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Decreto “sbloccacantieri”: luci ed ombre

a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market.

Si rimette mano ancora una volta alla procedura di appalto,  assumendo l’equazione deregulation = efficienza,  quando le cause delle lungaggini negli appalti di lavori si annidano prevalentemente nelle fasi pre e post gara.  Rimangono ancora inattuate, per le resistenze interne al sistema, le parti del codice degli appalti  in grado di  efficientare la spesa (riduzione e  qualificazione delle stazioni appaltanti e rating di impresa). In positivo,  la rimodulazione delle modalità di aggiudicazione (prezzo, qualità-prezzo) ridà dignità decisionale e capacità progettuale alle stazioni appaltanti;  così come il ritorno ad un organico regolamento di esecuzione del codice, in luogo delle linee guida, favorisce  semplificazione e certezza giuridica per  stazioni appaltanti e mercato

Un cantiere  che non si chiude mai è quello delle regole per gli appalti pubblici. L’ultimo intervento normativo, modificativo del vigente Codice degli appalti, è stato adottato  con  il DL n. 32/2019, c.d. decreto “sloccacantieri”. E tutto il Codice, già nella sua seconda edizione, ancor prima che alcune delle sue parti più incisive (la riduzione e  qualificazione delle stazioni appaltanti e il rating di impresa) vengano attuate, è in fase di rottamazione, come previsto dal DDL recante “Delega al Governo per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici”, in cui sono fissati i criteri direttivi di una  nuova riforma sugli appalti pubblici.

Osserva la Corte dei Conti, in audizione al Senato: “non può non evidenziarsi come le puntuali e specifiche modifiche normative che il Codice ha subìto nei suoi pochi anni di vigenza, abbiano reso arduo il lavoro degli attori del mercato, senza concedere loro quell’intervallo temporale necessario al consolidamento delle disposizioni in esso contenute.”

In particolare, solo in riferimento agli  interventi più recenti, occorre ricordare le modifiche introdotte nel dicembre dell’anno appena trascorso con il decreto-legge c.d. “Semplificazioni” (DL 14 dicembre 2018, n. 135) e con la legge di bilancio (legge 30 dicembre 2018, n. 145). Con il primo provvedimento, si è proceduto ad una parziale modifica relativa ai gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 (chiarendo, cioè, il senso della norma relativa all’esclusione dell’operatore economico per gravi illeciti professionali – art. 80, comma 5, lettera c) del d.lgs. n. 50/2016 – nel senso di richiedere che la stazione appaltante motivi specificamente l’eventuale esclusione dell’operatore per precedenti risoluzioni anticipate di contratti o condanne al risarcimento danni già subite dall’interessato con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e in funzione della gravità della stessa, obbligandola, dunque, anche nel caso di appalti sotto la soglia comunitaria, a valutare nel dettaglio le caratteristiche e l’entità della violazione).

La legge di bilancio 2019, invece, ha previsto, tra l’altro:  a) l’innalzamento, per gli acquisti di beni e servizi, della soglia da 1.000 a 5.000 euro per non incorrere nell’obbligo di ricorrere al MEPA;  b) l’innalzamento – per il solo anno 2019 – della soglia per l’affidamento diretto di lavori per importi pari o superiori a 40.000 euro ed inferiori a 150.000 euro, “previa consultazione di almeno 3 operatori economici”, nonché l’innalzamento della soglia della procedura negoziata con almeno dieci operatori economici, per importi pari o superiori a 150.000 e inferiori a 350.000 euro.

A queste modifiche devono aggiungersi quelle recate da altri interventi recentissimi, dovendosi richiamare il Decreto Sicurezza (DL 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modifiche, dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132) che ha introdotto una nuova fattispecie di procedura negoziata e il c.d. decreto Genova (DL 28 settembre 2018, n. 109) che ha introdotto – come modifica generale – un’ulteriore banca dati (l’archivio informatico nazionale delle opere pubbliche) per alcune tipologie di opere pubbliche. Nello scorso mese di febbraio, il Governo ha presentato al Parlamento il già richiamato disegno di legge recante la delega per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici.

Per ora, ci si chiede se l’obiettivo dichiarato del DL n. 32/2019, quello di semplificare a accelerare l’affidamento delle commesse pubbliche, nelle more di adozione di un nuovo codice, venga centrato dal provvedimento.

