Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Quesito
Sentenza Consiglio di Stato, sez. V, 06.05.2021 n.3538
Massima
È illegittima la clausola di un bando di gara secondo cui è posto l’obbligo, in capo al futuro aggiudicatario, di pagare alla Centrale di Committenza, prima della stipula del contratto di appalto, il corrispettivo dei servizi di committenza e di tutte le attività di gara non escluse dal comma 2-bis dell’art. 41 del D.lgs. n. 50/2016 dalla stessa fornite, e, in particolare, una somma pari all’1% oltre iva dell’importo complessivo posto a base di gara. Infatti, la clausola che prevede che sia l’aggiudicatario a remunerare la centrale di committenza, per i servizi e le attività di gara, in misura percentuale rispetto all’importo a base di gara, ha l’effetto di traslare illegittimamente il peso economico del servizio dall’amministrazione al privato; essa, pertanto, costituisce, nei fatti, una prestazione imposta per contrattare con l’amministrazione, senza che la stessa trovi copertura in espressa norma di legge.
Analisi
Con sentenza n. 3538/2021 – sez. V, il Consiglio di Stato, su ricorso proposto dall’Anac, è intervenuto sul bando di gara projet financing relativo all’illuminazione pubblicato dal Comune di Vairano Patenora, procedura per la quale Asmel consortile s.c.a r.l. era individuata quale Centrale di committenza ausiliaria con il compito di gestire le varie fasi della procedura mediante piattaforma telematica.
Il disciplinare di gara prevedeva che l’operatore economico, in caso di aggiudicazione, si sarebbe obbligato a pagare alla Centrale di committenza Asmel Consortile S. c. a r.l., prima della stipula del contratto, oltre le spese di pubblicità, il corrispettivo dei servizi di committenza e di tutte le attività di gara non escluse dal comma 2-bis dell’art.41 d.lgs. n. 50/2016 dalla stessa fornite, corrispondente a una somma pari all’ 1% oltre iva dell’importo complessivo posto a base di gara.
Tale obbligazione, essendo parte integrante dell’offerta economica, veniva considerata elemento essenziale dell’offerta, in mancanza della quale l’offerta medesima sarebbe stata considerata irregolare.
Il Consiglio di Stato pronunciandosi definitivamente sull’appello, accoglieva, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania n. 3982/2020, il ricorso di primo grado di Anac e riteneva la suddetta clausola illegittima per i motivi di seguito indicati.
Innanzitutto tale clausola comporta effettivamente l’imposizione di una prestazione a carico del privato in assenza di previa disposizione di legge, come richiesto dall’art. 23 Cost. secondo il quale “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
Se è pur vero che, nel caso di specie, il Comune ha delegato ad Asmel numerose attività strumentali alla gestione ed espletamento della procedura di gara, del costo di tali servizi avrebbe dovuto farsi carico direttamente l’amministrazione beneficiante, senza traslare il peso economico del servizio dalla Stazione appaltante al privato. Così agendo, l’obbligo a carico dell’aggiudicatario di remunerare la Centrale di committenza Asmel in misura percentuale rispetto all’importo a base di gara si configura, nei fatti, in una prestazione imposta per contrattare con l’amministrazione senza che la stessa trovi copertura in espressa norma di legge.
Il suddetto meccanismo di remunerazione delle prestazioni si pone in contrasto anche con gli art. 73, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 che limita gli importi rimborsabili da parte dell’aggiudicatario alle sole spese di pubblicazione e con l’art. 41, comma 2 bis d.lgs. n. 50 del 2016, che espressamente vieta di porre a carico dei concorrenti eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme telematiche.
Secondo i giudici, a nulla vale, inoltre, richiamare l’art. 16 bis R.d. 18 novembre 1923 n. 2440, come modificato dall’art. 1 l. n. 27 dicembre 1975, n. 790 quale base normativa della prestazione contrattuale imposta. Tale norma, infatti, si riferisce a tutt’altre spese, vale a dire a quelle che vengono definite le spese contrattuali, in quanto strettamente connesse proprio alla stipulazione del contratto, quali le spese di copia, di stampa, carta bollata “e tutte le altre inerenti ai contratti”. Si tratta, dunque, di costi che differiscono completamente da quelli che la clausola in questione è diretta a remunerare e che, peraltro, confermano la necessità di una previa disposizione di legge, mancante per le spese di cui si discute nel giudizio in questione.
In secondo luogo, la clausola contestata, imponendo al concorrente di impegnarsi, a pena di esclusione, a corrispondere una somma a titolo di corrispettivo per le attività di committenza e le altre attività svolte da Asmel consortile in percentuale sull’importo complessivo posto a base di gara opera una restrizione della concorrenza, poiché è evidente che, in forza di tale previsione, il corrispettivo contrattuale sarebbe risultato, sia pure indirettamente, decurtato della predetta somma e sarebbe stato ben possibile che, per ragioni di economia aziendale, proprie di ciascun impresa, il servizio da prestare può risultare in prospettiva non più remunerativo (o non adeguatamente remunerativo) e così indurre un operatore economico a non prendere parte alla procedura.
Infine, il Consiglio di Stato, riprendendo il contenuto di altre sentenze già emanate, giunge ad escludere che a siffatta clausola possa essere assegnata la qualificazione di clausole c.d. escludenti, la cui impugnazione è consentita agli operatori economici interessati alla procedura anche senza attendere il provvedimento di impugnazione.
I giudici giungono a tale conclusione ritenendo che l’eventuale esclusione sarebbe, in tal caso, conseguente a una manifestazione contraria di volontà dell’operatore e non dovuta a un obiettivo impedimento come nel caso delle clausole escludenti, proprio per l’obiettiva possibilità di conformarsi alla normativa, circostanza che impedisce la sussistenza di una lesione giuridica immediata, destinata, invece, a concretizzarsi con l’aggiudicazione.
La clausola in questione non può, quindi, rientrare in quelle che rendono impossibile/difficile la formulazione dell’offerta e per le quali, in deroga ai principi generali, è consentita l’impugnazione immediata.
Stante quanto sopra, il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso di Anac, annullava il bando di gara e tutti gli ulteriori atti della procedura indetta dal Comune di Vairano Patenora.