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Impugnazione dell’ammissione alla gara, il caso di Poste

Il ricorso affrontato nella sentenza del Tar Lazio, sez. III, 27 luglio 2018, n. 8511 riguardava il provvedimento di aggiudicazione della gara indetta da Poste Italiane per l’istituzione dell’Accordo Quadro per la fornitura, consegna e montaggio di arredi back office degli Uffici Postali e per i siti delle società del gruppo dislocati sul Territorio Nazionale divisa in due lotti. La durata dell’Accordo Quadro era fissata in 24 mesi prorogabili per ulteriori 12 mesi; il criterio di aggiudicazione prescelto era quello del minor prezzo.

Il primo aspetto rilevato è il fatto che il bando sia riconducibile ai settori speciali: in punto di giurisdizione il Collegio rileva “ex officio” che Poste Italiane S.p.a. opera nel settore speciale dei servizi postali come definito dall’art. 120 del d.lgs. n. 50 del 2016. In base ai principi affermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 1 agosto 2011, n. 16, si opera una distinzione con riferimento ai settori di cui agli attuali artt. 115-120 d.lgs. n. 50 del 2016 (tra i quali i “servizi postali”), in passato definiti “esclusi”, ma successivamente sottoposti ad una disciplina apposita, di analogo tenore pubblicistico, in rapporto alla quale i settori stessi sono attualmente definiti “speciali”.

Nella citata sentenza la disciplina di natura pubblicistica (oggi, in parte contenuta nel Titolo VI, Capo I, Sez. I d.lgs. n. 50 del 2016 e in parte richiamata dall’art. 114 mediante rinvio ad altre disposizioni del Codice Appalti) è ritenuta applicabile, o meno, in funzione sia della natura giuridica del soggetto che pone in essere l’affidamento, sia dell’oggetto dell’affidamento stesso: il primo, infatti, deve essere un soggetto obbligato al rispetto delle procedure in questione, in base al diritto comunitario o interno, il secondo deve risultare riferibile all’ambito delle attività ricomprese nei settori speciali, come regolamentate dal codice degli appalti (ovvero, prima dal d.lgs.12 aprile 2006, n. 163, poi dal d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, quest’ultimo in attuazione delle direttive 2014/23, 2014/24 e 2014/25 UE, abrogatrici delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE, che si riferivano, rispettivamente, agli appalti nei settori ordinari e speciali) (vedi TAR Lazio, III, 30 novembre 2017, n. 11842).

Inoltre il termine, previsto dal comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. per l’impugnazione dell’ammissione alla gara o dell’esclusione decorre, oltre che dall’avvenuta pubblicazione del relativo provvedimento sul profilo del committente della stazione appaltante, dalla comunicazione o notificazione individuale del provvedimento, e non anche dalla seduta pubblica durante la quale è stata decisa l’ammissione o l’esclusione.

In merito alla presentazione delle certificazioni, le stazioni appaltanti, quando richiedono la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell’operatore economico di determinati sistemi o di norme di gestione ambientale, fanno riferimento al sistema dell’Unione di ecogestione e audit (EMAS) o a altri sistemi di gestione ambientale nella misura in cui sono conformi all’articolo 45 del regolamento (CE) n. 1221/2009 o ancora ad altre norme di gestione ambientale fondate su norme europee o internazionali in materia, certificate da organismi accreditati per lo specifico scopo, ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio. (…) Qualora gli operatori economici abbiano dimostrato di non avere accesso a tali certificati o di non avere la possibilità di ottenerli entro i termini richiesti per motivi loro non imputabili, la stazione appaltante accetta anche altre prove documentali delle misure di gestione ambientale, purché gli operatori economici dimostrino che tali misure sono equivalenti a quelle richieste nel quadro del sistema o della norma di gestione ambientale applicabile”.

Laddove, come accaduto nella specie, l’operatore economico non sia in grado di esibire siffatti certificati può ovviare a ciò (sempreché tale impossibilità non sia allo stesso imputabile), esclusivamente attraverso “prove documentali delle misure di gestione ambientale” adottate, delle quali dimostrare l’equivalenza “….a quelle richieste nel quadro del sistema o della norma di gestione ambientale applicabile”.

Documenti correlati: Sentenza Tar Lazio, sez. III, 27 luglio 2018, n. 8511