Indirizzo

Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Correttivo al Codice dei contratti. Il Consiglio di Stato “bacchetta” il governo per il mancato coinvolgimento nella fase elaborativa del provvedimento

Nel merito dello schema normativo, pollice verso sull’”accordo di collaborazione plurilaterale” nella fase esecutiva dell’appalto. Legittimazione, invece, di appalti riservati a PMI nel sottosoglia, in quanto “Si tratta di una nuova ed autonoma ipotesi di riserva, che non si pone, ad una valutazione prima facie, in contrasto con le direttive europee”.

Nel fornire il prescritto parere allo schema di decreto legislativo modificativo del D.leg. n. 36/2023 (Parere n. 1463 del 2 dicembre 2024), i giudici di Palazzo Spada evidenziano che l’Esecutivo non si è avvalso del loro contributo consultivo, consistente nell’elaborazione dello schema normativo, come avvenuto per la stesura originale del Codice.

Ciò in contrasto con l’indicazione, prevista dalla legge delega del 2022, circa l’adozione, nei correttivi, della “stessa procedura” adottata per la predisposizione della norma originaria. Una omissione che comporterebbe il rischio di un eventuale sindacato di legittimità formale, in ordine al rispetto della legge di delegazione.

Evidenzia il Consiglio di Stato che lo schema di decreto legislativo rinviene la sua base legale nell’articolo 1, comma 4, della legge 21 giugno 2022, n. 78, il quale – contestualmente al conferimento della delega ad adottare, nel rispetto dei principi e criteri direttivi individuati, “uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici” – ha abilitato il Governo ad apportarvi, entro il biennio successivo dalla entrata in vigore della normativa delegata,con la stessa procedurae nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi, le correzioni e le integrazioni che la pratica [avesse reso] necessarie ed opportune”.

Il positivo riferimento alla “stessa procedura” rende chiaro che gli “adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione” (cfr. articolo 14, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400) sono definiti, relativamente all’intervento normativo correttivo ed integrativo in esame, per relationem, con l’unitario e comprensivo richiamo alla medesima sequela formale scandita per l’esercizio della delega.

L’iter procedimentale prevede, per tal via:

a) l’iniziativa rimessa ad una proposta congiunta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (ora: Ministro delle infrastrutture e dei trasporti);

b) un’articolazione istruttoria rimessa al concerto da parte dei “Ministri competenti”;

c) la (previa) acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. 

Peraltro, come è noto, nell’esercizio della delega, esitato nel decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, che ha approvato il “Codice dei contratti pubblici”, il Governo ha inteso avvalersi della facoltà – riconosciutagli, in termini generali, dall’articolo 14 del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, ed espressamente conferita, con integrazioni prescrittive, dalla legge delega – di affidare al Consiglio di Stato, in sede consultiva, l’elaborazione dello schema normativo.

Di tale facoltà, per contro, il Governo non ha inteso avvalersi ai fini della predisposizione dello schema di decreto in esame.

Sul punto, la scelta non si sottrae a qualche profilo di criticità logico-giuridica.

Vero è, infatti, che il sintagma “stessa procedura”, non esente da un obiettivo margine di ambiguità, potrebbe essere acquisito in astratto: cioè nel senso che – fermi restando gli adempimenti procedimentali stabiliti, in ogni caso, in modo rigido e vincolante – in sede di elaborazione del correttivo si rinnoverebbe e riattiverebbe la (medesima e potenziale) facoltà (e, in definitiva, non l’obbligo) di avvalersi dell’apporto consultivo e redazionale del Consiglio di Stato.

Nondimeno, ragioni di coerenza logica e pratica, prima che testuale, sembrano prima facie militare negli opposti sensi di una simmetria formale effettiva, cioè in concreto: sicché la scansione formale dell’intervento correttivo ed integrativo avrebbe verisimilmente dovuto mimaredi fatto, la stessa seguita (rendendo coerente, in via definitiva, la relativa opzione) nella predisposizione del ‘Codice’, anche con riguardo al ruolo del Consiglio di Stato. (….)

In definitiva, si ritiene non inopportuno segnalare il rischio, potenzialmente rilevante ai fini di un eventuale sindacato di legittimità formale, in ordine al rispetto della legge di delegazione, e relativo alla circostanza che la redazione del Codice, e la sua integrazione e correzione, siano state, in concreto, operate, in parte, seguendo procedure sostanzialmente diverse.

