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Gara farmaci: il 25% dei lotti va deserto, per colpa delle basse basi d’asta

Secondo Assogenerici, mediamente il 25% dei lotti delle gare per l’acquisto di farmaci da destinare agli ospedali va oggi deserta, a causa di basi d’asta troppo basse per molte aziende farmaceutiche. E se i produttori fanno sempre più fatica a sostenere la pressione sui prezzi, è anche per colpa di un mercato – quello ospedaliero – che non promette volumi allettanti: il 39,8% dei farmaci di dispensati in corsia, tra fascia A e H, appartiene alla categoria dei branded, cioè è sotto brevetto; gli equivalenti sono il 36,4% e i generici puri il 23,8%. E così, la difficoltà di trovare un equilibrio tra domanda si ripercuote sulla crescente fuga delle imprese dalle gare e sul fallimento di queste ultime: nel 2015 non è stato assegnato il 27% dei lotti, nel 2014 erano il 20%.

Le richieste del comparto originano direttamente dalla fotografia del presente: riapertura automatica delle gare in caso di scadenze brevettuali in itinere (clausola di rinegoziazione “pura”); introduzione nei capitolati di quantitativi minimi d’ordine vincolanti, come antidoto al rischio di rottura di stock; eliminazione del pay back ospedaliero almeno per le aziende che competono nel segmento fuori brevetto; snellimento delle procedure di gara; introduzione di elementi qualitativi per gare economicamente vantaggiose; determinazione equa dei prezzi a base d’asta. Costi regolatori, incertezze e confusione sul sistema di pay back e pressione sui prezzi stanno mettendo a rischio la sostenibilità d’impresa. Secondo Assogenerici è indispensabile la riconvocazione urgente del tavolo sulla governance del farmaco e la rivalutazione di tutte le decisioni di policy che impattano sul tessuto industriale e produttivo, perché nelle condizioni attuali diventerà impossibile per le imprese continuare a garantire l’eccellenza del servizio offerto al Ssn.

I farmaci che scadranno di brevetto entro l’anno sono 14 e assieme totalizzano una spesa di circa un miliardo di euro. Una cifra che, secondo Assogenerici, potrebbe dimezzarsi quando sul mercato faranno la loro comparsa le versioni generiche di questi “originator”. Ma gli ospedali non sembrano mostrare particolare sensibilità per i risparmi garantiti dagli unbranded, come dimostra il caso dell’imatinib: è uno dei primi farmaci anticancro “intelligenti” ad aver perso la copertura brevettuale, a fine 2016, e il generico è disponibile dallo scorso marzo. «Il costo di un mese di terapia con il branded si aggirava sui 1.800 euro» spiega Carlo Gambacorti, direttore del dipartimento di Ematologia dell’università di Milano Bicocca e dell’ospedale San Gerardo di Monza «con l’arrivo del generico i costi sono ridotti rispettivamente a 1 e a 45 euro circa, da cui economie di oltre 200 milioni l’anno. Mi sarei aspettato di vedere le farmacie ospedaliere piene dell’imatinib generico, ma molte continuano a utilizzare l’originator.

Calcolare il mancato risparmio non è difficile, considerato che il Italia circa 10mila pazienti risultano in cura con il farmaco. Finora, però, hanno bandito gare per sfruttare le potenzialità del generico soltanto Lazio, Sicilia, Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Veneto e Piemonte. Situazione simile per l’antiepilettico pregabalin, il cui mercato vale 150 milioni di euro. I suoi generici sono in commercio dal settembre del 2015, ma finora sono state vendute appena 500mila confezioni, per una spesa di 4 milioni. Numeri che fanno sbalordire, soprattutto a tenere presente i dati dell’anno in corso sulla spesa farmaceutica ospedaliera, che a dicembre farà registrare un altro sfondamento-monstre.

Tra gli altri farmaci i cui brevetti sono scaduti o in scadenza, due sono in classe C (tadalafil per le disfunzioni erettili e l’antiallergico olopatadina cloridrato), due in H (l’immunosoppressivo abatacept e l’antibiotico ertapenem) e tutti gli altri in Classe A, ossia rimborsati dal Ssn. Tra le molecole di largo consumo ci sono la rosuvastatina sale di calcio (mercato di oltre 280 milioni), seguita dalla dutasteride utilizzata per l’iperplasia prostatica benigna (oltre 160 milioni) e l’antipertensivo olmesartan medoxomil (quasi 300 milioni).

Se gli equivalenti arrancano in ospedale, nel territorio migliorano le performances
Si conferma – nel secondo trimestre dell’anno, nel canale farmacia – il trend positivo del comparto degli equivalenti già evidenziato nel primo trimestre dell’anno, con una crescita a unità dell’1,8% rispetto al secondo trimestre dell’anno precedente e una  crescita a valori decisamente più sostenuta (+ 4,2%).  Questo è determinato dall’apertura alla concorrenza di segmenti di molecole i cui prezzi dei farmaci originatori prima della scadenza brevettuale risultano mediamente più alti (si tratta di molecole specialistiche) rispetto ai livelli registrati per quelle molecole sulle quali gli equivalenti sono entrati in commercio negli anni passati. Complessivamente nel primo semestre 2017 gli equivalenti hanno rappresentato il 20,97% del totale del mercato retail a confezioni e l’11,67% a valori (Sell In – tutte le classi di farmaci).

