Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
a cura dell’avvocato Leonardo De Vecchi.
Una recente sentenza del TAR Toscana (Sez. II, n. 400 del 21 marzo 2019) ha riaffermato che l’autonomia decisionale del medico nel prescrivere un farmaco biologico non può essere travalicata da provvedimenti di indirizzo regionali orientati da valutazioni di sostenibilità finanziaria.
Oggetto del contendere, nel caso di specie, era una deliberazione della Giunta della Regione Toscana (n. 194/2018) che sottoponeva gli ordini per l’acquisto di farmaci biologici non rientranti tra quelli aggiudicati con procedura di gara ad una previa autorizzazione regionale basata su una valutazione economica e preordinata ad obiettivi di contenimento della spesa sanitaria.
Il TAR ha ritenuto illegittima tale deliberazione disconoscendo la facoltà, per la Regione, di respingere, per motivi esclusivamente di tipo economico, la richieste del medico curante di acquistare un determinato farmaco. Ai sensi dell’art. 15, comma 11 quater, D.L. 95/2012, infatti, tra un farmaco biologico e il suo biosimilare e tra biosimilari, in considerazione del fatto che non vi può essere piena sovrapponibilità, non operano i meccanismi di sostituibilità automatica applicabili, invece, ai farmaci di sintesi chimica (sul punto l’art. 7 D.L. 347/2001 in tema di prescrizione, somministrazione e rimborso di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie).
La sentenza, nel pronunciarsi sulla deliberazione della Regione Toscana, pone l’accento sulla libertà prescrittiva del medico, tradizionalmente considerata un limite invalicabile per le politiche regionali di governance della spesa farmaceutica, ma sfiora vari temi sensibili e sempre più ricorrenti nel costante confronto, normativo e giurisprudenziale, da cui trae origine il difficile equilibrio tra l’interesse pubblico al contenimento della spesa sanitaria e il diritto alla salute dei privati cittadini.
Ci si riferisce, in primis, al tema delle “liste di trasparenza” dell’AIFA, che consentono la predetta sostituibilità automatica tra farmaci e, nello specifico, a quello delle condizioni per poter sostenere soddisfatto il requisito della bioequivalenza necessario per accedervi, su cui si è pronunciato recentemente il Consiglio di Stato (Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1233) considerando idonei, a tal fine, i risultati degli studi presentati ai fini dell’ottenimento dell’AIC ai sensi della procedura “ibrida” di cui all’art. 10, comma 6, D.Lgs. 219/2016.
Allo stesso modo, viene sfiorato il tema, di grande rilevanza, delle procedure di gara in concorrenza tra farmaci biologici e biosimilari, in cui quotidianamente si assiste a nuovi assestamenti giurisprudenziali. In particolare, da ultimo, si richiama una sentenza del Consiglio di Stato (Sez. III, n. 871 del 5 febbraio 2019) che ha riconosciuto la legittimità dell’aggiudicazione unica, a dispetto dell’accordo quadro previsto dallo stesso art. 15, comma 11 quater, D.L. 95/2012, allorquando non vi è identità di principio attivo tra tre farmaci.
Infine riemerge, soprattutto, la conflittualità relativa alle direttive che le Regioni rivolgono ai medici prescrittori, le quali possono ritenersi legittime fintanto che si presentano come raccomandazioni di appropriatezza terapeutica (Consiglio di Stato n. 2229/2018) e diventano, invece, illegittime laddove, ad esempio, sconfinano in una implicita valutazione di equivalenza terapeutica tra farmaci con principi attivi diversi, prerogativa questa che la legge (art. 15, comma 11 ter, D.L. 95/2012) rimette alla competenza dell’AIFA (Consiglio di Stato n. 2820/2018). Su tale ultimo punto, peraltro, un elemento di novità – e di forte criticità – potrebbe derivare dai regimi di autonomia differenziata che dovrebbero a breve essere concessi ad alcune Regioni e che, a quanto sembra, sembrerebbero coinvolgere anche tale aspetto.
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