L”accordo di collaborazione plurilaterale”

Nel merito dello schema di decreto correttivo, tra i rilievi mossi dal Consiglio di Stato spicca la proposta di eliminazione del nuovo istituto dell”accordo di collaborazione plurilaterale”, previsto allo scopo di eliminare intoppi nella fase esecutiva dell’appalto.  Una bandierina dell’Esecutivo, funzionale all’obiettivo di risultato perseguito dal Codice, con anche un occhio al PNRR. La norma è finalizzata a ridurre il rischio di eventuali contenziosi e a promuove un corretto adempimento delle obbligazioni contrattuali, con l’introduzione (facoltativa) di criteri premiali. L’istituto rientra tra le best practices internazionali.

Le disposizioni del “correttivo” relative all’”accordo di collaborazione plurilaterale”

Articolo 24 (Inserimento dell’articolo 82-bis al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36)

Dopo l’articolo 82 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, è inserito il seguente:

“Articolo 82- bis. Accordo di collaborazione.

1.Le stazioni appaltanti possono inserire nei documenti di gara di cui all’articolo 82 lo schema

di un accordo di collaborazione plurilaterale con il quale le parti coinvolte in misura significativa

nella fase di esecuzione di un contratto di lavori, servizi o forniture, disciplinano le forme, le

modalità e gli obiettivi della reciproca collaborazione al fine di perseguire il principio del

risultato di cui all’articolo 1, mediante la definizione di meccanismi di esame contestuale

degli interessi pubblici e privati coinvolti finalizzati alla prevenzione e riduzione dei rischi e alla

risoluzione delle controversie che possono insorgere nell’esecuzione dell’accordo.

2. Lo schema di accordo è redatto in coerenza con l’Allegato II-6-bis, e definisce, in considerazione

dell’oggetto del contratto principale, gli obiettivi principali e collaterali della collaborazione, nel

rispetto del principio della fiducia di cui all’articolo 2, indicando, altresì, le eventuali

premialità previste per la realizzazione dei medesimi obiettivi.

3. All’esito dell’aggiudicazione, la stazione appaltante sottopone l’accordo di collaborazione

alla sottoscrizione dell’appaltatore e delle altre parti coinvolte in misura significativa, individuate

ai sensi dell’articolo 2 dell’Allegato II-6 bis. L’accordo disciplina le modalità di adesione degli

ulteriori operatori economici coinvolti nella fase dell’esecuzione in un momento successivo alla

sottoscrizione del medesimo.

4. Al fine di monitorare gli effetti prodotti dalle disposizioni di cui al presente articolo, le stazioni

appaltanti comunicano alla piattaforma del Servizio Contratti Pubblici di cui all’articolo 223,

comma 10, gli accordi di collaborazione stipulati all’esito della fase di aggiudicazione. Il Servizio

Contratti Pubblici monitora i risultati perseguiti nella fase dell’esecuzione mediante l’accordo di

collaborazione e riferisce periodicamente alla Cabina di regia di cui all’articolo 221.”

Allegato II.6  bis

Articolo 1 (Definizione)

1. Si definisce «accordo di collaborazione» l’accordo plurilaterale con il quale le parti coinvolte in misura significativa nella fase di esecuzione di un contratto di lavori, servizi o forniture, disciplinano le forme, le modalità e gli obiettivi della reciproca collaborazione al fine di perseguire il principio del risultato di cui all’articolo 1 mediante la definizione di meccanismi di esame contestuale degli interessi pubblici e privati coinvolti finalizzati alla prevenzione e riduzione dei rischi e alla risoluzione delle controversie che possono insorgere nell’esecuzione dell’accordo.

2. L’accordo di collaborazione non sostituisce il contratto principale e gli altri contratti al medesimo collegati, strumentali all’esecuzione dell’appalto e non ne integra i contenuti. 

Articolo 2 (Parti dell’accordo e soggetti della collaborazione)

1. L’accordo di collaborazione è un accordo plurilaterale sottoscritto dalle parti coinvolte nell’esecuzione del contratto, individuate ai sensi del presente articolo in considerazione dell’oggetto e degli obiettivi dell’accordo. L’accordo è aperto all’adesione di altri soggetti alle condizioni stabilite nello stesso accordo di collaborazione, in conformità con le disposizioni del comma 3.