Intanto, il decreto (da convertire in legge)  si è attirato pesanti critiche sul fronte delle tutele contro la corruzione,  che verrebbero depotenziate (in palese contraddizione con la legge “spazza corrotti”, recentemente promulgata), per via, soprattutto,  della riduzione numerica e “privatizzazione” degli inviti alle procedure, in talune fasce di valore dei contratti.

“Credo sia una norma pericolosa” ha detto il presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, che fa notare  che i cantieri “bloccati” sono essenzialmente quelli relativi alle grandi opere, le cui procedure (sopra soglia comunitaria) non vengono significativamente intaccate dal decreto.

Netta la stroncatura dei sindacati. “Stiamo assistendo – afferma la CGIL – al ritorno a quella filosofia tutta berlusconiana e liberista del ‘laissez-faire’ per cui per fare bene l’unica strada è, secondo il legislatore, avere meno controlli, meno trasparenza, meno qualità, meno tutele. Siamo certi però che sulla trasparenza, sulla qualità, sulla legalità non si possano fare sconti a nessuno. “Siamo molto delusi dal testo finale del decreto sblocca cantieri che più che sburocratizzare e sbloccare finirà per esporre ancora di più il settore a irregolarità e illegalità” – rincara la UIL – Edili.  ““Il decreto introduce una serie di norme che riportano il settore indietro di anni, indebolendo un sistema di regole che andava piuttosto migliorato e non smantellato per frenare infiltrazioni mafiose, dumping contrattuale e riduzione di diritti. Siamo delusi e preoccupati da un testo che non solo non sbloccherà alcuna opera, ma che bloccherà invece quel percorso di legalità avviato faticosamente nel settore delle costruzioni, notoriamente terra di conquista della criminalità” chiosa la Filca -Cisl

All’alto prezzo pagato con il DL n. 32/2019 sul fronte del contrasto alle “patologie” degli appalti,  non corrisponderebbe  poi una  effettiva accelerazione degli affidamenti.

Secondo altri rilievi critici, infatti, la lentezza nell’affidamento ed esecuzione delle opere pubbliche non dipende tanto dalla procedura concorsuale, quanto dalle fasi pre e post gara.  Si tratta delle procedure inerenti la  programmazione dei lavori, la progettazione, l’acquisizione delle autorizzazioni urbanistiche ed edilizie, le autorizzazioni paesaggistiche ed ambientali, le autorizzazioni alla spesa, le espropriazioni da attivare, nonché tutte le problematiche connesse alla gestione della fase successiva alla sottoscrizione del contratto.

Probabilmente, la novità più rilevante introdotta dal DL n. 32/2019  sotto il profilo sistematico – rileva la Corte dei Conti –  “è la previsione dell’adozione di un regolamento unico di attuazione e di esecuzione, che ricomprenda anche tutti gli atti applicativi del Codice fino ad ora adottati. Fin dalla sua nascita il Codice del 2016 ha rinviato, per la definizione della normativa sui contratti, alla successiva emanazione di altri atti di varia caratura normativa: linee guida e svariati altri decreti ministeriali. Complessivamente, si tratta di circa 50 atti attuativi ricompresi in varie tipologie, destinati a sostituire il precedente regolamento (D.P.R. n. 207/2010):  14 decreti del Ministro delle infrastrutture e trasporti; 15 atti dell’ANAC;  6 DPCM;  15 decreti di altri Ministri. Peraltro, molti dei previsti strumenti attuativi del nuovo Codice non sono stati ancora emessi e due degli elementi di maggior novità – il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, con contestuale riduzione del loro numero, da un lato, e il sistema di rating di impresa, dall’altro verso – non sono ancora operativi. Tale mancata attuazione, peraltro, ha pesato sul perseguimento degli obiettivi più ambiziosi, nonché condivisibili, del Codice: migliorare la qualità del public procurement attraverso il potenziamento delle fasi di programmazione e progettazione, l’ampliamento dei margini di discrezionalità delle stazioni appaltanti, l’introduzione di criteri di aggiudicazione articolati, anche tesi a promuovere valori ambientali, sociali e d’innovazione, favorendo l’implementazione di un processo di riorganizzazione delle stazioni appaltanti nella prospettiva della loro riduzione numerica e maggior qualificazione, così da creare buyer pubblici professionalmente adeguati a utilizzare i nuovi e complessi strumenti del public procurement. Parimenti inattuato è il secondo elemento centrale del Codice, il c.d. sistema del rating di impresa, finalizzato nell’ottica del legislatore, a migliorare la fase dell’esecuzione dei contratti da parte degli operatori, attraverso incentivi di tipo reputazionale. Inoltre, la questione della natura giuridica dei provvedimenti (ministeriali e dell’ANAC) volti a dare attuazione alle disposizioni del Codice, e della loro collocazione nella gerarchia delle fonti del diritto ha formato oggetto di ampio dibattito. In tal senso, può valutarsi positivamente l’ipotesi del ritorno alla concentrazione in un unico testo regolamentare di tutte le disposizioni attuative del Codice, al fine di restituire chiarezza ed omogeneità di regole all’interprete ed all’operatore. Se, da un lato, i provvedimenti di soft law si caratterizzano per un maggior grado di flessibilità e di capacità di adattamento all’evoluzione delle fattispecie operative, dall’altro lato, rischiano di generare maggiore incertezza sia in termini di dettaglio delle regole, sia in merito alla relativa portata prescrittiva. È sempre più avvertita dalle amministrazioni controllate dalla Corte l’esigenza di certezza e stabilità delle situazioni giuridiche in tale materia. Per tali motivi è da auspicare la tempestiva adozione del citato regolamento.”

