Principio di unicità dell’offerta ed “elementi accessori” nei dispositivi medici

Avv. Anna Cristina Salzano

Il TAR Veneto – Venezia, Sez. III, con sentenza n. 2465/2024 del 16 ottobre 2024, si è soffermato sui confini e canoni di operatività del principio di unicità dell’offerta di cui all’art. 17, comma 4 D. Lgs. 36/2023 in relazione a proposte tecniche caratterizzate dalla presenza di “elementi accessori” all’offerta principale.

Nello specifico, si trattava di una procedura aperta suddivisa in lotti volta all’aggiudicazione, mediante accordo quadro, della fornitura di dispositivi medico-sanitari di elevata tecnologia per la Regione Veneto.

La società ricorrente, esclusa dalla formata graduatoria di gara, censurava, essenzialmente, la decisione disposta dall’Amministrazione laddove aveva ritenuto che, in relazione alla presentazione di un’offerta tecnica caratterizzata dalla presenza di un dispositivo medico avente due diverse tipologie di elementi distintivi, la società avesse violato il principio di unicità dell’offerta presentando un’offerta plurima ovvero alternativa. In specie, l’inammissibilità dell’offerta risiedeva nell’identificazione nel dispositivo medico offerto di “due distinti sensori cui corrispondevano altrettante distinte schede tecniche e differenti caratteristiche di performance”, determinandosi pertanto la presupposta suddetta qualificazione come offerta plurima e la conseguente violazione della disposizione di cui all’art. 17, comma 4, D. Lgs. 36/2023 in quanto avrebbe presentato “due proposte tecniche in relazione ad uno degli oggetti posti in gara, rappresentato dal sensore, finendo così per avvantaggiarsi di un’offerta alternativa” come sarebbe evincibile dalle differenze emergenti dalle rispettive schede tecniche.

Invero, a fronte di quell’immanente obiettivo di raggiungimento del miglior risultato per la cosa pubblica, a tutela del buon agere amministrativo il Legislatore ha previsto, già nel previgente codice di cui al D. Lgs. 50/2016, che in sede di gara per l’aggiudicazione dell’appalto pubblico “ciascun concorrente non può presentare più di un’offerta” (art. 32, comma 4, poi riprodotto all’art. 17, comma 4 D. lgs. 36/2023). Con tale previsione, pertanto, la legge sancisce proprio quel principio ineludibile di unicità dell’offerta che, imponendo agli operatori economici di presentare una sola proposta tecnica e una sola proposta economica “al fine di conferire all’offerta un contenuto certo ed univoco” (Cons. Stato, Sez. V, n. 4537/2024), si pone quale agente di controllo e tutela dell’efficienza amministrativa, immediata e mediata.

Da un lato, infatti, già durante la pura fase amministrativo-procedimentale, garantisce che l’attività dell’amministrazione procedente sia indirizzata alla piena efficienza, sollevandola dal dover valutare “plurime offerte provenienti dal medesimo operatore economico, tra loro incompatibili”, come tali minando all’obiettivo di individuazione della migliore offerta. Nel contempo, si pone a concreta tutela della par condicio dei concorrenti, “poiché la pluralità delle proposte attribuirebbe all’operatore economico maggiori possibilità di ottenere l’aggiudicazione o comunque di ridurre il rischio di vedersi collocato in posizione deteriore, a scapito dei concorrenti fedeli che hanno presentato una sola e univoca proposta corrispondente alla prestazione oggetto dell’appalto, alla quale affidare la loro unica ed esclusiva chance di aggiudicazione” (ibidem).

La ricerca della tutela del buon andamento, dell’economicità e della certezza dell’offerta si riverbera poi anche nella successiva fase contrattuale ed esecutiva, laddove l’individuazione della migliore offerta mediante l’imposizione di un’unica proposta tecnica ed economica per concorrente garantisce che l’affidamento posto a gara venga realizzato in quel miglior bilanciamento tra economicità e risultato della massima soddisfazione dell’interesse pubblico.

Orbene, il disposto di cui all’art. 17, comma 4, imponendo quindi ai partecipanti alle gare pubbliche di concorrere ineludibilmente con un’offerta tecnica ed economica caratterizzata da un’unica proposta, fatte salve le migliorie, evita pertanto quelle ipotesi di avvantaggiamento di un concorrente laddove, potendo altrimenti quest’ultimo […] contare su un più ampio ventaglio di soluzioni in grado di soddisfare le esigenze della stazione appaltante”, porrebbe in essere la violazione di quel principio di unicità dell’offerta che “si verifica nelle ipotesi di più offerte, o di più proposte nell’ambito della medesima offerta, formulate in via alternativa o subordinata, in modo tale che la scelta ricadente su una di esse escluda necessariamente la praticabilità delle altre, poiché solo in queste ipotesi il concorrente è effettivamente avvantaggiato rispetto agli altri dall’offerta plurima” (Cons. Stato, Sez. III, n. 2413/2022).

