Codice dei Contratti. Principio di prossimità e libera concorrenza

La declinazione della “clausola territoriale” per favorire le PMI, tra requisito di partecipazione, premialità in gara, obbligo contrattuale in fase di esecuzione. Illegittima, secondo un recente pare del MIT, la selezione degli operatori economici da invitare alle procedure negoziate adottando un criterio territoriale.

A legislazione attuale, Il principio di prossimità sarebbe ammissibile solo quale criterio premiale in gara (per “sede operativa” di prossimità già posseduta o per impegno a costituirla in caso di aggiudicazione?)  o come requisito di esecuzione del contratto.  

Vigente il precedente Codice, che non trattava espressamente di possibili clausole territoriali, si era formato un orientamento regolatorio e giurisprudenziale contrario all’introduzione di “sbarramenti” territoriali negli appalti pubblici, anche per illegittimità costituzionale.

Sotto un duplice profilo, in particolare per quanto attiene la competenza delle Regioni a legiferare in materia, e la compatibilità di dette norme con le direttive europee in tema di contratti pubblici. In tal senso la Consulta si esprime con la sentenza 27 maggio 2020, n. 98, la quale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale di una legge della Regione Toscana che prevedeva la possibilità, per affidamenti di lavori pubblici da aggiudicarsi mediante procedura negoziata sottosoglia comunitaria, di riservare una quota di partecipazione alle PMI del territorio. In sostanza, la Regione Toscana consentiva di destinare agli operatori economici regionali la metà degli inviti a presentare offerta.

Nella proposizione del ricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato l’art. 10, comma 4, della L.R. Toscana, 16 aprile 2019, n.18, in quanto la riserva, così come formulata, sarebbe stata illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione. In particolare, la previsione normativa, ad avviso della ricorrente Presidenza del Consiglio, si sarebbe posta in contrasto anche con l’art. 30, comma 1, e 36 del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (all’epoca vigente), che imponeva il rispetto dei principi di libera concorrenza e non discriminazione. La previsione della riserva avrebbe comportato una «limitazione della concorrenza che non è giustificata da alcuna ragione se non quella – vietata – di attribuire una posizione di privilegio alle imprese del territorio per favorire l’economia regionale».

Inoltre, la ricorrente ha censurato la norma regionale sotto il profilo della competenza, dal momento che risultava invasiva della competenza esclusiva del legislatore statale in materia di tutela della concorrenza.

La Corte ha ritenuto il ricorso fondato, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma regionale per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.

Nello specifico, hanno affermato che la disposizione regionale «contrasta […] con l’art. 30, comma 1, cod. contratti pubblici perché viola i principi di libera concorrenza e non discriminazione in esso sanciti, e con l’art. 36, comma 2, dello stesso codice perché introduce una possibile riserva di partecipazione». Infatti, così come formulata, «non è diretta a favorire le micro, piccole e medie imprese tout court, quanto invece le «micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale»].

Sulla stessa linea un ulteriore pronunciamento della Consulta Corte Costituzionale (sentenza 9 marzo 2021, n. 31), chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di una legge sempre della Regione Toscana (Legge Regione Toscana, 10 dicembre 2019, n. 75), volta ad incentivare, attraverso il finanziamento di progetti pilota, l’introduzione di prodotti a chilometro zero nelle mense scolastiche.

Nello specifico, viene censurata la nozione di «chilometro zero», secondo cui «è delineato, in difformità da quanto previsto dalla sopra ricordata normativa statale, solo in base alla produzione e trasformazione del prodotto all’interno della Regione Toscana, escludendo così le aree di prossimità extra-regionali, che ben potrebbero offrire prodotti con analoghe caratteristiche e che comportino persino una minore distanza tra produzione e consumo».

Con un terzo giudizio di legittimità costituzionale (Corte Costituzionale, sentenza 14 gennaio 2022, n. 4) la Corte ha cassato una legge della Regione Piemonte (Legge Regione Piemonte 9 luglio 2020, n. 15), emanata durante il periodo emergenziale Covid, che consentiva, in via transitoria, di introdurre criteri premiali nell’attribuzione dei punteggi agli operatori economici che, in caso di aggiudicazione, si impegnavano a utilizzare manodopera stanziata sul territorio regionale.

