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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
La Legge di bilancio ha ottenuto la fiducia dalla Camera. L’esame a Palazzo Madama comincerà dopo il referendum costituzionale. Per quanto riguarda il “pacchetto farmaci”, ora rubricato al comma 407 dell’art. 1, la maggioranza ha introdotto alcuni emendamenti.
Quello sotto riportato è l’articolato che ha ottenuto il voto di fiducia, con riportate in neretto le variazioni introdotte rispetto al testo base, nonché, in testo barrato, le parti eliminate.
Comma 407(……..) 11. All’articolo 15 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, dopo il comma 11-ter è inserito il seguente:
«11-quater. L’esistenza di un rapporto di biosimilarità tra un farmaco biosimilare e il suo biologico di riferimento sussiste solo ove accertato dalla European Medicine Agency (EMA). O dall’Agenzia Italiana del Farmaco, tenuto conto delle rispettive competenze. Non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari. Nelle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari non possono essere posti in gara nel medesimo lotto princìpi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche. Al fine di razionalizzare la spesa per l’acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto e per i quali siano presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari, si applicano le seguenti disposizioni:
a) le procedure pubbliche di acquisto devono svolgersi mediante utilizzo di accordi-quadro con tutti gli operatori economici titolari di quando i medicinali sono più di tre a base del medesimo principio attivo. A tal fine le centrali regionali d’acquisto predispongono un lotto unico per la costituzione del quale si devono considerare lo specifico principio attivo (ATC di V livello), i medesimi dosaggio e via di somministrazione. La base d’asta dell’accordo-quadro deve essere il prezzo massimo di cessione al Servizio sanitario nazionale del farmaco biologico di riferimento;
b) al fine di garantire un’effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un’ampia disponibilità delle terapie, i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell’accordo-quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il medico è comunque libero di prescrivere, senza obbligo di motivazione, il farmaco, tra quelli inclusi nella procedura di cui alla lettera a), ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti;
c) in caso di scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare di un farmaco biologico durante il periodo di validità del contratto di fornitura, l’ente appaltante, entro trenta sessanta giorni dal momento dell’immissione in commercio di uno o più farmaci biosimilari contenenti il medesimo principio attivo, apre il confronto concorrenziale tra questi e il farmaco originatore di riferimento nel rispetto di quanto prescritto dalle lettere a) e b);
d) l’ente appaltante è tenuto ad erogare ai centri prescrittori i prodotti aggiudicati con le procedure previste dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;
e) eventuali oneri economici aggiuntivi, derivanti dal mancato rispetto delle disposizioni del presente comma, non possono essere posti a carico del Servizio sanitario nazionale». Per il “peso istituzionale” che rivestono, vale la pena di richiamare gli emendamenti presentati dalle Regioni su dette materie.
In sintesi, rispetto al testo originario:
Le variazioni introdotte accolgono solo in parte le richieste di modificazioni prospettate in ambito istituzionale. Sono infatti al momento confermate alcune previsioni normative che erano fortemente contrastate dalle Regioni e che avevano anche avuto parere negativo anche dall’Antitrust (parere AS 1312 del 17.11.2016).
Su tutte, il divieto di attivare in gara l’equivalenza terapeutica, non potendosi confrontare nel medesimo lotto principi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche. Una norma che secondo le Regioni è contraria ai principi di carattere scientifico contenuti nelle linee guida per l’impiego di principi attivi all’interno di una categoria terapeutica omogenea.
A questo mancato confronto concorrenziale viene attribuito dalle Regioni un mancato risparmio annuo tra 500-1000 milioni di euro.
Sul punto, l’Antitrust osserva che “ si rileva come il testo attuale dell’articolo sia poco chiaro, al punto da poter anche essere letto come un possibile divieto alla messa in concorrenza diretta di farmaci aventi principi attivi diversi non solo quando si tratti di prodotti biotech, ma anche a base chimica. Al proposito, è appena il caso di rilevare come ciò contrasterebbe con il lungo e faticoso cammino sin qui percorso per sviluppare una concorrenza in tal senso, e per cui col c.d. decreto Balduzzi è stata appositamente prevista una competenza preventiva dell’Agenzia Italiana del Farmaco volta a valutare la legittimità di siffatti disegni di gara”.
