Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Consiglio di Stato, sentenza n. 9470/2024
“Secondo l’Adunanza plenaria n. 10/2020:“36.6. Sarà così possibile e doveroso evitare e respingere: richieste manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione; richieste massive uniche (v., sul punto, Circolare FOIA n. 2/2017, par. 7, lett. d; Cons. St., sez. VI, 13 agosto 2019, n. 5702), contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi ovviamente in base a parametri oggettivi.”.
Il principio di diritto, pur enunciato con riferimento all’accesso civico documentale, costituisce, in realtà, applicazione di una categoria generale, inerente e connaturata, quale limite interno, all’esercizio del diritto soggettivo e, a ben intendere, delle situazioni giuridiche di vantaggio riconosciute dall’ordinamento.
L’abuso del diritto, infatti, pur teorizzato ed applicato, in principio, nell’ambito dei rapporti tra privati, costituisce una figura trasversale nell’ordinamento (ex plurimis, nell’ambito del diritto civile: Cass. civ., Sez. III, 18 settembre 2009 n. 20106; nell’ambito del diritto commerciale: Cass. civ., Sez. unite, ord., 30 gennaio 2023 n. 2767; nell’ambito del diritto tributario Cass. civ., Sez. unite, 23 dicembre 2008 n. 30055, 30056 e 30057; nel processo penale Cass. pen., Sez. Unite, 29 settembre 2011, n. 155; nel processo civile: Cass. civ., Sez. Unite, 16 febbraio 2017, n. 4090 e 15 novembre 2007 n. 23726; nel processo amministrativo: Cons. Stato, Ad. plen. 29 novembre 2021 n. 19; Sez. V, 6 settembre 2024, n. 7457), nel quale ha assunto la funzione di fungere da argine all’esercizio “formalmente ineccepibile” e “sostanzialmente distorto” della situazione di vantaggio di cui taluno è titolare.
Seguendo le coordinate teoriche delineate nel tempo dalla giurisprudenza, l’abuso del diritto costituisce una particolare declinazione del principio di buona fede, il quale, a sua volta, è attuazione del principio fondamentale di solidarietà politica, economica e sociale enunciato dall’art. 2 Cost. (Cons. Stato, Sez. IV, 05 settembre 2024, n. 7435; Sez. IV, 20 giugno 2024, n. 5514; Cass. civ., Sez. III, ord., 07 giugno 2024, n. 16024; Sez. III 14 giugno 2021 n. 16743).
L’istituto sortisce dunque l’effetto di correggere (o, in alcuni casi di impedire) l’applicazione dello strictum jus, temperando il principio secondo cui qui iure suo utitur neminem laedit ed evitando che possano trovare giuridico riconoscimento (ad es., Cass. civ., Sez. unite, 23 aprile 2020 n. 8094, §. 9.6., in materia di inesigibilità del credito nel rapporto obbligatorio), nel processo o al di fuori di esso, pretese assiologicamente non giustificate, azionate o esercitate facendosi scudo di una qualche norma giuridica, di cui colui che agisce pretende di fare applicazione rigidamente, basandosi esclusivamente sull’interpretazione letterale della disposizione e senza rapportarla agli altri limiti (o alle altre situazioni di vantaggio) emergenti dall’ordinamento e, anzi, agendo in (aperto o celato) contrasto con gli ulteriori principi di ordine sistematico da questo emergenti e, in particolare, con il richiamato principio inderogabile di solidarietà.
Come evidenziato dal T.a.r., ciascuno dei punti dell’istanza risulta non accoglibile perché estremamente generico quanto al numero degli atti che vengono domandati, raggruppati per categorie suscettibili di ricomprendere numerosi documenti composti, in ipotesi, considerata la tipologia di atto, anche da un cospicuo numero di pagine.
Come affermato dalla sentenza di primo grado, non viene neppure chiarito il lasso di tempo a cui l’istanza si riferisce, rendendosi, perciò, particolarmente emulativa la richiesta formulata, che non si premura neppure di ritagliare il periodo di rilevanza della documentazione richiesta ai fini del soddisfacimento dell’interesse sotteso all’istanza stessa.
Questi assunti contenuti nella motivazione della sentenza di primo grado, integrate dalle suesposte considerazioni sull’abuso del diritto, consentono, pertanto, di superare le censure critiche sviluppate con il gravame da parte dell’appellante. La sentenza va pertanto confermata, quando afferma che la “domanda di accesso […] può certamente definirsi «massiva»” ed evidenzia che “non può parimenti ammettersi il riferimento ad un numero eterogeneo ed indefinito di documenti” e tale constatazione va estesa alle diverse tipologie di accesso che la società appellante pretende di esercitare con l’istanza proposta.”