Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Avv. Anna Cristina Salzano
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, con sentenza 722/2023 del 18 luglio 2023, si è pronunciato in merito alla verifica della sostenibilità di un’offerta in perdita o con un’utile esiguo.
Nello specifico, si trattava di una procedura negoziata per l’affidamento della fornitura e consegna di gasolio ad uso riscaldamento.
La società ricorrente, risultata seconda in graduatoria, censurava la valutazione di congruità dell’offerta dell’aggiudicataria lamentando la manifesta illogicità del procedimento condotto dalla stazione appaltante per non essersi avveduto – in considerazione della carenza di istruttoria – che l’offerta vincitrice è anormalmente bassa trattandosi addirittura di un’offerta in perdita.
Si rammenta infatti che, in materia di valutazione di congruità dell’offerta, sono cristallizzati quali principi costantemente affermati dalla giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, n. 3917 del 2021; Sez. V, n. 9139 del 2022) quelli che vedono l’amministrazione quale attore “dall’accertamento della serietà dell’offerta desumibile dalle giustificazioni fornite dalla concorrente” tale per cui “la valutazione sulla congruità dell’offerta resa dalla stazione appaltante, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, è sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o irragionevolezza, erroneità fattuale o difetto di istruttoria, che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta” (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 36 del 2012).
Conseguentemente, ritenuto anche che l’attività valutativa della stazione appaltante non deve “concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci, dal momento che l’obiettivo dell’indagine è l’accertamento dell’affidabilità dell’offerta nel suo complesso e non già delle singole voci che la compongono”, risulta evidente come il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta sia caratterizzato da un giudizio globale nonché sintetico, tale pertanto da rendere non necessariamente determinati ai fini dell’esclusione eventuali singole anomalie riscontrate in capo a specifici elementi di costo.
Tuttavia, le offerte economiche sottoposte al vaglio della verifica della loro serietà trovano come elemento cardine il soddisfacimento congiunto non solamente del principio amministrativo del buon andamento, essenziale ai fini del raggiungimento dello scopo pubblico, ma anche del principio dell’utile necessario, tale per cui l’offerta presentata debba apportare un guadagno in capo all’operatore economico.
Infatti, seppur essendo vero che un profitto esiguo non denota di per sé l’inaffidabilità dell’offerta è altrettanto vero che l’utile non può ridursi ad una cifra meramente simbolica, dovendosi ritenere che un’offerta non remunerativa o, addirittura, in perdita possa portare l’appaltatore ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso.
Orbene, nel caso di specie, il Giudice di prime cure ha ritenuto che dalla documentazione prodotta dalla società vincitrice e sottoposta al successivo vaglio dell’amministrazione non solamente non si evincesse “la sussistenza di un seppur minimo utile” ma, al contrario, “l’offerta [apparisse] in sensibile perdita”, tanto da risultare conseguentemente privo di soddisfacimento il principio dell’utile necessario prima ricordato.
Invero, ad eccezione degli enti privi di scopo di lucro, i quali sono ammessi a presentare un’offerta economica priva di margini di utile, ogni altro operatore economico interessato a partecipare ad un appalto pubblico necessita di soddisfare il requisito di presentazione di un’offerta il cui utile “non [si riduca] ad una cifra meramente simbolica […] o, addirittura, pari a zero, proprio a tutela di quell’effetto distorsivo della concorrenza e quale pregiudizio, per l’interesse stesso dell’amministrazione committente, che si verrebbe conseguentemente ad ingenerare”.
D’altro canto, pur ritenendosi fondamento giurisprudenziale cardine che “non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala” tanto da potersi affermare che “anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivante per l’impresa dall’essere aggiudicataria di un appalto pubblico e di averlo portato a termine” (Cons. Stato, V, 27 settembre 2017, n. 4527; 29 maggio 2017, n. 2556; 13 febbraio 2017, n. 607; 25 gennaio 2016, n. 242; III, 3 novembre 2016, n. 4671), permane tuttavia il vincolo dettato dal bilanciamento tra il recessivo interesse dell’operatore economico ed il prevalente interesse del committente pubblico a che il contratto derivante dall’affidamento sia eseguito correttamente e nel rispetto del principio amministrativo del buon andamento.
Nella sentenza in commento, il Collegio ha accolto il ricorso censurando l’attività di verifica dell’anomalia della stazione appaltante per carenza di istruttoria, sulla base del principio giurisprudenziale consolidato secondo cui “l’interesse del committente pubblico alla corretta esecuzione del contratto prevale su quello dell’operatore economico, sovente invocato nei casi di guadagno scarso o inesistente, ad acquisire prestigio, esperienza professionale e fatturato da utilizzare in vista della partecipazione a future gare, profili che possono essere valorizzati solamente nelle ipotesi in cui l’utile sia modesto ma non irrisorio (in tal senso cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 3 luglio 2023, n. 6424; Cons. St., sez. V, 27 settembre 2022, n. 8330; Cons. St., sez. III, 28 luglio 2022, n. 6663; Cons. St., sez. III, 10 luglio 2020, nn. 4450-4451; Cons. St., sez. V, 27 novembre 2019, n. 8110; Cons. St., sez. V, 15 aprile 2013, n. 2063)”.
Ed infatti nel caso all’attenzione del TAR Liguria l’aggiudicataria aveva dichiarato che l’esecuzione dell’appalto avrebbe permesso “di godere di condizioni favorevoli, senza [tuttavia] dimostrarle concretamente e senza illustrare i risultati delle invocate situazioni di vantaggio”, con ciò contraddicendo il principio cardine dell’utile necessario e pertanto “la ratio essendi degli enti che operano sul mercato in una logica economica”.
In definitiva risulta che, seppur nell’evidenza che l’indice di serietà ed affidabilità di un’offerta presentata da un operatore economico non precluda a quest’ultimo di riservarsi solamente un ridotto margine di utile, la sussistenza di un’offerta non remunerativa o, addirittura, in perdita sia da considerarsi lesiva dei principi cardine del corretto agere amministrativo e, conseguentemente, fonte di inaffidabilità in riferimento alla società offerente.