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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

Legittimo il payback sui dispositivi medici, secondo la Corte Costituzionale

La Corte si pronuncia, con due sentenze, sul “payback” per i dispositivi medici.

Le due sentenze della corte (n. 139 e n. 140) hanno ad oggetto il meccanismo del payback, che è regolato da diverse norme di legge.

La disciplina principale è contenuta nell’art. 9-ter del decreto legge n. 78 del 2015. Le disposizioni di questo articolo stabiliscono un tetto alla spesa regionale per i dispositivi medici. Se la regione supera il tetto, le imprese che forniscono i dispositivi ai servizi sanitari regionali sono tenute a contribuire parzialmente al ripiano dello sforamento. Per gli anni dal 2015 al 2018 è espressamente prevista la procedura di determinazione dell’ammontare del ripiano a carico delle singole imprese (comma 9-bis, inserito nel 2022 nell’art. 9-ter menzionato).  Vi sono poi le norme contenute nell’art. 8 del decreto legge n. 34 del 2023. Queste disposizioni hanno istituito un fondo statale da assegnare pro-quota alle regioni che nel menzionato periodo abbiano superato il tetto di spesa. Esse hanno inoltre consentito alle imprese fornitrici dei dispositivi di versare solo il 48 per cento della rispettiva quota di ripiano, a condizione che rinunciassero a contestare in giudizio i provvedimenti relativi all’obbligo di pagamento. La corte si è occupata dapprima, su ricorso della regione Campania, delle disposizioni del 2023 e, con sentenza n. 139, le ha dichiarate incostituzionali nella parte in cui condizionavano la riduzione dell’onere a carico delle imprese alla rinuncia, da parte delle stesse, al contenzioso. La conseguenza è che a tutte le imprese fornitrici è ora riconosciuta la riduzione dei rispettivi pagamenti al 48 per cento. Con la successiva sentenza n. 140 la corte, su rimessione del tar lazio, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9-ter del decreto legge n. 78 del 2015, quanto al periodo 2015-2018.  La corte ha precisato che, in relazione a tale periodo, il legislatore ha dettato una disciplina apposita per il ripiano dello sforamento dei tetti di spesa, e le regioni, con propri provvedimenti, hanno richiesto alle imprese le somme da esse dovute. La sentenza ha rilevato che il payback presenta di per sé diverse criticità, ma non risulta irragionevole in riferimento all’art. 41 cost., quanto al periodo 20152018. Esso, infatti, pone a carico delle imprese per tale arco temporale un contributo solidaristico, correlabile a ragioni di utilità sociale, al fine di assicurare la dotazione di dispositivi medici necessaria alla tutela della salute in una situazione economico finanziaria di grave difficoltà.  Il meccanismo non risulta neppure sproporzionato, alla luce della significativa riduzione al 48 per cento dell’importo originariamente posto a carico delle imprese, riduzione ora riconosciuta incondizionatamente a tutte le aziende in virtù della citata sentenza n. 139 inoltre, la corte ha osservato che la disposizione censurata non contrasta con la riserva di legge prevista dall’art. 23 cost. Per l’imposizione di prestazioni patrimoniali.  Infine, la sentenza 140 ha precisato che la disposizione censurata non ha natura retroattiva, in quanto il comma 9-bis dell’art. 9-ter, introdotto nel 2022, si è limitato a rendere operativo l’obbligo di ripiano a carico delle imprese fornitrici, senza influire, in modo costituzionalmente insostenibile, sull’affidamento che le parti private riponevano nel mantenimento del prezzo di vendita dei dispositivi medici. 

Roma, 22 luglio 2024

LE REAZIONI

E’ grande la preoccupazione delle aziende.  Applicare il meccanismo del payback “causerà una crisi irreversibile”, commenta Confindustria dispositivi medici. “Chiediamo con forza al Governo l’immediata convocazione di tavoli per gestire la crisi del comparto”, rileva in una nota il presidente di Confindustria dm, Nicola Barni. “La pronuncia di rigetto della Corte costituzionale sull’incostituzionalità del meccanismo del payback sui dispositivi medici versa un intero comparto e tutta la filiera italiana del settore in una crisi irreversibile. Gran parte delle imprese non solo saranno nell’impossibilità di sostenere il saldo di quanto richiesto dalle regioni, ma saranno altresì costrette ad avviare procedure diffuse di mobilità e licenziamento, ad astenersi dalla partecipazione a gare pubbliche e, in molti casi, a interrompere completamente la propria attività in Italia”, osserva Barni.
    “Confindustria Dispositivi Medici chiede con forza al Governo l’immediata convocazione e costituzione di tavoli per gestire la crisi del comparto. Inoltre, con questa sentenza – prosegue – non si è considerato che le imprese potrebbero non essere in grado di provvedere alle forniture con un’inevitabile ripercussione sulla capacità del sistema di garantire la tutela della salute dei pazienti”. 

“Basta che il governo voglia, e avendo un decreto simile a quello che ci firmò nel 2022 il ministro Speranza, noi abbiamo per il rimborso dei quattro anni” dal 2019 al 2022 “la possibilità di ottenere dal governo l’autorizzazione a escutere da coloro che forniscono dispositivi medici altri 420 milioni: se il governo fa questo atto, noi togliamo l’incremento dell’addizionale Irpef”, ha detto Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana.
Il mancato ottenimento del rimborso delle aziende, secondo il governatore, è ciò che ha spinto la Regione all’aumento delle aliquote dell’addizionale regionale Irpef deciso a fine anno scorso, per evitare tagli alla sanità. “A questo punto è chiaro che l’aumento del gettito fiscale non deriva dalla Regione, ma deriva dalla politica del governo – ha affermato Giani, a margine di un convegno sulla conciliazione vita-lavoro – quindi a questo punto io vado all’attacco: mi dicano se hanno intenzione di attuare con quel decreto la possibilità che la Regione possa abbattere l’addizionale Irpef con 420 milioni, una cifra consistente”.
“La Corte Costituzionale ha riconosciuto legittimo il nostro comportamento – ha sottolineato il presidente della Regione -, e io sono molto contento perché è la dimostrazione della nostra correttezza: quante volte mi sono sentiti toccato profondamente, sotto questo aspetto, da dichiarazioni di membri dell’opposizione anche in Consiglio regionale… Quindi con questa sentenza i nostri bilanci sono messi al sicuro: è tutto corretto e giusto quello che abbiamo fatto fino al bilancio del 2022”. 

(fonte: ANSA)

Sveva Belviso, presidente di FIFO Sanità Confcommercio, avverte che “secondo lo studio Nomisma commissionato da FIFO Sanità, rischiano il fallimento oltre 1400 aziende e il licenziamento 190mila addetti ai lavori. Verrà meno una gran parte della fornitura agli ospedali di dispositivi medici anche salvavita come stent, valvole cardiache e quant’altro”. E chiede un confronto con il governo “per risolvere una situazione che sta precipitando: si chiedono 1,2 miliardi alle imprese su bilanci già chiusi in forma retroattiva per gli sforamenti delle Regioni maturati fino al 2018 e altri miliardi per gli anni successivi. Ci sono aziende che hanno un payback di oltre il 100% del proprio fatturato: l’unica soluzione per queste sarà portare i libri in tribunale, lasciare a casa migliaia di lavoratori con gravi danni per le forniture di dispositivi medici agli ospedali”. (fonte: Il fatto Quotidiano)