E, infatti, seppure tale imposizione sia invero limitativa per i concorrenti essendo tale obbligo “frutto di un’attività di elaborazione nella quale ogni impresa affronta il rischio di una scelta di ordine tecnico, che la stazione appaltante rimette alle imprese del settore, ma che comporta una obiettiva limitazione delle possibilità di vittoria (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, n.  6695/2020, Cons. Stato, Sez. III, 2413/2022), rimane imperativo che nel bilanciamento delle esigenze pubblico-private debbano sempre prevalere le prime, pena la non giusta soddisfazione del bene pubblico. Nel contempo, comunque, l’eventualità accordata dalla lex specialis di presentare una pluralità di offerte o offerte alternative “non potrebbe mai essere accordata o riservata ad una sola impresa concorrente, ma dovrebbe comunque essere garantita a tutte le partecipanti in nome della par condicio e, pertanto, prevista e regolata nella lex specialis” (Cons. Stato, Sez. III, n. 8146/2020).

Nel caso di specie, invero, emerge come la qualificazione di un’offerta come unica ovvero plurima/alternativa debba subordinarsi ad un’indagine che vada oltre il mero dato formale derivante dalla lettura testuale della proposta, portando ad esiti diversi a seconda che i dispositivi medici offerti siano effettivamente plurimi – e, quindi, violativi del principio di unicità dell’offerta – ovvero siano il medesimo con meri differenti accessori complementari.

Il Collegio, infatti, opera un distinguo laddove, pur alla luce della presenza di due “distinte schede tecniche e differenti caratteristiche di performance”, il dispositivo medico offerto sia invero da qualificarsi come unico, seppure nella presenza di elementi diversi che lo compongono. Infatti, dal momento in cui il sistema proposto in gara sia costituito da “un unico microinfusore, al quale risultano associati due diverso sensori”, l’analisi circa la violazione o meno della disposizione di cui all’art 17, comma 4 cpv. si sposta sul meccanismo di funzionamento del dispositivo medico, al fine di comprendere se “i due sensori”, quali unici elementi di differenza, siano accessori o meno. E, infatti, dal momento in cui quest’ultimi possano qualificarsi come meri “elementi accessori”, con tale non intendendosi che il sensore “non è un elemento necessario per il funzionamento del dispositivo, bensì nel senso che il sensore è un elemento consumabile e sostituibile, alla pari degli aghi e dei cateteri”, il divieto di presentare offerte plurime od alternative non viene ad essere leso in quanto  la censurata duplicità “assolve al solo scopo di consentire l’uso di quello dei due che risulta in concreto più adatto alle esigenze specifiche dell’utente, senza che ciò determini differenze sostanziali nel sistema offerto”.

In buona sostanza, appare come l’elemento discretivo, conseguentemente, risieda non nella mera presenza di formali differenti soluzioni tecniche proposte bensì nell’analisi dell’eventuale presenza di prodotti che, nel loro complesso e per specifiche caratteristiche tecniche, prestazionali e di valore commerciale, depongano a favore di una qualificazione come “prodotti diversi”. Qualificazione, questa, che è stata ritenuta non sussistere nel caso de quo trattandosi “di un unico sistema che, per il tramite degli accessori, consente una doppia configurazione, a scelta del medico, in base alle condizioni cliniche del paziente” (TAR Lombardia – Milano, Sez. II, n. 346/2024).

Alla luce di quanto sopra, accogliendo il ricorso e, per l’effetto, annullando la disposta esclusione della ricorrente, il Collegio evidenzia come il divieto di cui all’art. 17, comma 4 D. Lgs. 36/2023 sussumibile nel “principio di unicità dell’offerta”, laddove dispone che ogni concorrente non possa presentare più di un’offerta, debba essere subordinato ad un’analisi che operi su di un piano sostanziale, necessitando che l’amministrazione valuti in concreto la presenza di “differenze sostanziali nel sistema offerto” non “intercettando [altrimenti] il suddetto divieto di presentare offerte plurime ovvero alternative”.