dimostrano come, a titolo di semplificazione, all’interno di un ospedale tutto ciò che non è farmaco è dispositivo medico: dal biomedicale, al biomedicale strumentale, ai dispositivi a base di sostanze, alla diagnostica in vitro fino ad arrivare all’elettromedicale, agli ausili e alla telemedicina” – ha con forza argomentato come il meccanismo del payback abbia conseguenze nefaste: – “per le imprese: date le cifre richieste le imprese medio piccole si trovano davanti a crisi profonde o a fallimenti, mentre le grandi imprese operanti a livello globale iniziano a considerare l’Italia un Paese non più interessante, programmando una veloce uscita dal mercato italiano”; – “per il SSN: il fallimento di molte Pmi e l’uscita dall’Italia dei grandi gruppi globali avrà come conseguenza l’assenza delle innovazioni e la carenza di dispositivi medici e, per tale ragione, è facilmente prevedibile l’arrivo di prodotti di scarsa qualità da parte di imprese poco qualificate”; – “per lo Stato: distruggere una filiera – quale quella dei dispositivi medici – che conta oltre 4.400 imprese, con circa 119mila occupati e genera circa 12 miliardi di fatturato, significa rinunciare a una quota di PIL non poco rilevante”; – “per i pazienti e i cittadini: la carenza di dispositivi medici e l’assenza delle innovazioni abbasseranno la qualità e l’efficacia delle cure del Servizio Sanitario Nazionale. Inoltre, le poche imprese che resteranno attive in Italia si concentreranno sul mercato degli erogatori privati e ciò darà vita – di fatto – a un doppio servizio sanitario: quello privato, per chi può permetterselo, in cui innovazione e qualità saranno garantite e quello pubblico, qualitativamente inferiore”; – “sulle previsioni di spesa e dunque sulla redditività delle aziende fornitrici, poiché la norma relativa al payback, prevedendo che sul disavanzo dei bilanci regionali sia fatto un calcolo complessivo, senza distinzioni tra le voci di spesa, comporta che chi produce o distribuisce bisturi chirurgici, ad esempio, venga chiamato a risanare uno sforamento del tetto di spesa causato da un eccesso negli acquisti di valvole cardiache. Aspetto, giudicato quantomeno controverso, se si considera che le gare bandite a livello regionale riguardano forniture pluriennali (solitamente tra i 5 e i 7 anni)”. Anche FIFO Sanità della Confcommercio, con un comunicato del luglio scorso, ha evidenziato come, “da uno studio di Nomisma da essa commissionato, rischiano il fallimento – per effetto dell’introduzione del meccanismo del payback – oltre 1400 aziende e il licenziamento di 190mila addetti ai lavori. Verrà meno una gran parte della fornitura agli ospedali di dispositivi medici anche salvavita come stent, valvole cardiache e quant’altro. Ci chiediamo come il personale sanitario riuscirà a garantire le regolari cure ai cittadini negli ospedali”.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte non ci resta che evidenziare che la posizione della Regione Emilia-Romagna in merito alla questione del payback è la medesima che è stata espressa da tutti coloro che ritengono questo meccanismo di ripianamento del tetto di spesa sanitaria sui dispositivi medici del tutto dannoso per il sistema economico e sanitario della nazione e del territorio regionale.
Chiediamo, pertanto, anche a nome della Giunta regionale, che la norma venga cancellata dall’ordinamento con effetto a partire dal 2019 non solo a salvaguardia della tenuta del Sistema Sanitario Nazionale e della tutela della salute dei cittadini, ma anche per evitare che la grave problematica da essa generata possa creare una fonte di incertezza per le imprese e per l’intera filiera produttiva.
Con riferimento al quadriennio 2015-2018, si chiede, inoltre, al Governo che vengano stanziate ulteriori risorse necessarie per azzerare l’onere a carico delle imprese e salvaguardare i bilanci della Sanità. Cordialmente
Assessori Vincenzo Colla Raffaele Donini