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Il limite quantitativo del ricorso al subappalto

a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi

Il Consiglio di Stato dopo la decisione della Corte di Giustizia del 27 novembre 2019 C-402/18

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4832 del 27 luglio 2020, decide la vicenda che aveva originato la nota pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 27 novembre 2019, causa C-402/18, avente ad oggetto l’ammissibilità dei limiti quantitativi al ricorso al subappalto.

In particolare, l’appellante aveva impugnato la sentenza del TAR Lazio-Roma, n. 12511/2017, con cui il Giudice di primo grado aveva ritenuto illegittima l’aggiudicazione per violazione dei limiti al subappalto di cui all’art. 118, commi 2 e 4, D.Lgs 163/2006, in quanto, da un lato, il valore delle prestazioni lavorative affidate in subappalto avrebbe ecceduto il prescritto limite quantitativo del 30% del valore dell’appalto e, dall’altro, le medesime prestazioni sarebbero state retribuite con corrispettivi ribassati di oltre il 20% rispetto a quelli praticati nei confronti dei dipendenti diretti dell’appaltatore.

Il Consiglio di Stato, ritenendo di attribuire rilevanza decisiva, ai fini della definizione della controversia, alle dette questioni concernenti i limiti al subappalto, sia con riferimento al limite del 30% quale quota parte del servizio massima subappaltabile di cui all’art. 118, comma 2, D.Lgs. 163/2006, sia relativamente al limite del 20% quale ribasso massimo praticabile sui prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione per le prestazioni affidate in subappalto di cui all’art. 118, comma 4, D.Lgs. 163/2006, ha sollevato la questione di compatibilità della disciplina italiana con il diritto comunitario.

Con l’ordinanza n. 3553/18, il Collegio ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale concernente la compatibilità di tali disposizioni con: i) i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui gli articoli 49 e 56 del TFUE; ii) l’art. 25 della Direttiva 2004/18 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004; iii) l’art. 71 della Direttiva 2014/24 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014. A sostegno dell’ordinanza di rimessione, il Consiglio di Stato ha in particolare rilevato che la previsione dei limiti generali dettati dall’art. 118, commi 2 e 4, D.lgs 163/2006 potesse rendere più difficoltoso l’accesso delle imprese agli appalti pubblici, e in particolar modo di quelle di piccole e medie dimensioni.

Con riferimento alla prima questione concernente il limite del 30 % della quota subappaltabile, la Corte di Giustizia, con la sentenza del 27 novembre 2019, ha statuito come tale limite non risultasse conforme all’obiettivo dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile e risultasse in ogni caso eccessivo rispetto a quanto necessario per contrastare il fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici, non lasciando peraltro alcuno spazio a una necessaria valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore.  Tale principio era stato già espresso, peraltro, dalla stessa Corte di Giustizia con la sentenza del 26 settembre 2019, causa C-63/18 (c.d. sentenza “Vitali”), che aveva già ritenuto non compatibile con il diritto europeo l’art. 105 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 50/2016) – poi modificato dalla l. n. 55 del 2019 di conversione del D.L. “Sblocca cantieri” che ne ha innalzato la soglia al 40% – che limitava al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

Con riguardo alla seconda questione concernente la prevista possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate non oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione, la Corte di Giustizia ha ritenuto tale limite – non più riproposto nel nuovo Codice del Contratti pubblici – non conforme al diritto dell’unione europea in quanto eccessivo rispetto al fine che intende perseguire, ovvero quello di assicurare ai lavoratori impiegati nel contesto di un subappalto una tutela salariale, e sproporzionato rispetto all’obiettivo di voler garantire la redditività dell’offerta e la corretta esecuzione dell’appalto. Secondo la Corte tale disposizione non consente alla stazione appaltante di operare una valutazione caso per caso, dal momento che si applica indipendentemente da qualsiasi presa in considerazione della tutela sociale garantita dalle leggi, dai regolamenti e dai contratti collettivi applicabili ai lavoratori interessati.

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato, in necessario recepimento dei principi stabiliti dalla Corte di Giustizia, ha ritenuto non applicabile al caso di specie, in quanto contraria al diritto europeo, la disciplina di cui all’art. 118, commi 2 e 4, del D.Lgs. 163/2006. In particolare, il Collegio ha evidenziato il contrasto con il diritto comunitario della normativa italiana che limita il ricorso al subaffidamento per una parte del contratto fissata in maniera generale e astratta in una determinata percentuale, prescindendo dalle reali capacità dei subappaltatori e dal carattere essenziale o meno delle prestazioni.

Sebbene la fattispecie oggetto di decisione sia riferita al D.Lgs 163/2006 ed alla Direttiva 18/2004, è chiaro come la decisione della Corte di Giustizia impatti anche sull’attuale assetto dell’articolo 105 del Codice regolante l’istituto del subappalto.

Come noto, nel gennaio 2019 la Commissione Europea ha avviato, infatti, nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione (n. 2018/2273 del 24 gennaio 2019), lamentando – tra le altre –  la contrarietà della disciplina italiana del subappalto rispetto alle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE nella misura in cui sancisce il divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico (art. 105, co. 2, D.lgs. 50/2016).

A fronte della procedura di infrazione è stata disposta la modifica all’art. 105 D.Lgs. 50/2016, con la Legge n. 55 del 2019 di conversione con modificazioni del D.L. Sblocca Cantieri che all’art. 1, co. 18, ha stabilito che fino al 31 dicembre 2020, le stazioni appaltanti debbano specificare negli atti di gara la quota di lavori, servizi e forniture da subappaltare, che comunque non può superare il 40% dell’importo complessivo del contratto.

Considerato che il problema della normativa nazionale risiede, secondo il Giudice comunitario, nell’individuazione aprioristica, generale e astratta di un limite quantitativo al subappalto, l’innalzamento di tale soglia non ha però superato la questione, che rimane ancora attuale.

Ed infatti il TAR Valle d’Aosta, con una recente pronuncia (n. 34 del 3 agosto 2020) ha statuito che alla luce delle citate sentenze della Corte di Giustizia, ai fini della compatibilità con il diritto eurounitario, non è rilevante la misura del limite posto alla facoltà di subappaltare – sia esso il 30 % dell’importo complessivo del contratto, come indicato dagli art. 105, co. 2, D.lgs. n. 50 del 2016 e art. 118 D.Lgs. 163/2006, oppure del vigente 40 % – quanto la natura “quantitativa” del limite stesso, nonché la sua applicabilità “in modo generale e astratto” e senza una “valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore”. Proprio sulla base di tali principi, il TAR ha disposto l’annullamento degli atti impugnati laddove limitano aprioristicamente l’affidamento in subappalto a una quota massima del 40% dell’importo complessivo del contratto.

In conclusione, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha sancito, in termini generali, il contrasto con il diritto comunitario del limite quantitativo al ricorso al subappalto, individuato in maniera astratta e generale, e che non rappresenti il risultato di una valutazione caso per caso posta in essere dalla Stazione appaltante.

Se l’incompatibilità con il diritto comunitario risiede, infatti, nell’individuazione generale e astratta di un tetto massimo dell’appalto che può essere affidato a terzi, il mero innalzamento di tale soglia, dal 30% previsto dal D.Lgs. 163/2006 al 40% stabilito dal D.Lgs. 50/2016, non sembra idoneo a rendere la disciplina nazionale conforme a quella europea.

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