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La valutazione dell’affidabilità del concorrente e la carenza di motivazione del provvedimento di ammissione

a cura dell’avvocato Maria Ida Tenuta

La sentenza del TAR Lombardia-Milano n. 668 del 24 marzo 2022 si è occupata di verificare se la carenza di motivazione del provvedimento di ammissione possa ex se implicare un difetto di istruttoria e di motivazione.

Come noto, il provvedimento amministrativo deve essere motivato ai sensi dell’art. 3 della Legge 241/1990, secondo cui: “ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato, con l’indicazione dei presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”.

L’art. 3 della Legge 241/1990 nell’imporre all’Amministrazione di motivare il provvedimento amministrativo ha garantito la trasparenza dell’azione amministrativa, mettendo in rilievo il processo istruttorio, nonché consentendo una maggiore effettività del sindacato di legittimità come imposto, peraltro, dagli articoli 24, 97 e 113 Costituzione.

Ed infatti è alla luce della motivazione espressa nel provvedimento amministrativo che risulta più agevole, per il soggetto leso dal provvedimento stesso, rilevare se l’azione amministrativa sia improntata ai criteri di legge e, al Giudice, esercitare efficacemente il sindacato estrinseco sul provvedimento stesso.

Costituisce, tuttavia, regola generale quella secondo cui la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione (Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850; VI, 18 luglio 2016, n. 3198; C.G.A.R.S., 23 gennaio 2015, n. 53; Cons. Stato, VI, 21 maggio 2014, n. 2622; III, 24 dicembre 2013, n. 6236).

La sentenza in commento si inserisce nel solco giurisprudenziale appena indicato.

Nel caso in esame con il primo motivo veniva dedotta l’illegittimità dell’ammissione alla procedura di gara dell’aggiudicataria per difetto di istruttoria e motivazione in ordine al possesso dei requisiti di affidabilità e integrità, di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) e c-bis), D.lgs. 50/2016.

Secondo il ricorrente le vicende penali che hanno coinvolto soggetti apicali della società aggiudicataria, per la gravità degli addebiti e la pertinenza con l’oggetto del contratto, avrebbero imposto alla stazione appaltante lo svolgimento di una attività istruttoria e l’adozione di un’espressa motivazione con riferimento all’affidabilità e integrità dell’operatore economico e all’idoneità delle misure di self-cleaning dallo stesso adottate.

Il TAR ha respinto il ricorso.

In particolare, il Collegio ha affermato che con le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà l’aggiudicataria aveva informato la stazione appaltante delle vicende penali che avevano coinvolto l’ex amministratore delegato e un responsabile operativo, adempiendo quindi agli obblighi dichiarativi prescritti dalla legge.

La stazione appaltante aveva, dunque, piena contezza dei fatti allorché ha valutato l’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico.

Quanto alla mancanza di una esplicita motivazione in ordine alla sussistenza di tali requisiti, secondo il TAR, essa non va a inficiare la legittimità del provvedimento impugnato.

Ed infatti, il Collegio afferma che la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione.

Né il Giudice ritiene rilevante il fatto che la causa espulsiva non sia stata citata poiché, altrimenti, si dovrebbe immaginare di costruire un provvedimento di ammissione in cui, rispetto ad ogni singola ipotesi astrattamente prevista dal legislatore, l’amministrazione ne esamini e ne consideri la relativa insussistenza, in palese contrasto con il principio di speditezza dell’azione amministrativa (Cons. Stato, sez. n. V, n. 5499/2018).

Invero, il TAR richiama la giurisprudenza amministrativa secondo cui: “la stazione appaltante che non ritenga i precedenti dichiarati dal concorrente incisivi della sua moralità professionale, non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione di non gravità delle relative circostanze risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l’ammissione alla gara dell’impresa; è la valutazione di gravità, semmai, che richiede l’assolvimento di un particolare onere motivazionale, con la conseguenza che la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione (Cons. Stato, sez. V, n. 2580/2020; sez. VI, 6 dicembre 2021, n. 8081; n. 3198/2016; C.G.A.R.S., n. 53/2015; Cons. Stato, sez. VI, n. 2622/2014; sez. III, n. 6236/2013; sez. V, n. 3924/2011; sez. III, n. 1583/2011; sez. VI, n. 4019/2010)”.

Il Collegio respinge dunque il ricorso statuendo che: “La carenza di motivazione del provvedimento di ammissione a una gara pubblica di un concorrente, pertanto, non può di per sé implicare un difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla rilevanza delle circostanze dichiarate dal concorrente, né determina un ostacolo alla piena tutela giudiziale degli altri concorrenti, cui è comunque garantita la possibilità di far valere le proprie ragioni avverso l’ammissione.”.

In conclusione, la pronuncia in esame afferma che con riferimento al provvedimento di ammissione non è necessario che l’Amministrazione debba fornire la relativa motivazione, neanche nell’ipotesi in cui debba essere valutata l’affidabilità e l’integrità professionale del concorrente ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) D.Lgs. 50/2016; la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione; l’unico caso in cui, quindi, l’amministrazione deve motivare l’ammissione si verifica quando nel corso della procedura emergano delle contestazioni in ordine all’affidabilità e integrità professionale del concorrente stesso.

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