Nello specifico, Il decreto-legge n. 32 del 2019 contiene altre rilevanti modifiche della disciplina del Codice dei contratti. Si segnalano: 1) per il subappalto, l’eliminazione dell’obbligo di indicare nell’offerta la terna di subappaltatori e l’innalzamento della soglia subappaltabile dal 30 per cento al 50 per cento; 2) la possibilità di affidamento dei lavori di manutenzione sulla base del mero progetto definitivo; 3) la possibilità dell’esame delle offerte prima della verifica dei requisiti di carattere generale e di quelli di idoneità e di capacità degli offerenti; 4) l’eliminazione del rito c.d. superspeciale in tema di contenzioso; 5) per i contratti sotto soglia (art. 36), l’affidamento diretto fino a quarantamila euro, da quarantamila a duecentomila euro l’affidamento di lavori previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici, e da duecentomila a cinque milioni di euro l’affidamento mediante procedura aperta con il criterio del prezzo più basso, e solo previa motivazione con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa; 6) l’abolizione del peso massimo del 30 per cento da attribuire al punteggio economico quando il criterio di selezione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa; 7) la modifica all’art. 97 ed in particolare al criterio di calcolo della c.d. “soglia di anomalia”, che dovrebbe portare, così, all’esclusione delle offerte anomale; 8) il reinserimento dell’incentivo del 2 per cento alla progettazione per i tecnici delle stazioni appaltanti; 9) l’abolizione dell’albo dei direttori dei lavori e dei collaudatori per gli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale.

Va osservato che Il “combinato disposto”,  tra  codice e  modifiche introdotte dal DL n. 32/2019,  delle norme sui criteri di scelta delle offerte restituisce un quadro applicativo  come minimo un po’ contorto.  Nell’integrare l’articolo 36 del codice dei contratti col comma 9-bis, sembra mancare  il coordinamento con la previsione del successivo articolo 95, comma 5, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti che dispongono l’aggiudicazione ai sensi del comma 4 [cioè col criterio del minor prezzo, ndane danno adeguata motivazione e indicano nel bando di gara il criterio applicato per selezionare la migliore offerta”.
Dunque, dopo il DL n. 32/2019: da un lato, nel sotto soglia occorre motivare perché si sceglie l’Oepv (qualità/prezzo) invece del minor prezzo; dall’altro lato, nel sopra soglia e in generale  occorre motivare perché si sceglie il minor prezzo, invece dell’Oepv. Ai sensi dell’articolo 95, comma 3, del codice, occorre comunque aggiudicare col criterio dell’Oepv (qualità/prezzo):
a) i contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all’articolo 50, comma 1, fatti salvi gli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a);
b) i contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 40.000 euro;
b-bis) i contratti di servizi e le forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro caratterizzati da notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo.
Mentre, nel sopra soglia, si può ricorrere al minor prezzo “per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato”, ai sensi dell’articolo 95, comma 4.

