Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
Avv. Anna Cristina Salzano
Il TAR Piemonte – Torino, Sez. II, con sentenza n. 139/2025 del 20 gennaio 2025 2024, si è soffermato, con una dettagliata ricognizione giurisprudenziale alla luce del nuovo Codice degli Appalti Pubblici, sulla esplicazione concreta delle finalità proprie e propedeutiche pro-concorrenziali del principio di equivalenza di cui all’Allegato II.5 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, evidenziandone la sua chiave di tutela in punto di inalterabilità dei canoni essenziali di quelle offerte tecniche connesse a strette ed inderogabili esigenze amministrative.
Nello specifico, si trattava di una procedura di gara, volta all’aggiudicazione di un servizio di noleggio a durata quinquennale di apparecchi informatici e moderni personal computer da eseguirsi nella Regione Piemonte.
La società ricorrente, strutturata in raggruppamento temporaneo di impresa (R.T.I.), censurava, essenzialmente, la decisione di esclusione disposta dall’amministrazione laddove era stata ritenuta che la composizione dell’offerta tecnica in punto di personal computer proposti non avesse rispettato i requisiti di “caratteristiche minime” richiesti dal capitolato speciale d’appalto, con ciò non conformandosi a quella “dotazione […] prevista come caratteristica minima ed inderogabile nel capitolato speciale (coerentemente con la necessità di garantire la sicura connessione del parco periferiche in uso presso le Aziende sanitarie interessate”.
In specie, l’inammissibilità dell’offerta risiedeva nella sostanziale divergenza tra la dotazione richiesta dalla lex specialis di gara, che prevedeva quale requisito a pena di esclusione la presenza nei personal computer proposti di specifiche caratteristiche di connettività atte a garantire una generale interconnessione e compatibilità al parco macchine già in dotazione all’amministrazione destinataria, e la proposta di offerta tecnica presentata, caratterizzata invece, pur nella oggettiva presenza di dotazioni più all’avanguardia, dalla parziale assenza di tali “essenziali” requisiti tecnico-informatici, con conseguente non rispetto di quelle esigenze funzionali di retrocompatibilità ragion d’essere delle richieste dell’amministrazione.
Invero, a fronte di quell’immanente obiettivo di raggiungimento dell’effettivo miglior risultato per la cosa pubblica, a tutela del buon agere amministrativo e del sostanziale controllo dell’esplicazione dei poteri pubblici, interviene un delicato e costante bilanciamento tra soggetto privato – nella sua veste di offerente – e soggetto pubblico – nella sua speculare veste di acquirente destinatario – volto a verificare che il punto di incontro tra domanda (della stazione appaltante) ed offerta (dell’operatore economico in gara) rispetti quei criteri di ragionevolezza posti alla base di una sana e non eccessiva barriera economica all’entrata.
Se, infatti, è vero come la tutela della concorrenza implichi “la capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività” (CdS, Sez. V, n. 229/2024) è pur vero anche come, a freno di una richiesta pubblica altrimenti priva di confini, la discrezionalità amministrativa nella selezione dell’oggetto e delle connesse caratteristiche tecniche di un affidamento sia non solamente da giustificarsi “in funzione degli standards organizzativi e di efficienza delle relative prestazioni” ma anche che tali siano, ancorché molto elevati, “non irragionevoli” (CdS, Sez. III, n. 7138/2020).
Emerge pertanto come, a tutela di quell’esigenza di bilanciamento precedentemente sottolineata, sia garantita un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici “ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti” purché nel limite che la loro previsione “sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse pubblico perseguito” (CdS, Sez. V, n. 229/2024; ex multis, CdS, Sez. III, n. 3352/2017). L’assenza di una “ragionevole e proporzionata esigenza del committente pubblico che giustifichi la domanda di un determinato prodotto” si pone pertanto quale limite esterno al potere ampiamente discrezionale affidato all’amministrazione aggiudicatrice la quale non potrebbe pertanto avvalersi della copertura dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa predicati dall’art. 97 della Carta Costituzionale.