Legittimata invece la Legge della Provincia autonoma di Trento 21 ottobre 2020, n. 9, in quanto la richiesta di una sede operativa in loco riguardava solo l’esecuzione del contratto.

In linea con i pronunciamenti della Consulta sono, tra le altre, le sentenze del Consiglio di Stato n. 5461/2018, n. 605/2019, n. 3147/2019.

E, in sede regolatoria, le Delibere ANAC n. 1142/2018 e 1026/2020, nonché il Parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) AS1322/2016 va rilevato che, per quanto le condizioni di prossimità vengano generalmente associate ad un favor partecipativo per le PMI, si tratta di condizioni differenti e separate, posto che possono aspirare agli appalti pubblici PMI non di prossimità e imprese non PMI localizzate in prossimità al luogo di esecuzione dell’appalto.   La distinzione viene in evidenza dopo l’approvazione del correttivo al codice dei contratti (D.Lgs. n. 209/2024), in relazione alla possibile riserva di forniture alle PMI nel sottosoglia dove, correttamente, la riserva non è condizionata ad un requisito di prossimità delle PMI stesse. (D.Lgs. n. 36/2023 e s.m. – art. 61 (Contratti riservati)) 

Relativamente al quadro normativo attuale relativo al principio di prossimità possono essere richiamate le seguenti disposizioni:

D.Lgs. n. 36/2023    Art. 58. (Suddivisione in lotti)

1. Per garantire la effettiva partecipazione delle micro, delle piccole e delle medie imprese, anche di prossimità, gli appalti sono suddivisi in lotti funzionali, prestazionali o quantitativi in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture.(….)”

La ratio del provvedimento sta nel fatto che, ameno in teoria, la divisione in lotti consente alle piccole e medie imprese, proprio per mezzo del singolo lotto, una partecipazione meno onerosa sia dal punto di vista dei requisiti di partecipazione, che dal punto di vista della prestazione richiesta. Con ciò si ottiene anche indirettamente un ampliamento della concorrenza.

D.Lgs. n. 36/2023 –  Art. 108 c. 7 (Criteri di aggiudicazione)

“7. I documenti di gara (….)  indicano i singoli criteri di valutazione e la relativa ponderazione,(…) le procedure relative agli affidamenti di cui al Libro II, parte IV, possono prevedere, nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito, criteri premiali atti a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese nella valutazione dell’offerta e a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l’affidamento ad operatori economici con sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento. (….)Le disposizioni di cui al terzo e quarto periodo si applicano compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità. (…..)”

D.Lgs. 36/2023 – Art. 10 c. 3 (Tassatività delle clausole di esclusione).  Prevede che, “fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività  professionale, le stazioni appaltanti possono introdurre requisiti speciali, di carattere  economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo  presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purchè sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle PMI. “ 

Legge 206/2023 – Art. 16 (Promozione e tutela del made in Italy)

Con Legge 27 dicembre 2023, n. 206, sono state introdotte disposizioni volte alla promozione del made in Italy. All’art. 16, c.1, vengono dettate specifiche disposizioni sull’approvvigionamento di forniture per le amministrazioni pubbliche, con l’obiettivo di valorizzare e tutelare la qualità dei prodotti italiani ed europei e al fine di promuovere l’effettiva partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, anche di prossimità, alle procedure di affidamento degli appalti pubblici.

“sede secondaria”, “sede operativa” o “idoneità operativa”?

Il criterio del possesso della sede legale o di una “sede operativa” come elemento valutabile in gara o prescrizione in fase di esecuzione contrattuale è stato stigmatizzato nella già citata delibera ANAC 1026 del 2020 (vigente il D.Lgs. n.50/2016), in quanto il criterio dell’idoneità operativa rispetto al luogo di esecuzione dei lavori “non concerne la distanza della sede legale/operativa dal luogo di esecuzione dei lavori ma esclusivamente la capacità dell’impresa di intervenire, attraverso la propria organizzazione, in un determinato territorio” (delibera n. 1148 del 12.12.2018).

Per inciso, il provvedimento ANAC riteneva allora “congruo l’inserimento del criterio dell’idoneità operativa tra i criteri di selezione degli operatori da invitare ad una procedura negoziata, come già chiarito dall’Autorità nella precedente determinazione AVCP n. 2 del 6 aprile 2011.”

