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Responsabili Anticorruzione alla ribalta delle cronache con l’inchiesta di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera. “Anticorruttori ma già condannati” s’intitola l’articolo, che scoperchia il vaso di Pandora sul meccanismo, non sempre virtuoso, dell’anticorruzione in Italia. Dove si registra «una media di oltre 1.500 casi di corruzione ogni anno, 818 sentenze definitive di condanna nel solo 2016 per peculato, indebita percezione di erogazioni pubbliche a danno dello Stato, corruzione in atti giudiziari, d’ufficio, concussione. Eppure 3 enti su 4, non hanno mai segnalato alcun caso di corruzione. Ma chi avrebbe dovuto segnalarlo? Proprio i Responsabili Anticorruzione preposti al controllo nei singoli enti pubblici (…)».
Nell’articolo, si precisa che «negli enti locali italiani, i Responsabili dell’Anac, salvo eccezioni, sono i segretari generali: circa 7.000 in tutto, nominati dal sindaco, o dal Presidente della Provincia. Dirigenti, dunque, di investitura politica, e che dalla politica dipendono, ed è forse per questo che l’Anac, con una circolare raccomanda di evitare di designare, quale responsabile della prevenzione della corruzione, un dirigente nei confronti del quale siano pendenti procedimenti giudiziari, o che non abbia dato dimostrazione nel tempo di comportamento integerrimo. Si è sentita la necessità di precisarlo, ma non di verificarlo». E dall’inchiesta sono emersi almeno venti casi di enti in cui i Responsabili Anticorruzione sono persone sotto processo o già condannate.
Non è mancato l’intervento del presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone, che in una lettera al Corriere ha ribattuto: «(…) l’Autorità nazionale anticorruzione non ha alcun potere nella loro nomina né alcun ruolo rispetto al loro operato. Gli Rpc sono dipendenti della singola amministrazione e questo incarico è conferito dai vertici della amministrazione di appartenenza, senza nessuna interlocuzione con l’Anac. (…)Quanto all’affermazione contenuta nell’inchiesta secondo cui non si sa in quali casi gli Rpc abbiano segnalato il verificarsi di fatti di corruzione, va chiarito che non si tratta di ufficiali di polizia né giudiziaria né di sicurezza ma di soggetti chiamati a far rispettare un impianto di norme».
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Leggi l’intervento del presidente ANAC