2. Sono parti dell’accordo: a) la stazione appaltante, il R.U.P. e, ove previsto in relazione all’oggetto del contratto principale, il Direttore dei lavori, il Coordinatore per la sicurezza, il Direttore dell’esecuzione, e il progettista per le opere realizzate mediante metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni ai sensi dell’articolo 43 del Codice; b) l’appaltatore; c) i sub-appaltatori, i sub-contraenti e i fornitori che, su accordo della stazione appaltante e dell’appaltatore, sono coinvolti in misura significativa nella fase di esecuzione, tenuto conto dell’oggetto e del valore del subappalto, del sub-contratto o della fornitura, e della rilevanza delle prestazioni al fine del raggiungimento del risultato perseguito con il contratto principale.

3. La stazione appaltante, anche su motivata istanza dell’appaltatore, può altresì invitare ad aderire all’accordo di collaborazione ulteriori soggetti, pubblici e privati, inclusi gli investitori istituzionali, nonché le amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi di cui all’articolo 38 del Codice, e, comunque, le amministrazioni e gli enti titolari di autorizzazioni e pareri e gli enti gestori di interferenze, coinvolti, a vario titolo, nelle attività e funzioni strumentali al raggiungimento del risultato dell’esecuzione. L’accordo di collaborazione definisce le funzioni e le attività svolte dai soggetti individuati ai sensi del primo periodo in coerenza con i compiti loro attribuiti dalla legge.  4. Le parti e i soggetti individuati ai sensi del presente articolo sottoscrivono l’accordo e collaborano secondo buona fede e correttezza al perseguimento degli obiettivi dell’accordo di collaborazione, individuando misure volte a prevenire e individuare tempestivamente eventuali criticità della fase di esecuzione, a favorire il confronto sulle possibili soluzioni.

5. Fatta salva l’autonomia delle parti in ragione degli obiettivi e degli impegni della collaborazione, sono soggetti dell’esecuzione dell’accordo: a) il direttore strategico, che è un soggetto imparziale, munito delle necessarie competenze e capacità organizzative, il quale coordina le parti anche al fine di migliorare la cooperazione;  b) eventuali consulenti delle parti di cui al comma 2, che monitorano l’andamento della collaborazione e supportano le parti nel raggiungimento degli obiettivi dell’accordo.

Articolo 3 (Struttura e contenuti dell’accordo di collaborazione)

1. L’accordo di collaborazione, preceduto dalle premesse generali, individua: a) l’oggetto, le attività finalizzate al raggiungimento degli obiettivi principali e collaterali, e i corrispondenti impegni delle parti;  b) le modalità di verifica degli obiettivi di collaborazione; c) i meccanismi di prevenzione e riduzione dei rischi e di risoluzione delle possibili controversie relative all’esecuzione dell’accordo, e il sistema di allerta di cui al comma 6; 306 d) le responsabilità per l’esecuzione dell’accordo, determinate in ragione delle attività e dei compiti conferiti a ciascuna parte; e) le eventuali premialità relative al raggiungimento degli obiettivi dell’accordo e i relativi meccanismi di operatività; f) le funzioni e le attività delle parti e dei soggetti della collaborazione; g) le ipotesi e modalità di scioglimento dell’accordo. 

2. Le premesse generali costituiscono parte integrante e sostanziale dell’accordo. Le medesime illustrano il contesto di riferimento, le caratteristiche dell’appalto a cui si riferisce l’accordo di collaborazione, le ragioni alla base della stipulazione dell’accordo e i principi e gli obiettivi principali e collaterali della collaborazione. 3. Gli obiettivi principali sono individuati in coerenza con l’oggetto e le caratteristiche specifiche dell’appalto e riguardano, in particolare, le attività, i compiti e lo scambio di informazioni necessarie al fine di garantire il rispetto dei tempi di esecuzione, le modalità di verifica delle prestazioni eseguite, il contenimento del costo o del prezzo del contratto entro i limiti di spesa dal medesimo fissati, nonché ogni ulteriore aspetto funzionale al raggiungimento del risultato.

