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Prime indicazioni della giurisprudenza sulla applicazione dell’equo compenso nei servizi di architettura ed ingegneria

Il tema della applicabilità dell’equo compenso nei servizi di architettura ed ingegneria rappresenta uno degli argomenti più “caldi” con riguardo alla compatibilità della norma con le regole degli appalti pubblici

La l. 21 aprile 2023, n. 49 (“Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”, in vigore dallo scorso 20 maggio) interviene sulla disciplina in materia di equo compenso delle prestazioni professionali rese anche nei confronti della pubblica amministrazione secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 3. L’art. 1 contiene la definizione di equo compenso, specificando che quest’ultimo, per essere tale, deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri stabiliti per la determinazione dei compensi. Il comma 1 dell’art. 3 stabilisce, in particolare, la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato per lo svolgimento di attività professionali, anche con riguardo ai costi sostenuti dal prestatore d’opera. La disposizione specifica altresì che sono nulle le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti in base ai parametri per la liquidazione dei compensi di cui all’art. 1. Il comma 3 del medesimo art. 3 esclude invece la nullità delle clausole che riproducono disposizioni di legge.

Alla luce di quanto sopra e considerato che il d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 è entrato in vigore il 1° aprile 2023, ancorché – per la maggior parte delle norme – ha acquisito efficacia a decorrere dallo scorso 1° luglio, l’interrogativo che si sono posti gli interpreti è quello relativo alla compatibilità delle suddette regole con la disciplina codicistica ed in particolare con la previsione dell’art. 108/comma 2 lett. b) del Codice in base al quale i servizi di architettura ed ingegneria di importo pari o superiore a 140.000 euro  sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo , mentre per  quelli di importo inferiore a tali valore non vale tale regola stringente e pertanto  possono essere aggiudicati sulla base del semplice ribasso.

La domanda è questa: è compatibile una gara che veda ancora il prezzo come elemento di valutazione ai fini dell’aggiudicazione, con delle regole che sembrano, al contrario, vietare qualsiasi possibilità di operare in ribasso sulle tariffe professionali?

L’ANAC ha avuto modo di esprimersi al riguardo con alcune decisioni non sempre coerenti tra loro.

La Delibera 20 luglio 2023 n.343 rappresenta il primo dei pronunciamenti, circa l’applicabilità delle previsioni della legge 21 aprile 2023 n.49 al settore dei contratti pubblici.

Oggetto di censura era stata la procedura di gara di realizzazione di un parcheggio multipiano, laddove gli atti della procedura fissavano un importo a base di gara ribassato del 20% rispetto ai parametri ministeriali recati dal DM 17 giugno 2016.

La stazione appaltante aveva motivato la decisione di stabilire un importo a base di gara ribassato rispetto ai parametri ministeriali sia con riferimento all’andamento del mercato di riferimento e dei ribassi praticati in gare analoghe, sia contestando l’applicabilità della nuova legge sull’equo compenso, aderendo alla tesi secondo la quale – anche a seguito dell’approvazione della legge n. 49/2023 – le tabelle ministeriali “continuerebbero a costituire un parametro di riferimento dal quale è consentito alle Stazioni appaltanti di discostarsi motivatamente”.

Al contrario, nella propria segnalazione all’ANAC, l’OICE (Associazione di Categoria) aveva espresso dubbi circa l’applicabilità del cd. “doppio ribasso” con la nuova disciplina dell’equo compenso e chiesto all’ANAC di dichiarare l’illegittimità del bando in violazione delle regole di cui alla Legge n.49.

L’Autorità Anticorruzione dopo aver confermato, alla luce della temporalità della pubblicazione del bando di gara avvenuta dopo la sua entrata in vigore, la piena applicabilità della norma, procede quindi ad una puntuale disamina delle singole previsioni della legge n. 49/2023 per poi concludere affermando il seguente, fondamentale principio:

Dal complesso delle disposizioni citate si desume che le tariffe stabilite dal D.M. 17 giugno 2016 non possono più costituire un mero “criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento”, come previstodall’art. 24, comma 8, del D.lgs. 50/2016, ovvero un mero parametro dal quale è consentitoalle Stazioni appaltanti di discostarsi, motivando adeguatamente la scelta effettuata.