In sostanza, al fine di velocizzare le procedure di aggiudicazione, sono state introdotte modifiche al criterio di aggiudicazione per gli appalti sotto soglia: è stata, infatti, eliminata la propensione per quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa e restituita maggiore rilevanza a quella del massimo ribasso, che non comporta valutazioni discrezionali legate alla tecnicità dell’offerta. Parimenti, in generale, viene eliminato il limite del 30 per cento al valore del punteggio economico nelle ipotesi di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Quest’ultima misura, sollecitata da più parti tra gli stakeholders, ripristina la possibilità per le stazioni appaltanti di prefigurare nelle gare per beni o servizi  un differenziale valorizzabile di qualità tra le offerte coerente con le varie specificità di prestazioni attese e le caratteristiche dell’offerta di mercato.  In sede applicativa, lo sbarramento al 30% del peso relativo alla componente prezzo ha obbligato o consentito forzature valutative basate a volte su plus di qualità “gonfiati” o marginali, il tutto con attribuzione discrezionale di punteggi che, data la preponderanza sul fattore prezzo,  di fatto hanno condizionato l’aggiudicazione.

Tuttavia, secondo la Corte dei Conti, a proposito dell’abolizione del 30% di peso massimo al fattore prezzo” : “Tali modifiche, pur nel condivisibile intento di semplificazione, presentano possibili rischi connessi sia alla diminuzione di qualità del prodotto, che non viene più premiata adeguatamente (essendo sufficiente che lo stesso risponda alle minime specifiche tecniche previste dalla legge di gara), sia alla possibile strumentalizzazione della procedura concorsuale.”

La Magistratura contabile si allinea quindi alla vulgata secondo la quale la gara sul solo prezzo esaspererebbe la competizione determinando inaffidabilità dell’offerta e scarsa qualità delle fornitura. Con riferimento a beni e servizi, questa statuizione appare priva di fondamento tecnico. Sul punto,  vale la pena di ribadire che a tutela della remuneratività dell’offerta  è prevista dall’ordinamento la verifica dell’ “offerta anomala”, che anche la gara qualità/prezzo non garantisce la regolarità degli appalti, in quanto: non garantisce la serietà e la capacità progettuale dell’offerente (i “progetti offerta” possono essere e vengono anche commissionati a operatori specializzati esterni all’impresa); non garantisce che le prestazioni offerte, pure se previste di qualità, vengano poi eseguite; non esclude la possibilità di prezzi comunque sotto costo nella componente prezzo dell’offerta; non garantisce che possano essere riconosciute post gara “varianti” improprie.  Per contro, data la discrezionalità valutativa delle commissioni giudicatrici ed il peso rilevante del punteggio della componente qualitativa, potevano essere favoriti, a legislazione ante  DL n. 32/2019, la costruzione di bandi “su misura”,  il pilotaggio delle aggiudicazioni e  la corruzione (come adombrato sia dall’Authority antitrust con segnalazione agcm  as 1422  del 18 .8.2017, che dall’Anac). Lo strumento decisivo per tutelare la regolarità degli appalti non sta nel tipo di procedura, ma nel controllo di esecuzione, tema su cui  occorre investire in termini di normativa stringente, cultura professionale e responsabilizzazione dei  buyers              pubblici. Ripristinando la possibilità di modulare il rapporto qualità/prezzo di volta in volta secondo le caratteristiche dei fabbisogni, le specificità di prodotti, servizi e mercati, si stimola e valorizza la capacità progettuale delle stazioni appaltanti, quelle stesse di cui si auspica, appunto, la “professionalizzazione”.  Le quali, a questo scopo hanno a disposizione (e stanno utilizzando) anche lo strumento della “consultazione preliminare di mercato” (art.  66  del Codice). Le “minime specifiche tecniche del bando di gara” – evocate dalla Corte dei Conti –  possono non essere minime, ma configurare il livello qualitativo atteso per l’adeguato soddisfacimento del bisogno, nella logica della qualità “utile”.