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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market
Due recenti sentenze del Consiglio di Stato, emesse in rapida successione (Consiglio di Stato, sez. VI, 02.01.2020 n. 25 e 15.01.2020 n. 378), tornano sulla problematica della suddivisione in lotti degli appalti pubblici, regolata dall’art. 51 del D.Lgs. n. 50/2016. Il primo pronunciamento riforma la sentenza del TAR Campania n. 1677/2019, il secondo conferma la decisione del TAR Toscana n.1105/2019. Si configura una attenuazione dell’obbligo di frazionamento in lotti dell’appalto.
La norma di riferimento è la seguente: Art. 51. (Suddivisione in lotti)
1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg)in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimporese, piccole e medie imprese. E’ fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti. (……)
Il nuovo Codice dei contratti ha accentuato – in coerenza con l’ordinamento comunitario – il favor normativo per la tutela delle PMI nell’accesso agli appalti pubblici, rispetto a quanto previsto dall’abrogato D.Lgs. n. 163/2006. Rispetto al previgente quadro normativo, è stata tolta la condizione opponibile al frazionamento del non essere lo stesso “economicamente conveniente” e introdotto l’obbligo di motivazione per il caso del non frazionamento (che quindi rimane comunque possibile).
Il mancato frazionamento potrebbe determinare una minore economicità dell’appalto per effetto di una minore massa critica posta in competizione, nonché favorire la spartizione delle forniture. Da qui il possibile contrasto con un altro principio dell’ordinamento, quello dell’economicità di impiego delle risorse pubbliche, efficacia di azione e buon andamento della pubblica amministrazione.
Una contraddizione che il legislatore scarica sulle stazioni appaltanti, chiamate a contemperare principi opposti e che rappresenta terreno fertile per l’instaurarsi di contenziosi sull’accesso alle gare. Contenziosi che, appunto, non mancano e che hanno dato luogo ad una giurisprudenza ondivaga. Per non parlare della clamorosa contraddizione del frazionamento in lotti con l’azione di compattamento della domanda perseguita pervicacemente dal legislatore con specifica normativa, attraverso la previsione, da ultimo, dei “soggetti aggregatori”.
In ambito regolatorio, a proposito dell’attività della Consip, l’ANAC ha assunto un orientamento “pro frazionamento in lotti”, ritenuto prevelente sul’atttività centralizzatrice del soggetto aggregatore.
Con la delibera n. 123/2019 del 13 febbraio 2019 l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha censurato le strategie di strutturazione degli appalti della Consip. Nel mirino la gara da 1,5 miliardi per i servizi (non solo di pulizia) a favore degli enti della sanità. Il maxibando, indetto nel dicembre 2014, vigente il D.Lgs. n. 163/06, è stato contestato dalla Federazione nazionale delle imprese di pulizia (Fnip) che hanno inviato una segnalazione all’Anac, obiettando proprio la scelta di agire per maxi-lotti geografici (in tutto 14) «di dimensioni tali da impedire la partecipazione delle piccole e medie imprese»
Secondo l’ANAC, la tesi proposta dal Soggetto aggregatore, circa la prevalenza, nelle convenzioni Consip, delle finalità del contenimento della spesa rispetto ad ogni altro interesse, non tiene conto della normativa interna intervenuta successivamente al bando in esame, che dà notevole risalto alla esigenza strategica di preservare l’accesso delle PMI alle commesse pubbliche (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 6.03.2017 n. 1038) anche a discapito del raggiungimento, nell’immediato, del miglior risultato di gara in termini di binomio qualità-prezzo. Tale principio si applica anche alle convenzioni Consip, in assenza di una espressa disposizione di senso contrario nella speciale disciplina di riferimento.
Nel complesso sono stati affermati i seguenti assunti:
1) all’osservanza dell’obbligo motivazionale, mediante la congrua illustrazione delle ragioni sottese alla suddivisione in lotti concretamente disposta;
2) alla verifica della logicità e plausibilità delle stesse, in rapporto all’interesse pubblico perseguito in concreto (ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 26.09.2018 n. 5534).
