Effetti extra-penali del patteggiamento ed illecito professionale negli affidamenti pubblici: la qualificazione come causa di esclusione non automatica nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici

Avv. Stefano Cassamagnaghi

Il TAR per la Lombardia – Brescia, con la sentenza 166/2025 del 3 marzo 2025, è stato investito della valutazione di rilevanza della sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti ai fini del giudizio di illecito professionale individuandone, alla luce del rinnovato quadro normativo di cui al nuovo Codice dei Contratti Pubblici e dei connessi principi ispiratori, la sua qualità di causa di esclusione non automatica.

In specie, a seguito dell’ostensione dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria da parte dell’Amministrazione, la ricorrente constatava la presenza di una condanna con sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. nei confronti dell’ex-presidente del Consiglio d’amministrazione nonché legale rappresentante della società aggiudicataria, conseguentemente censurandone, nell’essenza, la mancata esclusione dalla gara per violazione dell’art. 94 D. Lgs. 36/2023.

Sostanzialmente, veniva portata all’attenzione del Collegio come fosse stata integrata una presunta causa di esclusione automatica in quanto, sebbene fosse stata dichiarata parte dell’aggiudicataria la pronuncia ex art. 444 c.p.p. (nella convinzione che “non precludesse la partecipazione alla procedura” in quanto “non si tratterebbe di una causa di esclusione automatica ex art. 94 d.lgs. 36/2023”), non sarebbe stata debitamente presa in considerazione da parte dell’amministrazione.

La finalità deflattiva del patteggiamento, nell’ottica di ridurre gli oneri a carico del sistema penale giudicante, ha infatti subito una notevole rimodulazione per opera del D. Lgs. n. 150 del 2022, entrato in vigore il 30 dicembre 2022 (cd. “Riforma Cartabia”) intervenendo direttamente sui riflessi che produce una comminata pronuncia di cui all’art. 444 c.p.p. su aspetti estranei al giudizio penale generatore della condanna. Disponendosi che relativamente alla sentenza prevista dall’articolo 444 citato“[…]se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, alla sentenza di condanna. Salvo quanto previsto dal primo e dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna” (nuovo comma 1 bis dell’art. 445 c.p.p.) si è intervenuti direttamente sulle intersezioni dei sistemi giuridici civili e amministrativi con quello penale, disciplinando non già la sentenza di patteggiamento in quanto tale e il processo concluso con essa “bensì [stabilendo] l’inefficacia, dal momento della sua entrata in vigore, delle norme extrapenali di equiparazione della sentenza di patteggiamento a quella di condanna” (così TAR Sardegna, Sez. I, n. 96/2025).

I ridisegnati risvolti extra-penali, pertanto, regolandone gli emessi riflessi nei giudizi diversi da quello penale, determinano come la sentenza di patteggiamento possa ora essere equiparata ad una sentenza di condanna esclusivamente nell’ipotesi in cui vi sia “una disposizione di legge penale che lo stabilisca espressamente, mentre eventuali norme extrapenali che dovessero operare tale equiparazione dovranno, pertanto, ritenersi improduttive di effetti”.

Nel riformato contesto della dichiarata inefficacia di tutte quelle norme extra-penali di equiparazione della sentenza di patteggiamento a quella di condanna si allinea il nuovo Codice dei contratti pubblici, traslando la rilevanza della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti quale causa di esclusione automatica di cui al previgente D. Lgs. 50/2016 ad elemento eventualmente “indiziario” della mancata affidabilità di un concorrente. Se infatti, da un lato, si prevedeva che l’estromissione di un operatore economico avvenisse senza che la discrezionalità dell’amministrazione dovesse essere esercitata qualora si riscontrassero una “condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedure penale” (art. 80, comma 1 D. Lgs. 50/2016), dall’altro, in piena armonia con il rinnovato sistema normativo processual-penalistico, si estromette il patteggiamento dagli elementi causativi un’espulsione immediata, automatica e non altrimenti rimediabile, non facendosi più riferimento alla sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti, ma solo alla “condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile” (art. 94, comma 1 D. Lgs. 36/2023).