Le tariffe ministerialisecondo la novella normativaassurgono a parametro vincolante e inderogabile per la determinazione dei corrispettivi negli appalti di servizi di ingegneria e architettura l’impossibilità di corrispondere un compenso inferiore rispetto ai suddetti parametri comporta anche la non utilizzabilità dei criteri di aggiudicazione del prezzo più basso e dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

 Alla luce del nuovo quadro normativo sembra potersi ipotizzare che le procedure di gara aventi ad oggetto l’affidamento dei servizi tecnici dovrebbero essere costruite come gare “a prezzo fisso”,con competizione limitata alla componente qualitativa.”.

La portata di tale decisione  appare dirompente per le conseguenze che ne derivano sotto il profilo operativo  in quanto sia per gli affidamenti dei sevizi di importo inferiore e non uguale a 140.000 euro, sia per quelli di importo superiore ,opererebbe il disposto dell’art 108/comma 5 del Codice, in base al quale vengono a delinearsi procedure di gara costruite “a prezzo fisso”, con competizione limitata alla componente qualitativa (ad esempio il tempo di progettazione nel caso di affidamenti diretti), posto che, per garantire il principio dell’equo compenso, equiparato dalla l. 49/2023 alle tariffe professionali, non appare possibile procedere a ribasso.

Nel frattempo, consapevole di ciò, ANAC, prendendo probabilmente spunto da un documento del Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri del luglio 2023, per cercare una soluzione al dilemma propone, in sede di elaborazione del nuovo bando tipo per i Servizi di Architettura ed Ingegneria, tre possibili soluzioni:

  1. necessità di svolgere gare a prezzo fisso, nel senso che il compenso professionale individuato sulla base delle tabelle ministeriali da porre a base di gara deve intendersi inderogabile e, pertanto, non assoggettabile a ribasso in sede di offerta;
  2. possibile ribasso limitato alle spese generali, ovvero alla parte di costo che esula dal compenso professionale, posto il divieto di sottoporre a ribasso il compenso professionale individuato sulla base delle tabelle ministeriali; opzione, questa, prospettata anche dal CNI;
  3. non applicabilità della disciplina dell’equo compenso alle procedure di evidenza pubblica, in virtù del fatto che: i) la previsione di tariffe minime si pone in netto contrasto con il principio di concorrenzialità; ii) l’ambito applicativo della l. 49/2023 è circoscritto alle ipotesi in cui la prestazione professionale trova fondamento in un contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale, in cui il singolo professionista assicura lo svolgimento della relativa attività principalmente con il proprio lavoro autonomo, diversamente dall’ipotesi – in tesi esclusa – in cui la prestazione professionale viene resa nell’ambito di un appalto di servizi, attraverso una articolata organizzazione di mezzi e risorse e con assunzione del relativo rischio imprenditoriale; iii) la normativa sull’equo compenso si applica espressamente alle “convenzioni”, identificabili in particolari rapporti contrattuali caratterizzati da una posizione dominante del committente, con conseguente necessità di ristabilire gli equilibri contrattuali proprio attraverso l’introduzione di tariffe minime, a dispetto di quanto avviene nell’ambito delle procedure di gara caratterizzate dalla presentazione di offerte libere.

Parallelamente ANAC, con il parere 101 del 24 febbraio 2024, rivede in maniera significativa la posizione   espressa in precedenza nella delibera n. 343 del 20 luglio 2023.

L’antefatto è costituito da una gara per l’affidamento di servizi di ingegneria dove un concorrente contestava la scelta operata dalla stazione appaltante, che aveva ritenuto l’importo a base di gara – determinato secondo le indicazioni normative – suscettibile di ribasso. L’istante segnalava di essere stato il solo concorrente ad aver offerto un ribasso sulle sole spese generali e non sull’intero corrispettivo. Di conseguenza, chiedeva all’ANAC di pronunciarsi sulla ritenuta illegittimità del comportamento della stazione appaltante che non aveva proceduto all’esclusione di tutti gli altri concorrenti che avevano formulato un ribasso sull’intero compenso professionale, con ciò violando la normativa sull’equo compenso introdotta dalla legge 49/2023.

