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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi.
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2017 (Supplemento Ordinario n. 22) il D.Lgs. 56/2017, intitolato “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, che entrerà in vigore il prossimo 20 maggio e si applicherà ai bandi pubblicati successivamente a tale data.
Si tratta di quello che in gergo viene chiamato “Decreto Correttivo”, sul cui schema il Consiglio di Stato si era espresso con parere n. 782/2017.
Tra le numerose novità, riveste un’importanza centrale il tema del subappalto.
Come noto, tale istituto è disciplinato dall’art. 105 del D.Lgs. 50/2016, sul quale il Decreto Correttivo interviene in maniera significativa.
Anzitutto, riprendendo la definizione già contenuta nell’art. 118, comma 11, del D.Lgs. 163/2006, viene esteso a tutti i contratti (anche a quelli relativi a servizi e forniture) il principio – limitato ai soli lavori nel testo originario del Codice – secondo cui costituisce subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate, che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2% dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 Euro e qualora l’incidenza della manodopera e del personale sia superiore al 50% dell’importo del contratto da affidare.
La nuova lett. c-bis) dell’art. 105, comma 3, prevede inoltre che non si configurano come attività affidate in subappalto anche “le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”.
Si tratta di disposizione che meriterà di essere accuratamente vagliata in sede applicativa ed interpretativa.
Viene introdotto un nuovo comma 4, secondo cui “I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché:
a) l’affidatario del subappalto non abbia partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto;
b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria;
c) all’atto dell’offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare;
d) il concorrente dimostri l’assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione di cui all’art. 80”.
Anche in questo caso la novità è significativa, perché si cristallizza la regola per cui un soggetto che abbia partecipato come concorrente a una procedura di gara non può poi divenire subappaltatore del soggetto aggiudicatario dell’appalto. La finalità preventiva di pratiche anticoncorrenziali è evidente.
Al comma 5 si precisa che il tetto massimo delle attività che è possibile affidare in subappalto è pari al 30% della categoria prevalente per i lavori, ovvero dell’importo complessivo del contratto per i servizi e le forniture, così accogliendo la posizione espressa dal Consiglio di Stato nel già menzionato parere n. 782/2017.
Sul punto, si ricorda che, in senso opposto, si era espressa la Commissione Europea con una nota del 13 marzo 2017, in cui si esprimevano forti dubbi sulle limitazioni – anche quantitative – al subappalto contenute nella normativa italiana rispetto a quella europea.
Nonostante le diverse perplessità che aveva suscitato, e benché lo schema iniziale di Decreto Correttivo intervenisse sul punto, resta, nel testo definitivo, anche l’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori, con la precisazione però – ed è questo un primo elemento di novità – che, negli appalti aventi ad oggetto più tipologie di prestazioni, la terna va indicata per “ciascuna tipologia di prestazione omogenea”.
Tale scelta, che comporta evidenti complicazioni operative per le imprese, costituisce un chiaro recepimento di quanto suggerito dal Consiglio di Stato nel citato parere sullo schema di Decreto Correttivo, nel quale si era avvertito il Governo sui possibili rischi di contrasto con la legge delega e con la disciplina europea delle modifiche in materia di terna dei subappaltatori.
L’obbligo di indicazione della terna rimane circoscritto alle procedure sopra soglia (come nel testo originario del Codice), a cui vengono aggiunte – ed è questa un’ulteriore novità – le procedure aventi ad oggetto le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, come individuate dalla Legge n. 190/2012 (la c.d. Legge Severino), indipendentemente dall’importo a base di gara.
Nonostante la citata incompatibilità tra la posizione di concorrente e di subappaltatore dell’affidatario, non è stato chiarito se i medesimi operatori economici possono essere indicati da più concorrenti, all’interno della relativa terna.
Per gli appalti sotto soglia comunitaria, si prevede che il bando o l’avviso di gara indichi le modalità e le tempistiche per la verifica delle condizioni di esclusione di cui all’art. 80 prima della stipula del contratto, per l’appaltatore e i subappaltatori e l’indicazione dei mezzi di prova richiesti, per la dimostrazione delle circostanze di esclusione per gravi illeciti professionali come previsti dall’art. 80, comma 13.
Conclusivamente, può dirsi che il Correttivo è intervenuto sull’istituto del subappalto in maniera non del tutto incoerente, da un lato aumentando alcune rigidità e dall’altro lato introducendo alcuni elementi di flessibilità, mantenendo comunque di fondo le limitazioni che caratterizzano il contesto italiano rispetto alla generale disciplina europea.
Inoltre, con riferimento alle modifiche apportate al subappalto, così come più in generale, dal Correttivo, si pone il tema dei rapporti rispetto alle indicazioni contenute nella legge delega (L. n. 11/2016) e alle previsioni originarie del D.Lgs. 50/2016. Non a caso, nel suo parere, il Consiglio di Stato ha ricostruito con molta precisione i limiti al potere correttivo e le condizioni alle quali questo può essere legittimamente esercitato, indicando altresì il rischio che modifiche troppo profonde dell’assetto iniziale del Codice siano affette da illegittimità costituzionale.
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