La decisione di dividere l’appalto in lotti non deve dare luogo a violazioni sostanziali dei principi generali di libera concorrenza, par condicio, non discriminazione e trasparenza (Consiglio di Stato, sez. III, 13.11.2017 n. 5224);
La schizofrenia normativa tra leggi sempre più stringenti che prevedono la concentrazione degli acquisti e altrettante che, in nome della tutela delle PMI, la vietano, emerge in tutta evidenza dopo la richiamata sentenza del Cons. di Stato n. 5224 del 13/11/2017, giudicato che va a dirimente precedenti decisioni contrastanti emesse da Tribunali amministrativi regionali. Il pronunciamento del C.di S. riguarda una procedura di gara indetta dal Soggetto aggregatore Intercent – Er dell’Emilia Romagna finalizzata alla stipula di una convenzione quadro per l’affidamento del servizio di pulizia, igiene ambientale e altri servizi per le Aziende Sanitarie USL di Imola Parma e Piacenza, l’Azienda Ospedaliera di Parma e di Modena e Istituto Ortopedico Rizzoli. Intercenter ha suddiviso l’appalto in lotti su base macro-territoriale accorpando diverse aziende e presidi ospedalieri.
La gara è stata bandita in prossimità dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti (D.Lgs. n. 50/2106), ma per effetto della data di pubblicazione del bando sulla GUCE, antecedente tale entrata in vigore, il regime normativo da applicare al provvedimento è quello del vecchio Codice (D.Lgs. n. 163/2006). Ciò rende ancora più significativo il pronunciamento del massimo consesso giudicante, posto che il vecchio Codice era meno restrittivo di quello nuovo in materia di tutela delle PMI. Il C.di S. sposa le tesi delle imprese ricorrenti, in ordine al dimensionamento dei lotti e ai criteri economici di accesso, tali da inibire la partecipazione alla gara delle PMI. I precedenti pronunciamenti giurisprudenziali vedevano contrapposti il Tar Lazio e il Tar Toscana.
Secondo i giudici del TAR Lazio la disciplina previgente al nuovo Codice, estremamente centrata sull’obiettivo di contenere la spesa pubblica, privilegiava il compattamento della domanda. Viceversa la direttiva 2014/24/UE, tra i suoi considerando, evidenzierebbe in particolare che le previgenti direttive vanno riviste ed aggiornate per facilitare in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici. Con due sentenze in successione ( n. 9441/2016 e 1345/2017) il TAR Lazio-Roma ha quindi sancito l’illegittimità rispettivamente di una procedura per l’affidamento di servizi integrati di vigilanza bandita dalla Consip e una gara per l’affidamento dei servizi in global service nei nidi, nelle scuole dell’infanzia, nei servizi integrativi e nelle scuole d’arte e dei mestieri di Roma Capitale.
Di segno opposto la sentenza del TAR Toscana – Firenze n. 1755/2016 che, nel decidere il ricorso avverso l’affidamento da parte dell’ESTAR della convenzione per la gestione del servizio e raccolta rifiuti sanitari di tutte le aziende sanitarie regionali (gara da oltre 49 milioni di euro, non suddivisa in lotti) giunge ad affermare che l’art. 51 D.Lgs.n. 50/2016 non pone il principio della suddivisione in lotti in termini assoluti, ben prevedendo la possibilità anche di un unico lotto (se adeguatamente motivata). Inoltre, sovraordinata alla normativa sugli appalti vi sarebbe quella emergenziale della cd. “Spending review”, che proprio partendo dalla finalità di razionalizzare e contenere la spesa pubblica ha introdotto l’obbligo di centralizzare gli acquisti. Se dunque si considera la necessità di ridurre la spesa come maggiormente rilevante rispetto al favor partecipationis, da ciò se consegue che la possibilità di ridurre l’importo d’aggiudicazione giustifica di per sé la mancata suddivisione in lotti della gara.
Sul contemperamento dei richiamati interessi pubblici contrapposti è utile richiamare la disciplina europea, di cui quella nazionale costituisce recepimento. Il <considerando> n. 78 della direttiva 2014/24/UE, occupandosi della questione, dopo aver posto in evidenza la necessità di garantire la partecipazione delle PMI alle gare pubbliche e il correlato strumento della suddivisione in lotti, si occupa anche della possibile scelta della stazione appaltante di non procedere all’articolazione in lotti e, oltre a prevedere la necessità di motivazione, si spinge anche a considerare le possibili ragioni giustificative di una tale scelta: Evidenzia quindi che “tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.
Tra gli interessi che possono essere valorizzati dalle stazioni appaltanti per non procedere alla suddivisione in lotti vi è dunque anche quello dei costi cui la suddivisone in lotti può condurre.