4. Gli obiettivi collaterali integrano l’oggetto del contratto principale e dei contratti al medesimo collegati con l’individuazione di attività e impegni a carico delle parti finalizzati al conseguimento di ulteriori benefici di comune interesse, tenuto conto anche degli aspetti sociali, culturali e ambientali connessi all’appalto. Rientrano tra gli obiettivi collaterali la promozione della partecipazione ai subappalti o sub-contratti delle piccole e medie imprese con sede operativa nell’ambito territoriale di riferimento per le prestazioni di cui all’articolo 108, comma 7, terzo periodo. 

5. L’accordo di collaborazione disciplina le modalità di verifica degli obiettivi di collaborazione conseguiti dalle parti mediante la definizione di indicatori di prestazione o di risultato e l’individuazione delle scadenze temporali del monitoraggio e di raggiungimento degli obiettivi ai quali sono connessi le eventuali premialità.

6. L’accordo di collaborazione individua un sistema di allerta finalizzato a prevenire eventuali criticità che potrebbero comprometterne la corretta esecuzione e a fornire tempestivi rimedi, in coerenza con il principio del risultato. 

7. L’accordo di collaborazione può prevedere meccanismi di premialità, connessi al raggiungimento degli obiettivi principali e collaterali dell’accordo di collaborazione se previsti nello schema di accordo inserito nei documenti iniziali di gara. 

8. Le premialità possono consistere: a) nell’inserimento degli operatori economici aderenti all’accordo di collaborazione negli elenchi e negli albi per l’affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 14, fermo restando il rispetto delle procedure di affidamento previste dal Codice; b) nella previsione di opzioni nel rispetto delle disposizioni del Codice; c) in premi economici connessi al raggiungimento degli obiettivi della collaborazione, determinati dalla stazione appaltante nello schema di accordo in coerenza con l’articolo 126 del Codice, tenuto conto della rilevanza dell’obiettivo raggiunto, e comunque nei limiti delle risorse disponibili nell’ambito del quadro economico dell’intervento;  d) in premi reputazionali consistenti nell’attribuzione di criteri premiali per le successive procedure di affidamento, secondo quanto previsto dall’articolo 108, comma 6, del Codice.

9. Le parti definiscono nell’accordo di collaborazione le ipotesi di scioglimento del medesimo, per cause attinenti al raggiungimento dello scopo e alla scadenza degli adempimenti previsti o per cause imputabili ad una grave e non giustificata violazione degli impegni concordati ad opera delle parti aderenti. L’accordo disciplina il procedimento di scioglimento del medesimo al verificarsi delle predette ipotesi. 

Articolo 4 (Sistema di risoluzione alternativa delle controversie) 

1. L’accordo di collaborazione impegna le parti a risolvere in buona fede, con gli strumenti collaborativi previsti dall’accordo medesimo, eventuali controversie sorte in sede di esecuzione dell’accordo. Se non è possibile risolvere in forma collaborativa la controversia, l’accordo individua, in coerenza con il contratto di appalto e con i contratti al medesimo collegati, il ricorso preferenziale a strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. 

2. In caso di costituzione di un collegio consultivo tecnico ai sensi dell’articolo 215 o 218 del Codice, con l’accordo di collaborazione le parti si impegnano a garantire osservanza ai pareri o alle determinazioni del collegio, ove incidenti su aspetti regolati dall’accordo di collaborazione.”.

La relazione illustrativa allo schema di decreto delegato sintetizza obiettivi ed operatività della norma.

“(….) Un ulteriore intervento sul punto è stato quello di aver dettato una disciplina di carattere

generale all’istituto dell’accordo di collaborazione, al quale, invero, nella prassi molte stazioni

appaltanti hanno già fatto ricorso in via negoziale ai fini dell’esecuzione di opere complesse, con esiti positivi in termini di prevenzione dei rischi e risoluzione dei conflitti.

Si tratta nella sostanza di un accordo plurilaterale che non integra il contratto di appalto o di

sub-appalto, ma viene utilizzato per regolare le interrelazioni tra i vari rapporti tra i soggetti che

operano nell’esecuzione. In particolare, tale accordo viene stipulato dall’appaltatore con tutte le parti coinvolte in modo significativo nell’esecuzione del contratto (in primo luogo, subappaltatori e subcontraenti, ma anche fornitori rilevanti), e con il coinvolgimento eventuale anche delle pubbliche amministrazioni che partecipano alla fase approvativa dell’opera, nel caso di appalti di lavori.

