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Aggiudicazione illegittima e risarcimento del danno: la parola all’adunanza plenaria

a cura dell’avvocato Maria Ida Tenuta

Con l’ordinanza del 6 aprile 2021, n. 2753, il Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione della risarcibilità o meno dell’affidamento ingenerato nel concorrente dall’aggiudicazione di un appalto pubblico, poi revocata dall’Amministrazione in esecuzione di pronuncia giudiziale che ne ha accertato l’illegittimità.

In particolare,  l’ordinanza in commento rimette all’Adunanza Plenaria le seguenti questioni: a) se l’interessato ‒ a prescindere dalle valutazioni circa la sussistenza in concreto della colpa della pubblica amministrazione, del danno in capo al privato e del nesso causale tra l’annullamento e la lesione ‒ possa in astratto vantare un legittimo e qualificato affidamento su un favorevole provvedimento amministrativo annullato in sede giurisdizionale, idoneo a fondare un’azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione; b) in caso positivo, in presenza di quali condizioni ed entro quali limiti può riconoscersi al privato un diritto al risarcimento per lesione dell’affidamento incolpevole, con particolare riferimento all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale.

Il caso di specie ha ad oggetto la domanda di risarcimento del danno formulato dal concorrente risultato aggiudicatario, la cui aggiudicazione è stata revocata dalla stazione appaltante in quanto era stata considerata illegittima dal Consiglio di Stato.

Il Collegio rammenta che sul tema della risarcibilità della c.d. “aggiudicazione illegittima” sussiste un contrasto giurisprudenziale della cui composizione investe, quindi, l’Adunanza Plenaria.

Un primo orientamento ritiene che nessun risarcimento sia dovuto allorquando la sentenza di annullamento dell’aggiudicazione ne ha accertato l’illegittimità in quanto tale illegittimità comporta l’assenza di un danno ingiusto (Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 17 gennaio 2014, n. 183; nello stesso senso cfr. anche Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 29 ottobre 2014, n. 5346).

Un secondo orientamento giurisprudenziale è, invece, favorevole al riconoscimento della risarcibilità della lesione dell’affidamento del privato verso un provvedimento illegittimo, poi annullato in sede di autotutela o in sede giurisdizionale, seppur in presenza di stringenti limiti in tema di prova della colpa dell’amministrazione, del danno subito dall’istante e del nesso di causalità tra l’annullamento e il predetto danno.

Tale responsabilità risarcitoria della stazione appaltante viene ricondotta nell’alveo della responsabilità precontrattuale (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 20 dicembre 2017, n. 5980; Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 settembre 2011, n. 5002; T.a.r. Campania, Napoli, sezione VIII, sentenza 3 ottobre 2012, n. 4017, dove si riconduce, come nella sentenza impugnata, la tematica de qua alla responsabilità precontrattuale).

Nel rimettere la questione all’Adunanza Plenaria, il Consiglio di Stato afferma di aderire al primo dei due indirizzi giurisprudenziali, fornendo talune precisazioni.

In primo luogo, il Collegio ritiene che, seppur l’affidamento sia un istituto giuridico che assume rilievo anche nei rapporti tra la Pubblica Amministrazione e la parte privata (come affermato dall’Adunanza Plenaria n. 5/2018), lo stesso non possa assurgere a diritto soggettivo trattandosi di “una situazione giuridica dai tratti peculiari propri, idonea a fondare una particolare responsabilità, che si colloca tra il contratto e il torto civile” (Cons. Stato, ordinanza n. 2753/2021).

In secondo luogo, l’ordinanza in commento sostiene che per aversi un affidamento giuridicamente tutelabile in capo al privato, occorre, da un lato, una condotta della pubblica amministrazione connotata da mala fede o da colpa in grado di far sorgere nell’interessato, versante in una condizione di totale buona fede, un’aspettativa al conseguimento di un bene della vita e, dall’altro, che la fiducia riposta da quest’ultimo in un esito del procedimento amministrativo a lui favorevole sia ragionevole e non colposamente assunta come fondata in assenza di valide ragioni giustificatrici.