La conseguente operata distinzione in punto di cause di esclusione di un operatore economico “potenzialmente non affidabile” giunge pertanto ora a concentrarsi sulla species del patteggiamento, individuandosi una differenziazione tra il consolidamento della condanna promossa e, al contrario, la presenza di una sentenza “non irrevocabile” di applicazione della pena su richiesta delle parti.

L’evidenziata sintonia di cui al nuovo Codice degli Appalti, infatti, versa ora nell’attribuzione quale mezzo di prova adeguato a dimostrare“un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati” (art. 95, comma 1, lett. e) esclusivamente al patteggiamento disposto con sentenza non irrevocabile, prevedendosi in presenza di quest’ultima la mera possibilità di estromettere l’operatore economico essendosi in presenza di una “causa di esclusione non automatica.”. Il combinato disposto dell’art. 95, comma 1, lett. e, e dell’art. 98, comma 3, lett. g, nonché comma 6, lett. g, individuando “in modo tassativa i gravi illeciti professionali nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi”, tra gli altri, unicamente nella “[…] sentenza di condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale” (art. 98, comma 6, lett. g), sottolinea come la pronuncia di cui al rinnovato art. 444 c.p.p. rilevi esclusivamente nella sua forma di sentenza non irrevocabile quale mero indice della possibile sussistenza del grave illecito professionale.

Il Collegio afferma che, se assume rilevanza ai fini della configurabilità dell’illecito professionale la sentenza non irrevocabile di patteggiamento, a fortiori deve essere presa in considerazione anche la sentenza irrevocabile di patteggiamento ai fini della valutazione della moralità professionale dell’operatore economico.

Il Giudice ritiene dunque che la fattispecie in esame possa rientrare in una delle due ipotesi (alternative fra loro): o che la sentenza irrevocabile di patteggiamento abbia la stessa rilevanza della sentenza non irrevocabile di patteggiamento, quindi quale illecito professionale che costituisce causa di esclusione non automatica, oppure che abbia la stessa rilevanza della sentenza irrevocabile di condanna, ossia quale causa di esclusione automatica.

Secondo il TAR Lombardia-Brescia la soluzione corretta sarebbe la prima, ossia che la sentenza irrevocabile di patteggiamento per uno dei reati di cui all’art. 94 rientri nell’ambito della fattispecie dell’illecito professionale.

La sentenza in commento giunge a tale conclusione sulla base delle seguenti motivazioni: i) ai sensi dell’art. 10, comma 2, d.lgs. 36/2023, le cause di esclusione di cui agli art. 94 e 95 sono tassative quindi non si potrebbe ricomprendere nell’art. 94 cit. una causa di esclusione non espressamente prevista; ii) l’art. 445, comma 1 bis (come modificato dalla legge 152/2022) esclude che la sentenza di patteggiamento abbia un automatico effetto extrapenale sfavorevole per il condannato; iii) la sussunzione nella fattispecie del grave illecito professionale sarebbe coerente con la natura della sentenza di patteggiamento, che non implica ammissione di responsabilità penale.

Alla luce di quanto esposto, il Collegio, nel rigettare il ricorso per infondatezza della censura principale proposta e muovendo da un’analisi delle attuali disposizioni del D. Lgs. n. 36/2023 in materia di cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95 Codice dei contratti pubblici nel senso maggiormente conforme sia alle finalità perseguite dal Legislatore nel riformare i caratteri dell’istituto disciplinato dall’art. 444 c.p.p. sia nella specificità degli obiettivi pubblicistici propri dell’attività amministrativa, ha concluso per attribuire significato all’altrimenti silenzio codicistico, ritenendo come la sentenza irrevocabile di patteggiamento, laddove “la commissione di reati […] resta meramente “contestata”,alla luce della sua natura che non implica ammissione di responsabilità penale, non costituisca causa di esclusione automatica ma vada valutata dalla stazione appaltante ai fini della sussistenza del grave illecito professionale e, di conseguenza, quale causa di esclusione non automatica.