Il riferimento dell’Antitrust è alla Determina AIFA n. 458/2016, che regola la definizione delle equivalenze terapeutiche e che ha come principale scopo quello di “permettere acquisti centralizzati di farmaci attraverso gare in concorrenza; è particolarmente rilevante per farmaci utilizzati direttamente in ospedale o forniti ai cittadini attraverso l’erogazione diretta (direttamente dalle farmacie delle Aziende sanitarie o “per conto” attraverso le farmacie al pubblico); è applicato nell’interesse dei pazienti e garantisce, comunque, la libertà prescrittiva del singolo medico in quanto quest’ultimo potrà individuare aree di utilizzo specifico dei singoli principi attivi all’interno della classe di farmaci coinvolti nell’equivalenza terapeutica; dei cittadini in quanto si propone l’obiettivo di facilitare l’accesso a terapie di pari efficacia e sicurezza, alla luce delle conoscenze scientifiche, ad un prezzo determinato dalla competizione”. Secondo tale determina, la cui efficacia è stata però sospesa con Determina n. 1456/2016 e successiva decisione del 21 novembre u.s., per i farmaci biologici si da per implicita l’equivalenza terapeutica tra originatore e suoi biosimilari, come segue: “Per quanto concerne i farmaci biosimilari, infatti, l’identità del principio attivo e l’accertamento della biosimilarità rispetto al biologico di riferimento, compiuto dall’EMA in sede di rilascio AIC, assicurano che tra il biologico di riferimento e il corrispondente biosimilare non vi siano differenze cliniche rilevanti”.
E’ ciò che la Legge di stabilità invece nega. La tematica dell’ equivalenza o non equivalenza terapeutica di farmaci aventi principi attivi diversi, cassata a livello di procedure di acquisto, si ripresenta però in fase di dispensazione, nel momento in cui deve essere opzionato l’uno o l’altro farmaco biologico contrattualizzato. Il criterio di scelta – pur temperato dalla libertà prescrittiva garantita al medico, da esercitarsi motivatamente – non può che basarsi sull’appropriatezza, criterio base compreso nella più ampia valutazione di Health Technology Assessment.
E qui la già richiamata Determina AIFA n. 1456/2016 osserva che “E’ importante ribadire che la possibilità di fornire raccomandazioni di appropriatezza terapeutica e prescrittiva non è intaccata dall’articolo 15, comma 11 ter, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni nella Legge 7 agosto 2012, n. 135 e rimane prerogativa delle Regioni o loro delegati, in qualità di responsabili dei livelli assistenziali.”
Solo apparentemente, quindi, le misure previste dalla Legge di bilancio sulle procedure di acquisto dei farmaci (a rischio comunque di legittimità costituzionale, trattandosi – in ambito di legislazione concorrente – di norme di dettaglio e non di indirizzo), depotenziano l’attività regolatoria delle Regioni. In primo luogo, se è previsto che “non possono essere posti in gara nel medesimo lotto principi attivi differenti” nessuna legge obbliga le Regioni stesse a costituire lotti di acquisto per tutti i principi attivi immessi in commercio. In secondo luogo, salvaguardata, soprattutto nel caso di continuità terapeutica, una motivata libertà prescrittiva del medico, le Regioni continuano a svolgere attività di indirizzo in materia di appropriatezza prescrittiva e budgetizzazione dell’impiego dei farmaci. Attività che, tra l’altro, deve essere esercitata anche nell’ambito dell’accordo quadro previsto dalla Legge di bilancio. Infatti, se “al fine di garantire un’effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un’ampia disponibilità delle terapie, i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell’accordo-quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell’offerta economicamente più vantaggiosa” , in applicazione del disposto dell’art. 54 del D.Lgs. n. 50/2016 l’affidamento dell’accordo quadro “senza riapertura del confronto competitivo” deve avvenire previa indicazione nei documenti iniziali di gara delle “condizioni oggettive per determinare quale degli operatori economici parti dell’accordo quadro effettuerà la prestazione. (…) L’individuazione dell’operatore economico parte dell’accordo quadro che effettuerà la prestazione avviene sulla base di decisione motivata in relazione alle specifiche esigenze dell’amministrazione”. In altri termini, devono essere pre-individuati i criteri di allocazione (apparirebbe insufficiente il rinvio a generiche “esigenze cliniche”) delle quote dei tre farmaci “vincitori”; anche perché acquisti a prezzi diversi, quali quelli che si andrebbero a determinare, devono essere supportati da adeguate e oggettive motivazioni, ai fini delle responsabilità erariali.
articolo a cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market
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