L’analisi è contenuta nel Report semestrale (gennaio-giugno 2017) sui trend del mercato italiano di settore, realizzato dal Centro Studi Assogenerici, che attesta a 1.54 miliardi (in prezzi ex factory) il valore delle vendite nel canale retail, con un giro d’affari concentrato essenzialmente in classe A che assorbe l’89,2% a volumi e il 77,1% a valori del mercato totale dei farmaci generici, per un totale di 1,19 miliardi. Una performance dunque positiva a fronte dell’arretramento registrato dal totale del mercato farmaceutico retail (-1,3% a unità; -1,8% a valori) e dai brand a brevetto scaduto (-2,2% a unità; -2,7% a valori), che attesta al 20,97%  il peso degli equivalenti sul mercato complessivo a volumi a fronte di leggeri arretramenti delle altre due classi di consumo (farmaci patented, 25,91%; brand a brevetto scaduto, 53,12%). Questi ultimi giocano ovviamente ancora la parte del leone nella segmentazione a volumi del mercato off patent in tutte le classi, assorbendo il 72% dei volumi contro il 28% coperto dagli equivalenti. Allo stesso modo, sempre nel canale farmacia, i generici equivalenti quotano il 11,67 % del mercato totale a valori, senza distinzione di classi, a fronte delle performance omogenee dei farmaci protetti (41,65%) e dei brand a brevetto scaduto (46,68%), mentre rappresentano – sempre a valori – il 20% del mercato fuori brevetto contro il 80% ancora detenuto dai brand a brevetto scaduto.

I consumi in classe A nel primo semestre 2017
Per quanto riguarda i consumi di classe A si evidenzia una leggera flessione ( – 0,5%) delle confezioni rimborsate dal SSN nel primi sei mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016, con una flessione del – 5,3% nell’area dei prodotti ancora coperti da brevetto rispetto al primo semestre del 2016. In crescita invece il segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto – in particolare degli equivalenti – che registrano una crescita dello 0,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In leggera crescita, invece, rispetto al primo semestre 2016, la spesa rimborsata complessiva (+0,4%), mentre arretra la spesa afferente ai prodotti ancora coperti da brevetto (- 4,3%, con vendite totali  di  circa 2 miliardi),  e prende quota  l’intero segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto, con una crescita del 4,6%  per un giro d’affari complessivo di poco superiore agli 800 milioni di euro.

Consumi regionali in classe A
Dall’analisi dei consumi degli equivalenti di classe A per aree geografiche emerge ancora una volta un mercato robusto degli equivalenti nel Nord Italia, dove hanno rappresentato, nel primo semestre dell’anno in corso,  il 34,9% a unità e il 24,1% del mercato a valori: performance decisamente superiore a quella del Centro (25,6% a unita; 18% a valori), del Sud (20,4 a unità; 14,2% a valori) e della media Italia (27,9% a unità; 19,4% a valori). Regina consolidata dei consumi fuori brevetto resta la Provincia Autonoma di Trento: è off patent l’80% delle unità dispensate e il generico assorbe il 41,3% del totale. Seguono Lombardia (77,8% e 37,3%), Emilia Romagna (80,6% e 34,7%), la Provincia Autonoma di Bolzano (77,8% e 33,5%), Veneto, Friuli e Toscana a seguire. All’estremo opposto la Basilicata, fanalino di coda con una incidenza di off patent del 77,7% sul totale delle confezioni rimborsate dal Ssn, ma con una quota di equivalenti del 18,5%, la Calabria (stesso dato), la Campania (20%), la Sicilia (20,2%). Per quanto riguarda invece l’importo del differenziale di prezzo pagato dal cittadino scegliendo il brand al posto dell’equivalente, nel primo semestre dell’anno è di 561 milioni di euro. L’incidenza maggiore a livello regionale è nel Lazio (14,1% pari a 71 milioni di euro) ed in Sicilia (14%). L’incidenza più bassa in Lombardia, dove il differenziale versato di tasca propria dai cittadini quota il 10,9% della spesa regionale Ssn nel canale retail”.

Canale ospedaliero
“Nel canale ospedaliero, infine, nel primo semestre dell’anno i prodotti equivalenti hanno assorbito il 24% del mercato a volumi e il 5,9% del mercato a valori, in un habitat che vede l’assoluta predominanza dei prodotti in esclusiva, titolari del 39,9% dei volumi e dell’86,4% del giro d’affari di settore”.

articolo a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market