Relativamente alla loro localizzazione e funzione, il Registro delle Imprese, opera la seguente distinzione:

SEDE SECONDARIA

Ogni impresa deve avere sempre almeno una localizzazione definita Sede legale, e tutte le altre eventuali localizzazioni aperte dopo la prima possono essere di due tipi, ovvero Unità locale o Sede secondaria. La Sede secondaria è quindi una sede diversa dalla legale: secondo il Codice Civile (art.2197 c.c.) una localizzazione può essere considerata Sede secondaria soltanto se è organizzata con una “rappresentanza stabile” e prevista dall’atto costitutivo o da una sua modificazione.  (FONTE: REGISTRO IMPRESE)

unità locali di un’impresa

Per unità locali si intendono impianti operativi o amministrativi e gestionali (es. laboratorio, officina, stabilimento, magazzino, deposito, ufficio, negozio, filiale, agenzia, etc.) ubicati in luoghi diversi da quello della sede legale, nei quali si esercitano stabilmente una o più attività specifiche tra quelle dell’impresa. L’impresa plurilocalizzata, pertanto, è un’impresa che svolge le proprie attività in più luoghi, ciascuno dei quali costituisce un’unità locale.

SEDE OPERATIVA

La Sede operativa è uno dei luoghi dove viene effettivamente svolta l’attività imprenditoriale. Può coincidere o no con la Sede legale, e deve essere regolarmente comunicata alla Camera di Commercio competente.

Nell’attuale quadro normativo si ha una esplicita legittimazione della sede operativa, quale elemento rappresentativo del requisito della territorialità, in quanto espressamente prevista dal già richiamato art. D.Lgs. n. 36/2023 –  Art. 108 c. 7

I più recenti interventi regolatori puntualizzano l’utilizzabilità di clausole territoriali in riferimento al D.Lgs. n. 36/2023.

Anac  Delibera n. 1/2024 Adunanza del 10 gennaio 2024

(….) Giova premettere un quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento. Nella vigenza del precedente codice degli appalti (d.lgs. 50/2016), secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex plurimis Cons. St., V, 605/2019; Cons. St., V, 2238/2017; Delibera ANAC 1142/2018), era considerato illegittimo il requisito di partecipazione condizionato da una clausola territoriale, in quanto quest’ultima era ritenuta limitativa della concorrenza e della par condicio competitorum, anche se prevista nell’ambito degli affidamenti sotto soglia comunitaria (cfr. C. Cost. 98/2020; C. Cost. 28/2013, che hanno dichiarato la illegittimità costituzionale di alcune norme regionali). Più di recente, si è efficacemente affermato che “sulla questione della legittimità delle clausole della lex specialis che prescrivono requisiti di partecipazione alla gara correlati ad elementi di localizzazione territoriale, o che ad essi attribuiscono un maggior punteggio in sede di valutazione delle offerte, la giurisprudenza ha avuto modo, anzitutto, di precisare che il criterio della territorialità è illegittimo soltanto ove posto come requisito di partecipazione, impattando frontalmente una previsione di tal tipo con i principi del favor partecipationis e della par condicio tra i concorrenti, in ogni possibile loro declinazione. Viceversa, ove detto criterio venga posto quale requisito di esecuzione del contratto o rilevi come parametro per l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo, la valutazione della compatibilità della clausola con i principi che informano la materia della contrattualistica pubblica dev’essere condotta caso per caso, non potendo a priori la valorizzazione del collegamento con il territorio ritenersi irragionevole” (TAR Calabria, 901/2021).

Sempre nella vigenza del precedente codice, in materia di appalti di rifiuti, la giurisprudenza ha talvolta considerato ammissibile un requisito di partecipazione condizionato dalla clausola di territorialità ( disponibilità del sito di conferimento nel raggio di 30 km dal comune di Roma – Cons. St., V, 2238/2017 – o addirittura di n. 3 regioni -Cons. St., III, 2293/2020 -) , in via eccezionale e sulla base della considerazione per cui tale clausola fosse concretamente prevista a tutela dell’ambiente, in applicazione del principio di prossimità previsto dall’art. 181 D. Lgs. n. 152/2006. 