La ratio sottesa è quella di promuovere una responsabilizzazione di soggetti coinvolti rispetto

alla corretta esecuzione dell’appalto, dal punto di vista del rispetto dei tempi di esecuzione, dei costi, nonché della verifica degli adempimenti. Inoltre, l’accordo di collaborazione può essere finalizzato anche al perseguimento di obiettivi collaterali, tra cui il coinvolgimento delle PMI nella fase dell’esecuzione, anche in relazione al criterio di prossimità, nonché la previsione di premialità e penali a carico degli operatori economici esecutori.

Sul punto, si evidenzia che l’istituto in esame rientra tra le best practices internazionali, che

testimoniano come l’accordo di collaborazione favorisca il dialogo permanente tra le parti, riduca il contenzioso e promuova comportamenti virtuosi anche nella risoluzione dei problemi sorti in fase di esecuzione.”

I rilievi del Consiglio di Stato sull’istituto dell’”accordo di collaborazione”.

“Con riguardo all’istituto dell’accordo di collaborazione, si rileva, in via logica preliminare circa l’esigenza di inquadramento sistematico e di definizione dell’istituto in commento, che l’articolo 1, comma 2, dell’Allegato II.6-bis reca la precisazione – che avrebbe dovuto trovare logicamente sede nell’art. 82-bis – che l’accordo “non sostituisce il contratto principale e gli altri contratti al medesimo collegati, strumentali all’esecuzione dell’appalto e non ne integra i contenuti”. La stessa clausola è sostanzialmente ripetuta all’articolo 3, comma 4, dell’Allegato con riferimento agli “obiettivi collaterali”. Tali previsioni, pur, appunto, non inserite nel corpo dell’articolo 82-bis, sono decisive per cogliere l’effettiva sostanza ed i limiti dell’accordo di collaborazione quale attualmente configurato dal “correttivo” (ben più delle previsioni descrittive, sostanzialmente identiche, contenute, rispettivamente, nel comma 1 dell’articolo 82-bis e nell’art. 1, comma 2, dell’Allegato II.6-bis).

Ed infatti, tali fondamentali clausole contenute nell’Allegato, pongono il problema della necessità (opzione di non intervento regolatorio, che si dovrebbe valutare, consapevolmente, preliminarmente ad ogni altra) di introdurre un tale strumento nell’ambito di un sistema normativo, – quale quello vigente in Italia e strutturatosi in maniera crescente in recepimento della disciplina euro unitaria –, in base al quale la disciplina del contratto, la determinazione anche, e specialmente, in funzione esecutiva, del suo contenuto, e la sua fase di esecuzione in senso proprio, sono già regolate da una pluralità di previsioni, aventi (nella loro proiezione sul piano negoziale) carattere di norme imperative che (pre-)determinano, in modo tipicamente dettagliato, i contenuti, le prestazioni e gli obblighi principali e complementari incombenti sulle parti.

A ciò si aggiunge che l’applicazione di una serie di consolidati principi relativi alla fase di esecuzione del contratto, oggetto a loro volta di una notevole elaborazione giurisprudenziale, deriva dalla disciplina del codice civile, a cui lo stesso Codice dei contratti pubblici fa un rinvio a fini di integrazione generale.

D’altra parte, deve ritenersi che questo sistema normativo, in sé compiuto nella sua ampiezza regolatoria, – fino al punto da costituire il più rilevante settore di disciplina contrattualistica speciale -, già rifletta, per tradizione giuridica consolidata della nostra legislazione sia civilistica che amministrativa, e comunque per la via segnata dall’ormai consolidatosi recepimento delle disciplina euro-unitaria, (culminata nella stessa adozione del nuovo Codice dei contratti pubblici), quei principi del risultato (articolo 1) e della fiducia (articolo 2) che si devono, infatti, intendere sottesi all’intera disciplina del Codice stesso, inclusa quella dedicata all’esecuzione dei contratti, alla quale cui si riferiscono l’articolo 82-bis e l’Allegato II.6-bis.

