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Limite del subappalto al 40%

a cura dell’avvocato Maria Ida Tenuta

Innalzamento del limite del ricorso al subappalto al 40% e compatibilità con il diritto comunitario

Il TAR Lazio-Roma con la sentenza del 3 novembre 2020, n. 11304, è tornato ad occuparsi della vexata quaestio del limite quantitativo del ricorso al subappalto.

Come noto, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 26 settembre 2019, causa C-63/18 (c.d. sentenza “Vitali”), ha ritenuto non compatibile con il diritto europeo degli appalti pubblici la normativa italiana (poi modificata dalla l. n. 55 del 2019 di conversione del D.L. “Sblocca cantieri” che ne ha innalzato la soglia al 40%) – che limitava al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

Nell’esaminare la questione, la Corte di Giustizia ha richiamato le regole europee in materia di subaffidamenti che, al fine di garantire la più ampia partecipazione possibile alle gare pubbliche e favorire l’accesso al mercato delle piccole e medie imprese, consentono agli offerenti di fare affidamento – a determinate condizioni – sulle capacità di altri soggetti, per soddisfare i requisiti richiesti dal bando.

Secondo la Corte di Giustizia contrasta, infatti, con il diritto comunitario la normativa italiana che limita il ricorso al subaffidamento per una parte del contratto fissata in maniera generale e astratta in una determinata percentuale, prescindendo dalle reali capacità dei subappaltatori e dalla natura delle prestazioni.

Con la successiva sentenza del 27 novembre 2019, C-402/18, i Giudici europei hanno ritenuto in contrasto con la disciplina comunitaria anche l’ulteriore limitazione imposta dal diritto italiano agli operatori economici, che non consente di ribassare i prezzi delle prestazioni subappaltate oltre il 20% rispetto a quelli praticati dall’aggiudicatario, ancorché riferita alla previgente – e non più riproposta – disciplina dell’art. 118, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006.

La questione dei limiti “quantitativi” del subappalto sorge, tuttavia, già nel 24 gennaio 2019, quando la Commissione Europea ha avviato nei confronti dell’Italia la procedura di infrazione n. 2018/2273.

Secondo la Commissione, l’art. 105, commi 2 e 5, D.Lgs. 50/2016 è in contrasto con la direttiva comunitaria 2014/24/UE in quanto limita il ricorso al subappalto al 30% in tutti i casi, e non soltanto ove tale restrizione sia oggettivamente richiesta alla natura delle prestazioni.

Strettamente consequenziale alla procedura di infrazione è quindi la modifica all’art. 105 D.Lgs. 50/2016 disposta dalla Legge n. 55 del 2019 di conversione con modificazioni del D.L. Sblocca Cantieri che, all’art. 1, co. 18, che ha stabilito che fino al 31 dicembre 2020 le stazioni appaltanti debbano specificare negli atti di gara la quota di lavori, servizi e forniture da subappaltare, che comunque non può superare il 40% dell’importo complessivo del contratto.

Considerato che il problema della normativa nazionale risiede, secondo il Giudice comunitario, nell’individuazione aprioristica, generale e astratta di un limite quantitativo al subappalto, l’innalzamento di tale soglia non ha “risolto” la questione, che rimane ancora attuale, così come dimostra la sentenza in commento.

In particolare, nel caso esaminato dalla recente sentenza del TAR Lazio n. 11304/2020, il ricorrente ha impugnato la disciplina di gara censurando il nuovo limite posto al subappalto, pari al 40%, per violazione degli artt. 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e dell’art. 71 della Direttiva 2014/24/UE, in quanto contrasterebbe con le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nelle sentenze 27 novembre 2019, C – 402/18 e 26 settembre 2019 C – 63/18 cit., che vieterebbero qualsiasi limite quantitativo al subappalto.

Il TAR ha rigettato il ricorso.

Il Collegio ha affermato, infatti, che l’ultima pronuncia della Corte richiamata dal ricorrente (c.d. sentenza “Vitali”), pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non escluderebbe la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori.

Di conseguenza la Corte di giustizia avrebbe considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato, non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo. Pertanto non sarebbe in contrasto con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55/2019 (ibidem TAR Lazio, n. 4183/2020).

Secondo, invece, un altro orientamento, ai fini della compatibilità con il diritto eurounitario, non sarebbe rilevante la misura del limite posto alla facoltà di subappaltare – sia esso il 30 per cento dell’importo complessivo del contratto, come nell’art. 105, co. 2, del D.lgs. 50/2016, oppure il 40 per cento stabilito dall’art. 1, co. 18, del d.l. n. 32 del 2019 – quanto la natura “quantitativa” del limite stesso, nonché la sua applicabilità “in modo generale e astratto” e senza una “valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore”.

Secondo tale indirizzo occorrerebbe risolvere il contrasto tra la direttiva n. 2014/24/CE e la normativa italiana dando prevalenza alla prima e disapplicando la seconda, così riconoscendo ai singoli operatori la facoltà di partecipare alle gare d’appalto ricorrendo al subappalto senza limiti quantitativi (TAR Valle d’Aosta n. 34/2020; Consiglio di Stato n. 389/2020).

Sulla questione è intervenuta, peraltro, l’AGCM con la recentissima Segnalazione del 4 novembre 2020 alle Camere e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In particolare, in considerazione della giurisprudenza euro-unitaria intervenuta sul punto e dell’imminente scadenza delle soluzioni apprestate dal Legislatore con il Decreto Sblocca Cantieri (31 dicembre 2020), l’Autorità ha sollecitato una modifica dell’art. 105 cit. volta a: “(i) eliminare la previsione generale e astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile; (ii) prevedere l’obbligo in capo agli offerenti, che intendano ricorrere al subappalto, di indicare in sede di gara la tipologia e la quota parte di lavori in subappalto, oltre all’identità dei subappaltatori; (iii) consentire alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all’utilizzo del subappalto che siano proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguire e adeguatamente motivati in considerazione della struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell’identità dei subappaltatori”.

In definitiva, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha ritenuto contrastante con il diritto comunitario la normativa nazionale che individua un limite quantitativo al subappalto in maniera astratta e generale, indipendentemente dalla natura delle prestazioni e dalle caratteristiche del subappalto.

Se la violazione si sostanzia quindi nella fissazione, generale e astratta, del limite del subappalto, allora il mero innalzamento di tale soglia dal 30% al 40%, non sembra idoneo a rendere la disciplina nazionale conforme a quella europea.

Come segnalato dall’AGCM sembrerebbe opportuno optare per una complessiva “riscrittura” dell’art. 105 del Codice Appalti alla luce dei principi della giurisprudenza comunitaria.

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