Di recente, tuttavia, in un caso relativo ad un affidamento diretto per la gestione del servizio integrato dei rifiuti, il Consiglio di Stato ha offerto un’illuminante interpretazione del rapporto tra i principi di prossimità (di cui all’art. 181 d.lgs. 152/2006) e di concorrenza (operante nell’evidenza pubblica), affermando che: “9.2. Il principio di “prossimità agli impianti di recupero”, pur essendo, a sua volta, teleologicamente connesso alla tutela ambientale, non comprime in maniera assoluta la concorrenza, consentendo, come sostenuto dalla Regione, l’affidamento diretto e senza gara di un appalto o di una concessione di servizi, ma permettere di valorizzare – in base a quello che si ricava dalla normativa nazionale e salva la pregiudiziale valutazione di compatibilità euro-unitaria ad opera della competente Corte sovranazionale , nell’ambito del procedimento di selezione dell’affidatario del servizio svolto mediante gara, quelle offerte che ne garantiscono maggiormente il rispetto. 

L’attuale quadro normativo, infine, è stato significativamente innovato dal d.lgs. 36/2023, il quale ha riservato al principio di accesso al mercato un ruolo centrale (art. 3) e fondante (art. 4). Infatti, ancora più chiaramente, la relazione di accompagnamento al codice ha precisato che i “primi tre principi, che devono essere utilizzati per sciogliere le questioni interpretative che le singole disposizioni del codice possono sollevare. Nel dubbio, quindi, la soluzione ermeneutica da privilegiare è quella che sia funzionale a realizzare il risultato amministrativo, che sia coerente con la fiducia sull’amministrazione, sui suoi funzionari e sugli operatori economici e che permetta di favorire il più ampio accesso al mercato degli operatori economici”. Nell’ambito del nuovo codice, inoltre, i requisiti di partecipazione sembrano tassativi ed eventualmente integrabili prevalentemente in ottica pro-concorrenziale. Infatti: l’art. 100 co. 12 d.lgs. 36/2023 stabilisce che le stazioni appaltanti richiedono i requisiti di partecipazione previsti esclusivamente dall’art. 100 stesso, dall’art. 102 d.lgs. 36/2023 o da leggi speciali; l’art. 10 co. 3 d.lgs. 36/2023 prevede “Fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese”. Al contrario, le clausole territoriali, disciplinate dal citato art. 108 co. 7 d.lgs. 36/2023 – che definisce i criteri aggiudicazione degli appalti pubblici – sembrano essere esclusivamente previste quale requisito premiale, in quanto volte “a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l’affidamento ad operatori economici con sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento” compatibilmente “con il diritto dell’Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità”. In sintesi, allo stato e sulla base dei più recenti approdi giurisprudenziali, il principio concorrenziale sembra prevalere rispetto al principio di prossimità ambientale (di cui le clausole territoriali sono un portato). Sicché, ove nell’ambito dell’evidenza pubblica sia necessario integrare i due principi, la clausola territoriale appare declinabile quale criterio premiale da valorizzare nell’ambito dell’offerta tecnica e non quale requisito di partecipazione.

Quesito al Ministero delle Infrastrutture n. 3052 del 30.1.2025

La Delibera ANAC di cui sopra viene ripresa nell’ambito della risposta al Quesito MIT 3052   del 30.1.2025, in riferimento alla possibilità di utilizzare criteri di prossimità territoriale nell’invito a procedure negoziate. 

“Quesito: In più parti del Codice, compare il “principio della prossimità territoriale a favore delle MPMI”: esso è indicato agli artt. 58, c. 1 e 108, c. 7, ma lo si può desumere e rilevare anche all’art. 62, c. 5, let. f) e c. 6, let. d), quando viene indicata la “preferenza per il territorio regionale di riferimento”. Successivamente all’entrata in vigore del Codice, è inoltre entrata in vigore la L. n. 206 del 27/12/2023 nella quale, all’art. 16, c. 1, vengono dettate disposizioni volte a promuovere l’effettiva partecipazione delle MPMI di prossimità, alle procedure d’affidamento negli appalti pubblici. Tutto ciò premesso si chiede se, nella diretta selezione degli operatori economici da elenchi percostituiti, per l’invito alle procedure negoziate, nell’ambito della discrezionalità in capo alla Stazione Appaltante si possa, “cum grano salis”, utilizzare anche il principio in parola per individuare le ditte. Quanto precede anche in applicazione del principio della fiducia di cui all’art. 2 ed in ragione del fatto che, ai sensi dell’art. 50, c. 2 del Codice, è vietato l’utilizzo del sorteggio, novità che ha creato non poche difficoltà operative agli addetti di settore.

