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Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
a cura dell’avvocato Lucio Lacerenza.
È stato pubblicato nella G.U. n. 20/2017 il Decreto 2 dicembre 2016 del Ministero delle Infrastrutture (MIT) avente ad oggetto gli indirizzi generali in materia di pubblicità negli appalti. In attuazione dell’art. 73, comma 4 del d.lgs. 50/2016, il Decreto definisce infatti le regole sulla pubblicità degli atti di gara e sugli adempimenti a carico di stazioni appaltanti ed imprese; con l’aggravante, non infrequente nel nuovo Codice, che su molti aspetti il Decreto stesso rinvia ad altri atti di futura emanazione, senza tuttavia fissare un data.
Il Decreto prevede la pubblicazione degli avvisi e dei bandi di gara su una piattaforma dell’Anac, da effettuarsi entro il sesto giorno feriale successivo a quello del ricevimento della documentazione da parte dell’Autorità (art. 2). Prevede, inoltre, che la documentazione sia pubblicata sul “profilo committente” della stazione appaltante (non oltre due giorni lavorativi successivi alla pubblicazione sulla piattaforma Anac) e sulla piattaforma informatica del MIT anche tramite “i sistemi informatizzati regionali e le piattaforme regionali di e-procurement interconnesse tramite cooperazione applicativa”.
Il punto è che tutto questo non esiste: è il Decreto stesso a prevedere che Anac, con proprio atto, definirà le soglie d’importo, le modalità operative ed i tempi per il funzionamento della piattaforma “in cooperazione applicativa con la piattaforma informatica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, i sistemi informatizzati delle regioni e le piattaforme regionali di e-procurement”. E come se non bastasse, corre considerare che, verosimilmente, la piattaforma Anac dovrà essere messa a punto, cio’ che richiederebbe l’indizione di una gara!
Nel frattempo il Decreto enuncia l’ennesima disciplina transitoria in materia di appalti: fino alla data di funzionamento della piattaforma Anac, bandi pubblicati in Gazzetta Ufficiale italiana, ad eccezione di quelli relativi a lavori di importo inferiore ad euro 500.000 che vanno pubblicati nell’albo pretorio del comune di esecuzione dei lavori (art. 2, comma 6).
Non meno critiche sono le disposizioni del Decreto sulla pubblicità degli appalti mediante i quotidiani. L’art. 3 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2017, anche al fine di favorire una maggiore conoscenza degli appalti tra le imprese, la pubblicazione dei bandi sia altresì effettuata (i) quanto a lavori o concessioni di importo compreso tra euro 500.000 e 5.225.000 “per estratto su almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno uno a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti”, (ii) quanto ai lavori, servizi e forniture di importo superiore alle soglie comunitarie “per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti”. Peraltro (art. 4) l’impiego dei quotidiani nazionali e locali è previsto anche per la pubblicazione degli avvisi relativi agli appalti aggiudicati, ma solo per i lavori, senza nulla dire quanto a servizi e forniture.
In ordine all’impiego dei quotidiani quale strumento di pubblicità, a sommesso parere, corre fare alcune considerazioni. Innanzitutto il nuovo Codice degli appalti all’art. 73, comma 4 lascerebbe intendere che l’emanando decreto del MIT avrebbe dovuto riguardare solo l’utilizzo della stampa locale (testualmente: “utilizzo della stampa quotidiana maggiormente diffusa nell’area interessata” al fine di garantire adeguati livelli di conoscenza degli appalti); mentre il Decreto introduce l’impiego della stampa a diffusione nazionale accanto a quella locale, con un evidente maggior onere di lavoro per le stazioni appaltanti chiamate a pubblicare, e per le imprese aggiudicatarie obbligate a rimborsare agli enti non solo i costi di pubblicazione sulla stampa locale ma anche quelli relativi alla stampa nazionale. L’onere della doppia pubblicazione si scontra, poi, con la pratica degli appalti, laddove si consideri che nella quasi totalità dei casi le imprese prendono conoscenza dei bandi accedendo quotidianamente alle fonti ufficiali presenti in rete (GURI, GUCE, portali delle stazioni appaltanti) o mediante abbonamenti a piattaforme digitali che raccolgono giornalmente le opportunità d’affari nel settore pubblico. In altri termini, l’impiego della stampa oltre ad essere costoso per le imprese è anche desueto in quanto non risponde ai canoni di tempestività che regolano la partecipazione alle gare.
Contribuisce a rendere più incerto il quadro della decorrenza degli effetti giuridici dei bandi la facoltà concessa alle stazioni appaltanti di “prevedere [non meglio precisate] forme aggiuntive di pubblicità” diverse da quelle obbligatoriamente previste dal Decreto medesimo (art. 5, comma 1).
Per finire, l’ennesimo rinvio – con ennesima disciplina transitoria – con il prevedere che sara’ un futuro decreto del MIT a definire le modalità di pubblicazione dei bandi relativi a lavori di importo inferiore a euro 500.000 e servizi e forniture di importo inferiore alle soglie comunitarie previste dall’art. 35 del Codice (art. 5, comma 3).
Troppe incertezze per un settore, quello dei contratti pubblici, al quale si chiede di essere leva degli investimenti pubblici, e quindi volano per la crescita del Paese!
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