In buona sostanza, sussiste legittimo affidamento, rilevante ai fini del riconoscimento di una responsabilità di tipo precontrattuale, quando il privato che ha interloquito con la pubblica amministrazione, non soltanto non deve averla condotta dolosamente o colposamente in errore, ma deve vantare un’aspettativa qualificata, ovverosia basata su una pretesa legittima.

Nel caso in cui, come quello in esame, il provvedimento favorevole al privato sia revocato in esecuzione di una pronuncia giudiziale, l’eventuale affidamento del privato sarebbe pregiudicato non da una condotta dell’Amministrazione, la quale non ha modificato unilateralmente l’assetto d’interessi precedentemente delineato nell’esercizio del suo potere pubblicistico, ma, in sostanza, da un provvedimento promanante dal potere giurisdizionale.

Secondo il Collegio, nei confronti della sentenza che accerta l’illegittimità dell’aggiudicazione, da cui consegue la revoca del provvedimento, non può esserci in radice, per la natura terza del giudice, alcuna aspettativa qualificata all’accoglimento della pretesa risarcitoria.

In conclusione, l’ordinanza mette in luce la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale valorizzando la tesi della non risarcibilità dell’affidamento da provvedimento illegittimo allorquando tale illegittimità sia stata accertata da un giudizio terzo e imparziale, sicché la revoca da parte dell’Amministrazione assurge a mera esecuzione della pronuncia giudiziale.

In attesa di conoscere le determinazioni dell’Adunanza Plenaria sul punto, non sembra che il “cuore” della questione si sostanzi nella qualificazione del c.d. “legittimo affidamento” quale interesse legittimo o, invece, quale diritto soggettivo.

Ai fini della valutazione della fondatezza della pretesa risarcitoria sembra invece necessario verificare se l’affidamento riposto dal privato rispetto alla efficacia e stabilità del provvedimento favorevole sia o meno un affidamento legittimo.

In altri termini, pare che possa essere risarcito solo l’affidamento legittimo, ossia quello che scaturisce da una condotta della Pubblica Amministrazione connotata da mala fede o da colpa grave in grado di far sorgere nell’interessato, versante in una condizione di totale buona fede, un’aspettativa in relazione al conseguimento del bene della vita.

La buona fede del privato sussiste se, nell’aver interloquito con la pubblica amministrazione, lo stesso non l’ha condotta dolosamente o colposamente in errore.

Il legittimo affidamento prescinde dunque dall’effettiva dalla spettanza del bene della vita bensì richiede solo che tale aspettativa sia qualificata e che il privato, in totale buona fede, sia stato indotto a ritenere di poter conseguire il bene della vita dalla condotta colposa (e molto più raramente dolosa) dell’Amministrazione.

Alla luce dei criteri sopra indicati, ai fini della risarcibilità del danno precontrattuale sarebbe necessario non solo verificare le ragioni a fondamento dell’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione, ma soprattutto chiarire quale sia stata la dinamica dei comportamenti tenuti dalla parte privata e dall’Amministrazione nel corso della procedura selettiva e dopo l’aggiudicazione, e ciò indipendentemente dal fatto che tale illegittimità sia stata poi “sugellata” dalla pronuncia del Giudice e, successivamente, eseguita dall’Amministrazione mediante un provvedimento di revoca.

Non pare invece che la responsabilità precontrattuale in parola possa eludere i stringenti limiti in tema di prova della colpa dell’amministrazione, del danno subito dall’istante e del nesso di causalità tra l’annullamento e il predetto danno.

Diversamente opinando, in termini di tutela risarcitoria si equiparerebbe – illegittimamente – la lesione del legittimo affidamento alla posizione del concorrente che illegittimamente non ha conseguito l’aggiudicazione e che, non potendo subentrare nel contratto in corso, ha diritto ad ottenere un adeguato risarcimento del danno subìto.

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