Alla luce di queste brevi considerazioni, (che sarebbe obiettivamente agevole espandere sia in senso sistematico che nel dettaglio), la particolare indeterminatezza dei contenuti utili – cioè aggiuntivi e funzionali rispetto all’interesse perseguito dalle parti che, come s’è visto, risulta fortemente tipizzato sul piano normativo –, che l’accordo di collaborazione potrebbe perseguire, senza travalicare nella sostituzione o integrazione dei contenuti del contratto principale, per l’appunto secondo la previsione espressa che ne caratterizza e limita normativamente la stessa funzione essenziale, consiglierebbe, – e lo si anticipa in prima battuta –, di non introdurre un simile strumento, quantomeno nella forma e nello stato di elaborazione attuali.

Lo strumento stesso sembra, prima facie, avere l’attitudine ad aggravare l’area degli oneri e degli adempimenti gestionali della fase esecutiva, oltretutto duplicando, nei suoi stessi contenuti “tipizzati”, istituti e meccanismi (a loro volta sicuramente espressione del principio collaborativo tra le parti) già regolati in forma auto-applicativa nel Codice; e tutto ciò, senza trovare alcun bilanciamento concretamente percepibile ed evidente, in base all’ordito normativo, neppure  nella, meramente enunciata, “prevenzione e riduzione dei rischi”, nonché nella “risoluzione delle controversie che possono insorgere nell’esecuzione dell’accordo”. Basti rilevare che la prevenzione e riduzione dei rischi, in fase esecutiva, è, di per sé, già l’oggetto ed il fine, come si è premesso, di una vasta e dettagliata serie di previsioni a carattere imperativo, e quindi non derogabili (quand’anche lo strumento negoziale de quo fosse autorizzato a operare in senso integrativo e novativo degli obblighi, il che, infatti, non è), mentre per la risoluzione delle controversie esiste, già nel Codice, un sistema auto-applicativo (ed operante) di risoluzione “alternativa” delle controversie medesime, che si affianca alla legislazione, a sua volta speciale ed acceleratoria, del processo amministrativo.

Non sfugge a questo Consiglio la corretta aspirazione a creare un “luogo” di sintesi e confronto che, in particolare, risulta decisivamente adiuvato dalla figura del “direttore strategico” quale “soggetto imparziale”, la cui introduzione rinvia (sia pure in modo insufficiente ed incompiuto, alla stregua di uno standard di tipizzazione indispensabile a fronte della segnalata “rete” di disposizioni imperative gravanti sulla materia esecutiva dei contratti pubblici), alla ricerca di soluzioni di immediatezza e semplificazione, in chiave mediatrice ed agevolatrice.

Ciò non di meno, tale obiettivo è, in partenza, reso arduo dall’estrema difficoltà di conciliare, allo stato della complessiva disciplina in cui lo strumento si inserisce, l’aspirazione alla informalità efficiente-allocativa, nella fase di esecuzione, con il complesso concomitante di interessi di rilievo generale e “pubblicistico”, in senso euro-unitario, che informano la complessiva disciplina contrattualistica pubblica. E questo, poiché, va detto, quello pubblico in senso stretto, – politico-economico, auto-organizzativo e, naturalmente, finanziario –, è certamente solo “uno”, – accanto a quello pro-concorrenziale ed a quello del level playing field, tipico della realizzazione del mercato unico esteso anche al public procurement –, degli interessi generali, negozialmente “indisponibili”, che coesistono nella disciplina riveniente dal sistema delle direttive UE.

In questo contesto, appare pertanto esile la stessa giustificazione fondante quale best practice, peraltro non precisata in alcune delle sue possibili accezioni (come si dirà), non risultando, cioè, adeguatamente giustificata la necessità di inoltrarsi sul terreno di un complesso assetto concordato che corre il continuo rischio, da un lato, di porre nuovi obblighi e costi a carico delle parti, dall’altro di duplicare, – contraddicendo la sua stessa giustificazione funzionale normativa –, la disciplina già racchiusa nel Codice, con particolare riguardo ad  istituti già altrimenti in esso previsti ed ai quali, essenzialmente fa riferimento la normativa del correttivo relativamente ai contenuti potenziali “quasi-tipizzati” del nuovo istituto “contrattuale”.

