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L’illecito antitrust quale indice di inaffidabilità dell’operatore economico: la rilevanza sostanziale e temporale della sanzione comminata

Avv. Stefano Cassamagnaghi

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 6688/2024 del 24 luglio 2024, ha affrontato il tema della rilevanza della condotta di un operatore economico sanzionata come illecito antitrust da parte dell’Autorità Garante Concorrenza e Mercato (AGCM) sotto il profilo sostanziale e temporale.

Quanto al primo aspetto, il Consiglio di Stato pone l’attenzione sugli “illeciti antitrust” e la loro incidenza nell’alveo dell’affidabilità – e relativo giudizio – dell’operatore economico nei procedimenti di gara.

In virtù del cardine fondante del buon agere amministrativo, si rinviene come il raggiungimento del migliore risultato per il bene pubblico non possa che derivare anche dalla positiva verifica, in capo all’operatore economico aggiudicante, della capacità di eseguire correttamente il contratto di affidamento alla luce delle sue pregresse vicende professionali sulla base di un cd. giudizio prognostico di affidabilità. Conseguentemente, l’esito negativo della suddetta verifica operata dall’amministrazione determina, previa una valutazione discrezionale della stessa, l’impossibilità dell’operatore economico ad essere considerato “il migliore” per il soddisfacimento dello specifico bene pubblico. E ciò in quanto, al fine di vedersi qualificare l’inaffidabilità rilevata quale causa effettivamente escludente dalla procedura di gara, non ci si può arrestare solamente ad un esame astratto dell’attività pregressa fonte di inaffidabilità, ma deve svolgersi piuttosto una “valutazione individualizzata del comportamento del concorrente all’interno della vicenda rilevante quale grave illecito professionale” (Cons. Stato. Sez. V, n. 845/2022).

Alla luce di quanto esposto, si sostiene che non si debba tanto (e solamente) verificare la “capacità di eseguire le prestazioni che sono oggetto del contratto in via di affidamento” quanto piuttosto accertare “la predisposizione soggettiva del concorrente a non turbare il regolare svolgimento della procedura”, trattandosi di valutare la “effettiva attendibilità del rispetto delle regole di correttezza nei rapporti professionali…che riflettono principi generali del diritto comune dei contratti”, e che, essendo immanenti all’intera materia, “impegnano l’impresa non solo all’esatta esecuzione delle prestazioni contrattualmente dovute nel caso incipiente, ma anche a un contegno generale caratterizzato da correttezza e buona fede oggettiva”(Cons. Stato, Sez. V, n. 2260/2020).

L’evidenza di ciò la si rinviene già a livello normativo sovranazionale, laddove si prevede che sia indice di inaffidabilità dell’operatore economico la verifica di una violazione accertata di norme in materia di concorrenza (Considerando 101, Direttiva 2014/24/UE). E tale, si sottolinea, prescindendo pertanto dal (solo) positivo possesso della capacità tecnica ed economica per l’esecuzione dell’appalto.

Conforto a quanto esposto lo si rinviene anche nella giurisprudenza europea la quale, a difesa del principio di proporzionalità, evidenzia come, nel “ricondurre i comportamenti che integrano una violazione delle norme in materia di concorrenza, accertati e sanzionati dall’autorità nazionale garante della concorrenza all’ambito di applicazione del grave errore professionale”, l’accertamento della sussistenza di un “errore grave” – e quindi escludente – necessiti “dello svolgimento di una valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico interessato”(Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Ordinanza 4 giugno 2019, C-425/18).

Nel caso de quo, invero, il Giudice opera la valutazione della “predisposizione soggettiva del concorrente a non turbare il regolare svolgimento della procedura” verificando se, al di là dell’astratta potenzialità dell’inaffidabilità dell’operatore economico in forza dell’emissione di un provvedimento sanzionatorio da parte dell’autorità antitrust, le condotte illecite sanzionate con riguardo al mercato preso in considerazione dall’AGCM “siano replicabili in altro contesto che presenti le medesime caratteristiche geografiche e merceologiche” stante la “diversità tra i due mercati rilevanti (quello oggetto del provvedimento sanzionatorio e quello per il quale è stata indetta la gara)”.

Orbene, esulando dalla diversità formale dei mercati oggetto – da un lato – dell’intervento del provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e – dall’altro – del contratto da affidare all’esito del procedimento di gara, emergeva come la presunta censurata distinzione avesse carattere meramente formale in quanto, “trattandosi di collegamenti per l’accesso a banda larga e ultra larga alla rete dati, i prodotti wholesale in linea di principio utilizzabili, in quanto sostituibili ai fini dei requisiti di gara, sono sia quelli del mercato 3a sia quelli del mercato 4” e che “le condotte antitrust sanzionate hanno riguardato sia il mercato 3 (3a e 3b), sia il mercato 4”, concludendosi come non si possa affermare che “i mercati di riferimento per le due vicende siano del tutto diversi”.

Conseguentemente, il Consiglio di Stato ritiene priva di pregio la censura principale di parte appellante laddove afferma la non sovrapponibilità dei due mercati e, pertanto, l’irrilevanza ai fini della procedura di gara quale indice d’inaffidabilità. Di pari tenore anche l’affermazione che le condotte sanzionate, comunque sia, “non sarebbero state poste in essere nell’ambito di procedure di gara pubbliche oppure che esse integrerebbero delle pratiche commerciali scorrette” e che quindi sarebbero “irrilevanti negli affidamenti di contratti pubblici, riguardando solo i rapporti tra impresa e consumatore”; Ciò in quanto tali condotte sono “riconducibili a fattispecie di abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 102 TFUE […] ostacolando lo sviluppo concorrenziale dei servizi a banda ultralarga”.

L’evidenza dell’analisi esposta depone, ulteriormente, a considerare, secondo i Giudici amministrativi, priva di pregio la censura di chiusura in tema di rilevanza temporale della sanazione comminata. Infatti, ferma restando l’inaffidabilità professionale in punto sostanziale, tale emergeva anche lato temporale essendo il termine triennale di rilevanza della condotta illecita quale periodo massimo di esclusione “calcolato a decorrere non dal fatto storico ma dalla data della decisione dell’Autorità indipendente che qualifica il fatto come illecito.” (Corte Giust. dell’UE, Sez. IV, 24 ottobre 2018, C-124/17). Irrilevante, pertanto, il dies a quo di commissione del fatto integrativo della condotta abusiva anticoncorrenziale.

In definitiva, rigettando integralmente l’appello, emerge come l’errore professionale grave derivante dalla decisione di un’autorità nazionale della concorrenza presuppone, da un lato, un’analisi sostanziale, in quanto la violazione delle norme in materia di concorrenza “può senz’altro costituire indizio dell’esistenza di un errore grave commesso da tale operatore, […] in particolare quando tale infrazione [sia] stata sanzionata con un’ammenda”; dall’altro, come il termine triennale di rilevanza della condotta illecita quale periodo massimo di esclusione debba essere calcolato a decorrere non dalla data di commissione del fatto bensì da quella di decisione dell’Autorità indipendente che qualifica il fatto come illecito.