L’impresa aggiudicataria – che veniva coinvolta nel procedimento di precontenzioso – contestava la richiesta dell’istante. Rilevava infatti che la legge di gara – che detta prescrizioni vincolanti tanto per i concorrenti che per la stazione appaltante – non prevedeva alcuna limitazione ai fini della formulazione del ribasso, che quindi era stato offerto da tutti i concorrenti (ad eccezione del solo istante) sull’intero corrispettivo posto a base di gara, in piena aderenza alle regole procedurali.

La stazione appaltante a sua volta evidenziava come il tema dei rapporti tra normativa sull’equo compenso e affidamento dei servizi di ingegneria regolati dal Codice dei contratti pubblici non ha ancora trovato una chiara definizione. Pertanto, a fronte della mancanza di indicazioni univoche sul punto, ha ritenuto di esercitare legittimamente la propria discrezionalità amministrativa consentendo la formulazione del ribasso sull’intero corrispettivo posto a base di gara.

Nel parere rilasciato l’Autorità sintetizza il nucleo essenziale della questione su cui viene chiamata a pronunciarsi: se in una procedura di gara per l’affidamento dei servizi di ingegneria il concorrente che abbia formulato un ribasso che si riferisca al compenso professionale nella sua interezza – e quindi non solo alle spese generali – debba essere escluso per violazione della normativa sull’equo compenso.

Nel ricordare le tre possibili soluzioni prospettate in sede di bando tipo, l’ANAC ha ritenuto che la stazione appaltante, nel consentire il ribasso sull’intero importo posto a base di gara, abbia esercitato in maniera del tutto legittima la propria discrezionalità amministrativa, peraltro in coerenza con i principi generali che governano le gare ad evidenza pubblica, nei termini codificati dagli articoli 1, 2 e 3 del D.lgs. 36.

La conseguenza finale di queste argomentazioni è che non sussiste alcuna legittima ragione in base alla quale la stazione appaltante debba escludere le offerte recanti un ribasso sull’intero corrispettivo posto a base di gara.

Ed è proprio rispetto a questa posizione che si è espresso recentemente il TAR Veneto con la sentenza Sez. III 3 aprile 2024 n. 632 che costituisce il primo pronunciamento giurisprudenziale sul controverso tema dell’applicabilità dell’equo compenso rispetto ai servizi di architettura ed ingegneria di cui al vigente Codice dei Contratti per affermare che la legge 49/2023 sull’equo compenso trova applicazione anche ai richiamati affidamenti. Di conseguenza, l’importo posto a base di gara definito dalle stazioni appaltanti con riferimento alle tabelle di cui al D.m. 17 giungo 2016 non può essere oggetto di ribasso, se non limitatamente alla componente delle spese generali e oneri accessori, che non vanno considerati in termini di compenso in senso proprio.

Il fatto che ha dato origine al pronunciamento ricalca quello preso in esame in precedenza da ANAC in quanto anche nella fattispecie siamo in presenza di una gara per servizi di architettura ed ingegneria ove un concorrente aveva constatato che erano state ammesse offerte che ribassavano gli importi di cui alla tariffa professionale

 Ciò doveva considerarsi illegittimo in quanto, a seguito dell’entrata in vigore della legge 49 sull’equo compenso, il suddetto importo veniva a costituire un parametro vincolante e immodificabile per la determinazione del corrispettivo delle prestazioni dei servizi di ingegneria, come tale non suscettibile di ribasso in sede di gara.

Peraltro, lo stesso ricorrente evidenziava che anche in mancanza di una esplicita previsione in tal senso nel Disciplinare di gara, lo stesso doveva comunque considerarsi etero-integrato dalla legge sull’equo compenso in quanto normativa di carattere imperativo

Nel merito, il TAR Veneto ritiene che la normativa sull’equo compenso sia pienamente applicabile agli affidamenti degli appalti pubblici di progettazione.

