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Il valore dei farmaci equivalenti tra accesso alle cure e sostenibilità industriale

La disponibilità di prodotti equivalenti è diminuita nel corso del tempo: dal 2015 c’è stata una riduzione del 49% nella disponibilità di questi farmaci, con un aumento dei ritiri dal commercio del 12% e per alcune molecole oggi ci sono soltanto 1-2 produttori, cosa che rende il sistema vulnerabile alle interruzioni di fornitura. Se ne parla nella nuova puntata di Health Conversation.

Come evidenziato di recente dall’Osservatorio Nomisma, i farmaci equivalenti hanno consentito al Servizio sanitario nazionale di risparmiare oltre 6 miliardi di euro dal 2012 a oggi. Eppure il sistema produttivo italiano di questo settore attraversa una congiuntura particolarmente complessa sotto il profilo industriale la pressione di costi di produzione oneri regolatori, prezzi ex factory e gare al massimo ribasso di fattori che hanno determinato, specie negli ultimi anni una pesante erosione dei margini già esigui di profitto per queste aziende. Il tutto in un quadro di progressiva regressione della concorrenza nel settore farmaceutico. E’ questo il focus della nuova puntata di Health Conversation dal titolo “Il valore dei farmaci equivalenti tra accesso alle cure e sostenibilità industriale”, con il supporto non condizionato di Egualia.

“Gli equivalenti – spiega Stefano Collatina, presidente di Egualia – sono farmaci utilizzati nel 70% da pazienti con condizioni croniche. Quindi è un elemento fondamentale dell’armamentario terapeutico dei medici. Sono prodotti che oramai in Italia hanno dei prezzi particolarmente bassi. Il tema è che, a valle della pandemia, l’incremento dei costi che si pensava fosse transitorio è diventato permanente. Questo ha generato una riduzione dei margini che, in alcune condizioni, minano la sostenibilità di alcuni prodotti e, nel medio lungo termine la loro produzione. Di conseguenza, ciò che stiamo sostenendo ormai da un paio di anni è che non siamo più in grado di assorbire tutto quell’incremento dei costi e abbiamo bisogno di un supporto per continuare ad andare avanti. Soltanto nell’ultimo anno, come segnalato dall’Osservatorio Nomisma 2024 “Il mercato dei farmaci equivalenti in Italia”, l’incremento medio dei costi è stato del 9% e i prezzi delle gare non vengono nemmeno adeguati all’inflazione. Questo ha portato nel tempo una riduzione dei prodotti in grado di stare sul mercato, una riduzione delle aziende che producono questi prodotti e per gare laddove si osservava prima la presenza di 3-4 partecipanti, oggi tristemente ne abbiamo 1 o 2. Per cui nel caso in cui qualcosa andasse storto si rischia di avere un problema di produzione ed è qui che è necessario voltare pagina, cioè essere convinti del fatto che il farmaco è un bene meritorio. Ma nella Finanziaria abbiamo avuto qualche sorpresa che non va esattamente nella direzione di ciò che descrivo”.

“L’Italia non è mai stata né tra i Paesi più avanzati nell’utilizzo degli equivalenti – ha evidenziato Guido Rasi, consulente del ministro della Salute ed ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea dei medicinali (EMA) – né nell’opportunità di utilizzare in maniera ancora più intensa questi farmaci. E ha sofferto durante gli ultimi anni di alcune carenze importanti, per le quali anche i pazienti hanno fatto sentire la loro voce. L’Aifa in passato, non nella gestione attuale, non ha nemmeno saputo bene descrivere il livello delle carenze, quindi non c’è stata nemmeno la reale percezione di un fenomeno che non era un caso sfortunato, ma la punta di un iceberg che piano piano emergerà. E quindi ritengo che adesso si debbano valutare aspetti del sistema, che vanno comunque anche oltre l’Italia”.

La disponibilità di prodotti equivalenti è diminuita nel corso del tempo: dal 2015 c’è stata una riduzione del 49% nella disponibilità di questi farmaci, con un aumento dei ritiri dal commercio del 12% e per alcune molecole oggi ci sono soltanto 1-2 produttori, cosa che rende il sistema vulnerabile alle interruzioni di fornitura.

