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“Comunque la si esamini, la spesa sanitaria pubblica italiana è nettamente inferiore a quella dei principali paesi europei, sia in valore pro capite che in percentuale del Pil” si legge nel rapporto della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO) e il 2010 è stato l’ultimo anno nel quale la spesa sanitaria pro capite italiana è stata praticamente sovrapponibile a quella media dei Paesi europei dell’area Ocse.
I dati e le valutazioni sulla spesa sanitaria italiana, a partire da quella pubblica, sono ormai numerosi. In questa sede faremo riferimento prevalentemente alle analisi di OCSE, Ragioneria Generale dello Stato e Corte dei Conti.
L’anno di riferimento più recente per la maggior parte dei dati è il 2022, che è anche l’anno preso in considerazione dalla Corte dei Conti nella sua recentissima Relazione al Parlamento sulla Gestione dei Servizi Sanitari Regionali, appena approvata. Ma anche i riferimenti utilizzati dalla Ragioneria Generale dello Stato, da Agenas e dall’OCSE sono i medesimi.
Il dato di riscontro più comune per valutare la spesa sanitaria, a partire da quella pubblica, è parametrato in percentuale sul PIL, e ciò ha un senso per ragioni ovvie ed evidenti, visto che tiene conto della ricchezza prodotta da un Paese e di tutti i parametri economici ad essa collegati. Ma si tratta anche di un dato che non rende conto pienamente, in termini di informazione, di quanto si spende effettivamente. Se l’Italia dedicasse alla spesa sanitaria risorse simili a quelle di Francia, Germania o Regno Unito, in termini di Pil, considerato che le dimensioni della sua economia sono inferiori, avrebbe una spesa pro capite certamente maggiore di quella attuale, ma comunque inferiore rispetto a quella di quei Paesi.
Ad ogni buon conto, comunque la si esamini, la spesa sanitaria pubblica italiana è nettamente inferiore a quella dei principali paesi europei, sia in valore pro capite che in percentuale del PIL.
La spesa sanitaria pubblica pro capite, a parità di potere d’acquisto, espressa in dollari statunitensi, l’unità di misura adottata dall’OCSE, in Italia nel 2022 è stata di 3.255 USD, superiore alla spesa di Spagna (3.113), Portogallo (2.640) e Grecia (1.785), ma inferiore del 53% a quella della Germania (6.930 USD), del 42% rispetto a quella della Francia (5.622 USD) e del 27,3% rispetto al Regno Unito.
Nel 2022, a parità di potere di acquisto, l’incremento della spesa pro capite in Italia, è stato del 6,7%, inferiore a quello di Germania (+7,9%) e Francia (+8,6%), mentre il Regno Unito ha ridotto la spesa dell’1,3%. Anche considerando il biennio 2020-2021, il più duro per la pandemia da SARS-CoV2, pur facendo registrare una crescita nell’insieme del 15,5%, quindi con un incremento rilevante rispetto a quello medio degli anni precedenti, la spesa sanitaria pubblica italiana è cresciuta comunque meno rispetto che a Francia (+19,2%), Germania (18,4%) e Regno Unito (+28,6%).
Considerando l’incidenza sul PIL, la spesa sanitaria pubblica italiana è stata nel 2022 pari al 6,8%, superiore a quella del Portogallo (6,7%) e della Grecia (5,1%), ma inferiore di ben 4,1 punti percentuali rispetto a quella tedesca (10,9%), di 3,5 punti rispetto a quella francese (10,3%), di 2,5 punti rispetto al Regno Unito (9,3%), e inferiore di mezzo punto anche rispetto a quella spagnola (7,3%).
Va ricordato, per completezza di informazione, che il livello della spesa italiana è condizionato dal vincolo di finanza pubblica, che per l’Italia comporta il pagamento di interessi sul debito pubblico che nel 2022 hanno assorbito 4,3 punti percentuali di PIL (82,9 mld in valore assoluto), 3,6 punti percentuali più di Germania (0,7%, pari a 26,5 mld) e 2,4 più della Francia (1,9%, pari a 50,7 mld).
Esaminando i dati al netto dell’inflazione, nel quadriennio antecedente alla pandemia (2016-2019), la crescita della spesa sanitaria italiana è stata inferiore di 2,3 punti percentuali alla variazione del PIL, mentre in Francia, Germania e Regno Unito è cresciuta, rispettivamente, di 6,0, 5,5 e 1,9 punti percentuali in più del PIL. Comportamento opposto nel primo anno del biennio pandemico (2020-2021), quando in Italia il rapporto si inverte, mentre nel 2021, per effetto del rimbalzo (+8,3%), l’economia cresce quasi il triplo della spesa sanitaria (+2,9%). Nell’intero arco temporale considerato (2016-2022), la crescita della spesa sanitaria è inferiore di un punto percentuale rispetto al PIL (6,6% a fronte di 7,7%). In Francia e Germania, nello stesso periodo, la spesa sanitaria pubblica cresce ad un tasso quasi triplo rispetto a quello del PIL, nel Regno Unito più del doppio (+25,4% a fronte di +10,2%).
I dati OCSE sulla spesa sanitaria pubblica in termini reali, al netto dell’inflazione, evidenziano che tra i Paesi europei la spesa pubblica italiana e quella portoghese restano sostanzialmente statiche nel triennio 2015-2017, per poi risalire nel biennio 2018-2019, e fino al 2021. Nel 2022 in Italia la spesa sanitaria si riduce del 3,7% in termini reali rispetto all’anno precedente, mentre Francia, Germania e Portogallo la incrementano, seppure in misura marginale, e il Regno Unito la riduce del 7%.
Questi dati, nell’insieme, ci hanno fatto parlare già in passato del SSN come di un sistema sanitario pubblico frugale, in grado di raggiungere risultati particolarmente significativi a costi estremamente contenuti. Il confronto internazionale documenta una spesa sanitaria pro capite in Italia più bassa della media UE di quasi un terzo, ma anche uno stato di salute della popolazione buono, e una aspettativa di vita tra le più elevate. Dai 79,9 anni del 2000 la speranza di vita alla nascita è salita agli 83,6 del 2019, più alta di Germania, Francia, Regno Unito, Svezia e seconda in Europa solo alla Spagna con 83,9 anni. Dopo aver perso 1,3 anni nel 2020, con la pandemia da SARS-CoV2, l’aspettativa di vita italiana ha registrato un recupero nel 2022, tornando a 83 anni, uno dei livelli più elevati in Europa, superiore di 2,3 anni alla media UE, sebbene ancora inferiore al dato pre-pandemico.
Gli italiani al di sopra dei 65 anni di età presentano, inoltre, una minore probabilità di riportare patologie croniche multiple, con uno scarto rispetto alla media UE particolarmente significativo per gli uomini, per i quali si registra anche una prevalenza leggermente inferiore di limitazioni nelle attività di base della vita quotidiana dovute a problemi di salute. I ricoveri ospedalieri evitabili per patologie croniche come asma, BPCO e diabete sono al di sotto della media dell’UE, anche se con disparità tra le diverse aree territoriali. I tassi di mortalità per cause potenzialmente prevenibili e trattabili sono inferiori alle rispettive medie UE di oltre il 27 %. Infine, la mortalità neonatale è scesa da 3,5 per mille del 2000 a 1,9 del 2019, ed è tra le più basse in Europa.