Il bando oggetto di contestazione che ha generato la sentenza del C.diS. n. 25/2020 riguarda una procedura aperta, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento di un contratto di appalto dei servizi di portierato e assistenza aule per le sedi universitarie di Caserta e provincia, con formazione degli addetti in materia di sicurezza; gestione e manutenzione, ordinaria e straordinaria, degli impianti di video sorveglianza e antiintrusione per le sedi universitarie di Caserta e provincia e di Napoli. L’appalto è stato suddiviso in tre lotti, ciascuno comprendente entrambi i servizi. Il C. di S. ribalta la sentenza di primo grado del TAR Campania 25 marzo 2019 n. 01677.
Afferma il C.di S.: “Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo, (Cons. Stato, III, 13 novembre 2017, n. 5224): la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza; a tal fine, quale corollario dell’effettività della regola generale, è posta la previsione di un specifico obbligo di motivazione (art. 51 del d.lgs. n. 50/2016), proprio perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza.
Questa Sezione ha poi richiamo un altro precedente in argomento in sede di decisione cautelare (Cons. Stato, V, 3 aprile 2018, n. 2044), dove si ricorda che “è pur vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50/2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163/2006; tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”.
Il principio della suddivisione in lotti può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) ed è espressione di scelta discrezionale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081), sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto “di grosse dimensioni” in lotti”.
La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza”, così da ultimo, Cons. Stato, III, 4 marzo 2019, n. 1491). (…)
La sentenza del C. di S. n. 378/2020 riguarda l’impugnazione di un bando relativo alla progettazione, realizzazione e gestione del Sistema Cloud Toscana, il community Cloud per la Pubblica Amministrazione in Toscana», in cui è prevista in unico lotto la connessione tra servizi e lavori.
L’accorpamento di prestazioni non omogenee è ritenuto legittimo in quanto si configuri una connessione funzionale tra le diverse prestazioni.
L’accorpamento di lavori ai servizi oggetto della prestazione principale è innanzitutto consentito dall’art. 28 del codice dei contratti pubblici, il quale per il caso di parti «oggettivamente separabili», quali quelle oggetto dell’appalto in contestazione nel presente giudizio, attribuisce alle amministrazioni la facoltà (“possono”) di scelta “di aggiudicare appalti distinti per le parti distinte o di aggiudicare un appalto unico” (comma 5). La disciplina contenuta in tale disposizione non pone altre condizioni, ma si limita ad enunciare i criteri per individuare la disciplina applicabile in relazione alle varie parti del contratto misto. Deve dunque ritenersi consentita, nel presupposto da essa enunciato dell’ammissibilità di un unico contratto prestazioni anche oggettivamente separabili, che tale accorpamento avvenga sulla base di ragioni di connessione funzionale tra le diverse prestazioni; ciò deve ritenersi avvenuto nel caso di specie (…).
Deve inoltre essere esclusa la violazione dell’obbligo di suddivisione degli appalti in lotti funzionali sancito dall’art. 51 del codice dei contratti pubblici “al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese”. In tanto può configurarsi l’obbligo in questione in quanto non vi si oppongano obiettive esigenze di connessione funzionale che rendano opportuno affidare congiuntamente prestazioni di servizi e lavori e che all’opposto sconsiglino di separare le stesse, come nel caso di specie dimostrato (…) (sulla preferenza solo tendenziale espressa dalla disposizione in esame per la suddivisione degli appalti pubblici in lotti, Cons. Stato, V, 3 aprile 2018, n. 2044, cui aderisce Cons. Stato, III, 21 marzo 2019, n. 1857 e 22 febbraio 2019, n. 1222).
Peraltro, nell’indire la gara de qua la Regione Toscana ha dato conto delle caratteristiche di “stretta interconnessione” oltre che di omogeneità e complessità delle forniture e dei servizi oggetto di appalto che avrebbero reso antieconomico e non efficiente la sua suddivisione in lotti, con ciò adempiendo all’obbligo di motivazione previsto dalla disposizione del codice dei contratti da ultimo citata per derogare alla regola della suddivisione in lotti.
Deve ancora aggiungersi che il dichiarato obiettivo di favorire la partecipazione di imprese di minori dimensioni, cui la regola della suddivisione in lotti è preordinata, non sarebbe stato ragionevolmente raggiunto con la separazione dei lavori dalla preponderante componente di servizi oggetto dell’appalto (…).