“In Italia – prosegue Collatina – i prodotti venduti in ospedale hanno prezzi inferiori in media del 30% rispetto ad altre nazioni. Altrove stanno reagendo al fenomeno delle carenze imponendo alle industrie produttrici di sottrarre una quota di volumi al mercato come una sorta di stock di sicurezza. Altra cosa che hanno fatto le industrie è cercare di portare la produzione degli impianti al massimo della capacità per diluire i costi fissi su ogni singola unità di farmaco e questo ha limitato la flessibilità del sistema. Qui i magazzini sono sempre più vuoti, per cui qualsiasi possibile crisi, che può trasformarsi nella decisione di una grande azienda di ritirare un prodotto dal commercio o un impianto produttivo impattato da fenomeni naturali, rischia di riflettersi sulle carenze. Le criticità che stiamo vivendo ad oggi non potranno che peggiorare finché non si cambia direzione. Il pericolo è assolutamente chiaro, evidente già da ora”.

Nel contesto internazionale l’Europa vive oggi una forte dipendenza da India e Cina per quanto riguarda la produzione di principi attivi ed eccipienti. Quali iniziative, sia a livello nazionale che europeo, potrebbero essere necessarie per invertire questa rotta? “A livello europeo – spiega Rasi – dovremmo arrivare a una visione d’insieme: per quanto riguarda gli accantonamenti, si potrebbe quantomeno imporre di segnalare criticità e di avere una flessibilità di ricircolo del mercato. L’Europa dovrebbe avere una visione di sé stessa più unitaria, cosa che aiuterebbe ogni singolo Stato a compensare nel momento del bisogno. In Italia il livello di consapevolezza negli operatori sta salendo e ora questa deve arrivare a livello di visione del governo. Credo che la nuova Aifa tenga tutto questo seriamente in considerazione laddove sta rivedendo tutta la sua normativa interna”. Quanto alla governance del sistema, “essa deve sempre più basarsi sull’evidenza. Il che significa iniziare a porsi delle domande precise, generare i dati in base a quelle domande, non raccoglierli ex-post, e quindi prendere decisioni informate. Se questo tipo di governance inizierà a prendere tale direzione, oggi tra intelligenza artificiale e accumulo di dati, volendo porsi delle domande canalizzando le evidenze verso obiettivi predeterminati, si può veramente fare la differenza”.

“Il messaggio finale potrebbe essere ‘salvate il soldato Ryan’. Perché come dicevo non c’è più tempo – prosegue Collatina – ci sono misure da intraprendete nel breve periodo e nel medio-lungo periodo. La prima è risolvere il problema del payback ai farmaci distribuiti in ospedale. Quando fu introdotta nel 2013 la compartecipazione al 50% lo sforamento del tetto da parte dell’industria valeva circa il 9% del fatturato di un’azienda. Ora siamo al 18%. Questo significa avere una tassa occulta del 18% o meglio una riduzione dei profitti del 18% dei farmaci distribuiti in ospedale. Ma anche per quanto riguarda i prodotti distribuiti nelle farmacie al pubblico, siamo oggetto di un payback. La nostra proposta era di eliminarlo perché normativamente era un percorso facile in finanziaria. La risposta del Governo è stata invece opposta, in legge di Bilancio all’Art. 57 troviamo misure che colpiscono ulteriormente l’industria. Chiediamo l’immediata cancellazione. Occorre lavorare nel breve termine e aprire un tavolo nel quale ridiscutere organicamente che cosa fare di questa industria con un’ottica che passa dal costo al valore”.

“Il dialogo deve rimanere aperto – conferma Rasi – per raccogliere immediate criticità che ci sono e che non possono aspettare una revisione di tutto il sistema. Ci vogliono correttivi immediati. Alcune richieste possono essere valutate rispetto alla attuale legge di bilancio. E intanto si possono mettere le radici profonde di una revisione del sistema”.