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I rischi della centralizzazione acquisti senza acquisizione di nuove competenze

di Niccolò Cusumano, Francesco Longo, Veronica Vecchi, Giuditta Callea, Fabio Amatucci *

La possibilità di rafforzare le competenze nei processi di acquisto del Ssn è una delle principali ragioni per la centralizzazione della committenza. Un soggetto aggregatore opera, infatti, come agente specializzato nella gestione dei processi di approvvigionamento e selezione dei fornitori. I maggiori volumi di acquisto gestiti consentono di sostenere investimenti in persone e tecnologie che difficilmente sarebbero giustificabili a livello di singola azienda. Non è un caso che un recente paper (Baldi & Vannoni, 2017) dimostri come la centralizzazione sia più efficace nei contesti in cui, a livello di aziende decentrate, la qualità istituzionale sia minore e maggiore la corruzione.

Da una recente indagine condotta dall’Osservatorio Masan Cergas-SDA Bocconi, presso le proprie imprese associate, sulla percezione del livello di competenza delle centrali di acquisto, emerge un quadro in chiaroscuro. Se alle centrali è riconosciuta una capacità significativa nella gestione degli aspetti giuridico-amministrativi connessi alle procedure di selezione del fornitore, così non è per la conoscenza dei prodotti e della domanda dei beni/servizi acquistati. Questa valutazione si specchia nel giudizio che le centrali aderenti al network esprimono di sé: forte conoscenza di norme e procedure e maggiore debolezza nella capacità di lettura del fabbisogno e analisi dei dati, e nella negoziazione con la componente clinica e con i fornitori. Quest’ultimo punto è anzi visto come poco necessario, in quanto il ricorso a procedure aperte non richiede negoziazione. Le centrali pubbliche hanno in generale una percezione positiva del livello di competenze presenti tra gli operatori di mercato, ma notano una scarsa capacità nel comprendere i fabbisogni pubblici e la governance dei processi di acquisto. Questi aspetti coincidono con l’auto-diagnosi delle imprese dove ritengono essere maggiormente carenti.

Se gli attori presenti sul mercato, pubblici e privati, non si conoscono e hanno difficoltà a dialogare, difficilmente possono instaurare un rapporto di fiducia reciproca. La mancanza di fiducia e l’enfasi su meccanismi di selezione competitivi, non consentono di instaurare una relazione collaborativa tra cliente e fornitore. Collaborazione che è un ingrediente fondamentale non solo per l’acquisto di beni/servizi strategici altamente innovativi, ma in generale per ri-orientare la spesa sanitaria dall’acquisto di prodotti all’acquisto di soluzioni costo-efficaci.

La centralizzazione aumentando notevolmente la taglia dei contratti richiede un cambio di paradigma anche nelle strategie di acquisto e modalità di costruzione delle gare e capitolati. Per fare questo sono necessarie nuove e diverse competenze rispetto a quelle tradizionali dei buyer pubblici.

Osservatorio Masan ha quindi indagato le caratteristiche del personale presente nelle centrali e le politiche di formazione del personale. Delle 8 centrali che hanno risposto al questionario predisposto (il 40% delle centrali che operano a livello nazionale in sanità) emerge come solo il 13% ritenga il proprio personale sufficiente a svolgere le funzioni assegnate in termini numerici e/o di mix di competenze e profili presenti. In media il 40% del personale ha una formazione di natura giuridica e l’età media, in metà dei rispondenti, è oltre 50 anni. Si presenta, quindi, un quadro comune a molti settori dell’Amministrazione per cui negli ultimi anni si è andati incontro al progressivo depauperamento e invecchiamento anagrafico dei lavoratori in servizio.
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l “problema” è più complesso rispetto alla semplice carenza di risorse. La necessità di dotare i soggetti aggregatori di competenze e strumenti organizzativi adeguati ha portato allo stanziamento di 10 milioni di euro nel 2015 e 20 nel 2016 (Art. 9, comma 9, del D.L. 66/2014) e alla possibilità di assumere personale in deroga ai limiti vigenti (Art.1 c. 512 Legge 28 dicembre 2015 n. 208). Alcune realtà sembrano avere colto queste possibilità rafforzando il proprio organico, altre no. Il 90% di chi ha risposto evidenzia la difficoltà nel reperire profili qualificati, prima ancora che limiti di budget o assunzionali. Per potere cercare e poi assumere le persone giuste è necessario avere da un lato definito il proprio fabbisogno, dall’altro offrire ai potenziali candidati dei percorsi di carriera attrattivi. Come mostra la figura questi processi sono molto spesso ancora in fase embrionale. In questo senso, sicuramente un impulso verso la programmazione sarà dato dall’obbligo della predisposizione dei Piani triennali dei fabbisogni del personale (Pftp) previsti dal Decreto legislativo 75/2017.

Vi è poi la questione del rafforzamento delle competenze del personale già impiegato. La spesa di formazione (dato mediano) pesa per solo il 0,19% del costo del personale, si tratta in termini assoluti di circa 26mila euro annui. Si tratta di un dato evidentemente risibile, ma del tutto in linea con quanto avviene nella Pubblica Amministrazione nel suo complesso. Basti pensare che l’intero Ssn ha investito in formazione esterna (dati Rgs, Siope) 90 milioni di euro nel 2017. Dai dati 2016 del Conto Annuale in media il personale del Ssn ha svolto tra gli 1,69-1,38 giorni equivalenti a testa di formazione, questo dato scende 1,13-0,75 giorni equivalenti per il personale delle Regioni. Nelle Centrali che hanno risposto al questionario, il 45% delle ore di formazione erogate è stato dedicato a temi di carattere giuridico-normativo, il 22% a formazione obbligatoria in materia di sicurezza sul lavoro.

I Sistemi sanitari regionali stanno vivendo notevoli trasformazioni: se negli scorsi anni si è lavorato con successo a raggiungere l’equilibrio economico finanziario, oggi necessario tornare a investire anche nell’apparato amministrativo in modo da potere rispondere alle nuove sfide. La funzione acquisti esercita in modo crescente un ruolo strategico per la selezione e l’acquisizione delle innovazioni tecnologiche nei servizi sanitari. L’azione sugli assetti istituzionali, attraverso la creazione di centrali regionali di acquisto, non deve far passare in secondo piano la necessità di investire nello sviluppo di nuove competenze professionali distintive non solo a livello di centrale, ma anche nelle singole aziende sanitarie e ospedaliere presenti sul territorio che sono responsabili dell’erogazione del servizio ed esprimono il fabbisogno. In sintesi, un cambio degli assetti istituzionali (centralizzazione), senza l’acquisizione di nuove e specifiche competenze per popolarle di contenuti innovativi, rischia di essere una operazione solo di contenimento dei costi e della qualità dei servizi e non di generazione di valore.

Fonte: Il Sole24ore da Osservatorio Masan 

* Osservatorio Masan, Sda Bocconi – Cergas, Università Bocconi