Risposta aggiornata: Come evidenziato nella relazione di accompagnamento al codice sui contratti pubblici, si ricorda che i primi tre principi, ovvero art. 1 (principio del risultato), art. 2 (principio della fiducia) e art. 3 (principio dell’accesso al mercato) devono essere utilizzati per sciogliere le questioni interpretative che le singole disposizioni del codice possono sollevare. Come indicato da ANAC nella delibera n. 1/2024, nel dubbio, quindi, la soluzione ermeneutica da privilegiare è quella che sia funzionale a realizzare il risultato amministrativo che sia coerente con la fiducia sull’amministrazione e sugli operatori economici e che permetta di favorire il più ampio accesso al mercato degli operatori economici. Riguardo al principio di prossimità, introdotto dal nuovo Codice dei contratti pubblici agli articoli 58 co 1 e 108 co 7, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che il criterio della territorialità è illegittimo ove posto come requisito di partecipazione, impattando frontalmente con i principi del favor partecipationis e della par condicio tra i concorrenti, in ogni possibile loro declinazione; viceversa, ove detto criterio venga posto quale requisito di esecuzione del contratto o rilevi come parametro per l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo, la valutazione della compatibilità della clausola con i principi che informano la materia della contrattualistica pubblica dev’essere condotta caso per caso (TAR Calabria, 901/2021). In sintesi, allo stato e sulla base dei più recenti approdi giurisprudenziali, il principio concorrenziale sembra prevalere, sicché la clausola territoriale appare declinabile quale mero criterio premiale da valorizzare nell’ambito dell’offerta tecnica e non quale requisito di partecipazione. In tal senso Anac con delibera 1/2024, secondo cui “nel rinnovato quadro normativo e sulla base della più recente giurisprudenza la clausola territoriale pare, dunque, poter assumere rilievo esclusivamente quale elemento premiale ai sensi dell’art. 108, co. 7, d.lgs. 36/2023. Conseguentemente, laddove la stazione appaltante volesse introdurre la clausola di territorialità quale requisito di partecipazione, la stessa sarebbe illegittima in considerazione della sua lesività in concreto per la concorrenza. Nel bilanciamento di diritti, emerge quindi chiaramente la volontà di far prevalere il principio concorrenziale su quello di prossimità ambientale, di cui le clausole territoriali sono la declinazione più evidente e diffusa.” Per le considerazioni sopra scolte, la risposta è negativa. Infine si fa presente che nelle disposizioni da voi richiamate di cui all’art. 62, c. 5, let. f) e c. 6, let. d) la locuzione “con preliminare preferenza per il territorio regionale di riferimento” deve essere riferita all’individuazione delle centrali di committenza qualificate e dei soggetti aggregatori. (Parere MIT n. 3052/2025).”

Requisito premiale già posseduto o impegno a soddisfarlo in caso di aggiudicazione?

Tar Valle D’Aosta, 17 settembre 2018, n. 44

“(….)  la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di rilevare il carattere anticoncorrenziale di tutte quelle clausole dei bandi di gara che richiedono alle imprese partecipanti, quali requisiti di partecipazione alla gara o criteri tecnici per il riconoscimento di un maggior punteggio, l’ubicazione della sede operativa entro una certa distanza rispetto al servizio da espletare o la disponibilità di strutture o uffici operativi prima dell’aggiudicazione della gara (in questo senso, ex plurimis, C. Stato, Sez V, 12 luglio 2004, n. 5049 e T.A.R. Latina, (Lazio), Sez. I, 20/12/2017, n. 637).

(…..) Alla luce di quanto sopra detto, è evidente che la previsione oggetto di contestazione deve essere interpretata nel senso che il maggior punteggio va riconosciuto a chi al momento della partecipazione alla gara si offra di dotarsi, in caso di aggiudicazione, di un ufficio operativo conforme alla previsione del disciplinare, dovendo poi, il concorrente vincitore che abbia fatto valere tale requisito, effettivamente garantire l’esistenza dell’ufficio per tutta la durata del rapporto contrattuale.”