Per poter giustificare l’istituto in termini di best practice – terminologia a valore polisenso che spazia dalla qualità della regolazione di ogni livello, a particolari scopi di un senso esteso delle politiche industriali nonché di quelle di incentivazione della ricerca e dell’innovazione, fino alle semplici misure di ottimizzazione dell’attività contrattuale esterna adottabili da grandi gruppi economici – sarebbe stato necessario che fossero preventivamente individuati difetti e criticità, nella reciproca collaborazione tra le parti (in un senso articolato per la insistenza, nella materia, del fenomeno di frequenti collegamenti contrattuali), che non fossero già imperativamente disciplinati e, comunque, risolvibili  in base al ben diverso strumento, – vincolato, nell’attuale congegno di normazione a fonti multilivello –, dell’adeguamento e dell’aggiornamento della disciplina derivante dal Codice e da quella civilistica. Sarebbe infatti, in ipotesi, una vistosa lacuna di sistema, a cui porre celermente rimedio, che la pluridecennale legislazione e applicazione giurisprudenziale (anche e, in special modo, della Corte di giustizia europea), di tale complesso ordinamento settoriale, non abbia condotto finora ad una soddisfacente applicazione dell’indispensabile aspetto cooperativo (in tutte le sue accezioni attinenti ai principi del risultato, di buona fede e di riduzione e prevenzione dei rischi) che garantisce, in ultima analisi, l’esattezza dell’adempimento delle prestazioni. Ma le cause e le dinamiche di tale eventuale lacuna risultano, appunto, ope legis inserite in un procedere per “successiva approssimazione” in cui la mano, ben visibile, del Legislatore gioca un ruolo preminente ed ormai fortemente strutturato.

Per converso, non risulta da alcun dato, né da notoria fenomenologia, né da analisi fondate su elementi fattuali e statistici adeguatamente rilevati, che una maggiore esattezza e celerità degli adempimenti, nell’ambito della contrattualistica pubblica, costituisca un problema correlato univocamente con criticità evitabili e prevenibili ed ex ante risolvibili coi poteri negoziali dispositivi delle partisenza individuare e soprattutto poter, poi, modificare, le previsioni euro-unitarie (che non sono comunque nella disponibilità del legislatore nazionale). Tale soluzione rimarrebbe pur sempre affidata all’elevata incertezza della praticabilità/liceità di accordi tra le parti che non possono, in apice, derogare al sistema delle norme imperative “multilivello”.

(….) Questo complesso ordine di problematiche di esecuzione e gestione dei contratti, non pare comunque possa essere attenuato od eliminato mediante uno strumento che, per definizione, non sostituisce il contratto e non ne integra i contenuti (evitando, sì, – e correttamente –, di poter assumere la configurazione di un “negozio” plurilaterale di accertamento, ma perdendone comunque, al contempo, il connotato ultimo essenziale).

Si tratta, in sostanza, di un, pur comprensibile, tentativo di deregulation e di corrispondente ripresa dei poteri di negoziazione “per le vie brevi” delle parti, nella sede della realizzazione del programma contrattuale, che tuttavia rimane al livello di aspirazione quando sia collocato all’interno della segnalata strutturazione normativa degli interessi generali concorrenti sopra segnalati, e quindi all’interno di una forte e permanente tendenza regolatoria, che non ammette, o limita fortemente, il carattere “dispositivo” del potere negoziale (non appena impatti nella regolazione imperativa dei predetti interessi generali). (…)

L’esito di tale meccanismo, nelle norme che si intende introdurre, finisce per condurre, si potrebbe dire inevitabilmente, ad ulteriori ragioni di controversia tra le parti, come comprova l’articolo 3, comma 9, dell’allegato II.6-bis, laddove prevede lo scioglimento dell’accordo (tra l’altro) “per cause imputabili ad una grave e non giustificata violazione degli impegni concordati ad opera delle parti aderenti”. E tutto questo non senza un certo effetto paradossale, poiché questa ulteriore materia di potenziale conflitto tra le parti, sanzionata con l’estinzione del rapporto, potrebbe, in astratto, essere perfettamente compatibile con un’esatta esecuzione delle prestazioni del contratto principale e con il rispetto integrale dei contenuti obbligatori (ex lege) dello stesso.

(….) In definitiva, l’oggettiva complessità, e conseguente inevitabile onerosità, di elaborazione e gestione di un tale accordo, portano alla conclusione di una forte incertezza circa la sua adeguatezza nell’apportare un quid migliorativo nella gestione esecutiva dei contratti. Tutte queste ragioni, per come finora esposte, consiglierebbero dunque, allo stato, di espungere la relativa previsione.