Orbene, la riconosciuta ampia discrezionalità in capo all’amministrazione, manifestandosi non solamente in capo alla scelta dell’oggetto dell’affidamento ma estendendosi anche alla “selezione delle caratteristiche tecniche che assurgono a requisiti minimi ed indefettibili dell’offerta” (CdS, Sez. V, n. 82/2025; CdS, Sez. III, n. 5203/2021), incontra purtuttavia, oltre ai ricordati limiti esterni in punto di ragionevolezza, ulteriori forme di tutela per l’operatore economico offerente, identificabili e sussumibili nel principio di equivalenza quale limite interno.
Il Legislatore infatti, rispondendo, per un verso, agli immanenti principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, per l’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, ha previsto come l’offerta tecnica formulata da un operatore economico incontri una normata elasticità in punto di valutazione della conformità alle richieste postulate dalla stazione appaltante evitando una “irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici” qualora emerga una non esatta corrispondenza tra requisiti tecnici richiesti dalla lex specialis ed offerta inoltrata.
Precludere l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta contrasterebbe, invero, con quel principio di equivalenza ricavabile dall’Allegato II.5 del nuovo Codice laddove, al contrario, contempla la “possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste” proprio in ragione di quell’altrimenti eccessivamente restrittiva barriera all’entrata contrastante con il favor partecipationis alle pubbliche gare.
La ricerca di un equilibrio fra esigenze pubblicistiche e privatistiche, nei canoni anzidetti, incontra purtuttavia una non eliminabile limitazione qualora, presupposta l’esistenza di una “ragionevole e proporzionata esigenza del committente pubblico che giustifichi la domanda di un determinato prodotto”, le specifiche tecniche richieste in sede di gara vengano qualificate non quale mera indicazione bensì quali “elementi ritenuti insostituibili e insurrogabili dalla stazione appaltante per le finalità della fornitura” (CdS, Sez. III, n. 1006/2022).
Nel caso di specie, la tutela dell’interesse dell’amministrazione all’acquisizione di beni o servizi destinati a soddisfare le specifiche esigenze della collettività emergeva quale prerogativa essenziale finalizzata a “garantire la più ampia e sicura interconnessione tra i nuovi notebook e le più datate apparecchiature in uso presso le Aziende sanitarie”, assumendo pertanto le richieste degli specifici accorgimenti tecnici quale condizione necessaria e non altrimenti superabile da alcuna proposta da esse difforme, sia quale proposta migliorativa sia, evidentemente, quale proposta deteriore rispetto alla minima prevista alla legge di gara.
Se, pertanto la regola generale presenta le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara come vincolanti non nel quomodo “ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della suddetta lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento” (ex multis, CdS, Sez. III, n. 7558/2022 e n. 8189/2023)”, la presenza di requisito minimo indicato in senso strutturale e non funzionale porta ad escludere di per sé che rispetto allo stesso possa essere invocato il principio di equivalenza.
La difformità strutturale di un prodotto offerto rispetto alle caratteristiche richieste in sede di gara, infatti, non ammette possibilità di invocare il principio di cui all’Allegato II.5 (riproduttivo del previgente art. 68 D. Lgs. 50/2016) quando ci si riferisca ad “offerte tecnicamente inappropriate o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, finendo per costituire un aliud pro alio” (CdS, Sez. V, n. 4264/2023).
Il Collegio infatti, nel rigettare il ricorso proposto, evidenziava come, sebbene la proposta di una soluzione tecnica più all’avanguardia, pur ponendosi indubitabilmente quale soluzione più ragionevole nell’ottica di lungo periodo in quanto sarebbe “più moderna, evoluta e performante”, contrasterebbe con gli obiettivi posti dall’amministrazione sul piano oggettivo strutturale, non rispettando le caratteristiche tecniche “minime” obbligatorie previste dalla lex specialis di gara.
In buona sostanza, sebbene l’applicazione del principio di equivalenza incontri quale meccanismo di elasticità il fatto che “la valutazione della congruità tecnica dell’offerta non si risolva in una verifica formalistica ma consista nell’apprezzamento della sua conformità sostanziale alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis” (CdS, Sez. III, n. 1225/2021), la presenza di una specificazione qualificata come requisiti minimi obbligatorio strutturale esclude in nuce l’applicazione del principio di equivalenza.