Secondo il giudice amministrativo infatti non vi sarebbe antinomia tra la legge 49/2023 e la disciplina dei contratti pubblici.

Per giungere a questa conclusione il TAR evidenzia che la legge sull’equo compenso ha inteso tutelare i professionisti in quanto “contraenti deboli” nei confronti di una serie di committenti, tra cui anche le pubbliche amministrazioni. Di conseguenza, tale legge sarebbe necessariamente applicabile anche ai contratti pubblici, pena il mancato raggiungimento – nei confronti dei committenti pubblici – dell’obiettivo che si prefiggeva.

Secondo il TAR Veneto la legge sull’equo compenso e la disciplina dei contratti pubblici non si pongono in contrapposizione: tuttavia, per affermarne la piena compatibilità, occorre darne una lettura coordinata. Tale lettura coordinata comporta che il ribasso possa essere formulato non sul compenso in senso proprio – che in quanto “equo” ai sensi della legge 49 non può essere derogato – ma esclusivamente su alcune componenti del corrispettivo da non considerare compenso in senso proprio: spese generali e oneri accessori.

Il TAR quindi finisce con l’aderire alla posizione mediana di ANAC, facendo proprie indirettamente le considerazioni espresse dal Consiglio Nazionale Ingegneri nel documento sopra citato  secondo cui occorre distinguere tra “compenso “ e “corrispettivo “ così come precisato dal DM 17/06/2016  (richiamato dall’art 1 dell’Allegato I.13 del Codice ) ove il corrispettivo   è costituito dal compenso e dagli oneri accessori, quali appunto le spese

“Le spese (così si legge nel documento) vanno pertanto distinte dal “compenso”; esse congiuntamente al compenso contribuiscono alla determinazione del corrispettivo, che determina la base d’asta.

È il caso di evidenziare che oggetto della legge n. 49/2023 è la tutela dell’equo “compenso” e non delle spese sicché sul piano generale non sembrerebbero frapporsi ostacoli alla ribassabilità di queste ultime. Qualora si ammettesse la ribassabilità delle spese, la Stazione appaltante potrebbe quindi individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa per le prestazioni professionali sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo e non ai sensi dell’art. 108 comma 5.”

Su un punto peraltro la sentenza in commento registra una difformità di vedute rispetto ad ANAC e cioè riguardo alla possibilità di etero-integrazione del bando; nonostante il Disciplinare di gara non abbia esplicitamente previsto la non ribassabilità del corrispettivo posto a base di gara, questa mancanza, secondo il giudice amministrativo, può ritenersi colmata sulla base, appunto, del principio dell’eterointegrazione.

In sostanza, la legge 49 che sancisce l’immodificabilità del compenso ritenuto equo, verrebbe ad integrare dall’esterno le previsioni del Disciplinare. Ciò in quanto la normativa sull’equo compenso avrebbe carattere imperativo, poiché diretta, da un lato, a dare attuazione all’articolo 36 della Costituzione sul diritto a un’equa retribuzione del lavoro e, dall’altro, a rafforzare la tutela del professionista quale “contraente debole” nei confronti del “committente forte”.

L’eterointegrazione (ammessa per il TAR) dipende dall’imperatività della norma che a sua volta deriva dal fatto che la stessa persegue un interesse generale. In sostanza, la tutela del professionista – in quanto ritenuto “contraente debole” – coinciderebbe con l’interesse generale.

Questa tesi, come si diceva, è invece negata in radice da ANAC che, per il caso da essa esaminato, ha invece sostenuto che “ Sulla base di queste considerazioni  i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento, unitamente al principio di auto-vincolo – secondo cui la stazione appaltante non può derogare alle regole della gara che si è autonomamente data – non lasciano spazio all’operatività della così detta eterointegrazione, secondo cui la normativa sull’equo compenso verrebbe a integrare dall’esterno le clausole della disciplina di gara”.

Le questioni aperte (come immaginabile) sono ancora molte e pertanto occorrerà attendere nuovi pronunciamenti (in particolare dal Consiglio di Stato) per avere un quadro della situazione più certo.

Cremona, aprile 2024                                              Avv. Lamberto Ghilardi