Indirizzo
Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100
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Cremona, CR 26100
La revoca di un provvedimento di aggiudicazione comporta per la stazione appaltante una responsabilità pre-contrattuale nei confronti dell’operatore economico “revocato“?
Su questo argomento va registrata una recente sentenza del TAR Campania che ha il merito di dare utili indicazioni alle stazioni appaltanti chiamate a decidere se dare corso o meno ad un affidamento contrattuale nel frattempo sancito da un provvedimento di aggiudicazione definitiva.
Prima di entrare nel merito della decisione del giudice amministrativo appare opportuno delineare il corretto inquadramento della fattispecie sotto il profilo giuridico interpretativo
Innanzitutto occorre stabilire i presupposti per poter dare legittimamente corso ad una revoca di una procedura.
Secondo il Consiglio di Stato (Sez. V n 4349/2024) “Nei procedimenti ad evidenza pubblica per l’affidamento di forniture, servizi e lavori, l’amministrazione conserva il potere di ritirare in autotutela il bando, le singole operazioni di gara o lo stesso provvedimento di aggiudicazione, ancorché definitivo, in presenza di vizi dell’intera procedura, ovvero a fronte di motivi di interesse pubblici tali da rendere inopportuna, o anche da sconsigliare, al prosecuzione della gara. Non è contestabile, in via generale, il potere di annullamento ex officio, ai sensi dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990, dell’aggiudicazione in presenza di un’illegittimità significativa.”
Secondo il supremo consesso amministrativo l’atto di ritiro della gara per l’affidamento del servizio è pertanto espressione della potestà di autotutela dell’Amministrazione di cui all’art. 21 nonies della L n. 241/1990. A tale riguardo il Collegio afferma che “il giudice è tenuto ad esaminare la correttezza dell’esercizio del potere di autotutela dell’Amministrazione nei limiti propri della giurisdizione amministrativa. La valutazione della conformità all’interesse pubblico delle scelte dell’Amministrazione non è sindacabile dal giudice amministrativo, il quale è tenuto ad attenersi ad aspetti che evidenziano l’irragionevolezza, difetti logici, violazione dell’imparzialità e travisamento istruttorio…”.
Afferma poi che “secondo i principi che regolamentano l’agere amministrativo è consentito all’Amministrazione di ritornare sulle proprie decisioni con atti di autotutela, esercitando un potere che è stato sempre ritenuto come generale ed immanente nella cura del pubblico interesse del caso concreto e che consente di annullare, modificare e revocare gli atti amministrativi. Ciò significa che le ragioni di interesse pubblico sottese all’atto di ritiro della gara, ove effettivamente addotte dall’Amministrazione ed ove plausibili e non affetti da macroscopici vizi logici, sfuggono dal sindacato giurisdizionale ”.
Così individuati i presupposti per la revoca,va chiarito che il tema della responsabilità precontrattuale non si pone rispetto ad una situazione che non dato luogo ad una aggiudicazione definitiva.
I principi che regolano la revoca dell’atto di aggiudicazione (di cui si tratterrà nel prosieguo) non si estendono infatti alla diversa ipotesi della decisione di non aggiudicare la gara.
In tal caso non si ha alcuna revoca dell’atto o un suo annullamento d’ufficio, con conseguente assenza di un dovere in capo all’Amministrazione anche solo di valutare comparativamente l’interesse del privato e quello pubblico.
Ne deriva che la Stazione Appaltante, in presenza di un legittimo dubbio se dare corso o meno alla aggiudicazione, dovrebbe astenersi per un tempo ragionevole, dall’assumere il provvedimento.
A tale riguardo si ricorda peraltro che il Codice dei Contratti Pubblici, nell’allegato 1.3 stabilisce i termini entro i quali devo concludersi un procedimento di affidamento e che, a’ sensi dell’art. 17 comma 3, il superamento di detti termini costituisce silenzio inadempimento e rileva anche ai fini della verifica del rispetto del dovere di buona fede.
Se una eventuale responsabilità pre contrattuale potrebbe insorgere solo rispetto ad una revoca ingiustificata del provvedimento di aggiudicazione, occorre allora individuare quali siano i presupposti che renderebbero l’azione dell’operatore economico degna di considerazione.
Secondo consolidata giurisprudenza affinché sussista una simile responsabilità è necessario che il privato richiedente il risarcimento del danno dimostri la sussistenza di questi elementi: La propria buona fede, ossia di non aver con colpa valutato l’esistenza delle condizioni sulle base delle quali ha sostenuto delle spese economiche in previsione della stipula e dell’esecuzione del contratto; La violazione dei doveri di correttezza e di lealtà da parte dell’Amministrazione; La sussistenza della responsabilità dell’Amministrazione per avere questa agito con dolo o colpa; Il collegamento tra il danno e la condotta dell’Amministrazione.
Nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici la responsabilità precontrattuale postula quindi non solo la violazione del dovere di buona fede e di correttezza da parte della stazione appaltante ma anche che il concorrente <<abbia maturato un ragionevole affidamento alla conclusione del contratto e che questo affidamento non sia a propria volta inficiato da colpa>> (Cons. Stato, Sez. V, 28/11/2023, n. 10221).
Si tratta pertanto di stabilire se la condotta della stazione appaltante non appaia <<“scorretta” o “in mala fede” ovvero, ancora, connotata da scarsa serietà o dalla riserva mentale della inutilità delle “trattative”>>.
La sentenza del giudice campano si è concentrata su questi aspetti per escludere, nel caso concreto, la presenza di estremi riconducibili ad una responsabilità pre-contrattuale.
Appurato che l’amministrazione aveva operato secondo una valutazione di opportunità consentitole in presenza di un interesse pubblico e dandone adeguata motivazione nel provvedimento di autotutela, tenendo conto dei principi dell’ordinamento giuridico che, oltre che nell’art. 21 quinquies della L. n. 241/1990, trovano fondamento nei principi costituzionali di cui all’art. 97 Cost e tale potere è rimesso a una <<valutazione ampiamente discrezionale dell’amministrazione>> (Consiglio di Stato, Sez. V, 7 febbraio 2022, n. 833)” (Cons. Stato, Sez. V, 14/07/2022, n.5991).
Tuttavia, secondo il giudice, Le criticità emerse dopo l’aggiudicazione hanno inciso sulla formazione di un “ragionevole” affidamento sulla conclusione della procedura o ne ha impedito il “consolidamento e pertanto ritiene fondata la richiesta del riconoscimento di un indennizzo ex art. 21 quinquies della L. n. 241/1190 per i pregiudizi arrecati dalla legittima revoca dell’aggiudicazione. La quantificazione dell’indennizzo andrà rapportata al danno emergente, quali spese inutilmente sostenute dalla società ricorrente, e sarà diversamente calibrata <<in ragione della eventuale conoscenza o anche conoscibilità, da parte della medesima, della contrarietà del provvedimento revocato all’interesse pubblico e dell’eventuale concorso, della società o di altri soggetti, all’erronea valutazione della compatibilità dell’atto con l’interesse pubblico>>.
Ai fini della quantificazione dell’indennizzo avranno <<rilievo le sole spese sopportate per partecipare alla gara, con conseguente esclusione di ogni ulteriore pregiudizio” (T.A.R. Roma, sez. V, 7/5/2024, n. 9012; T.A.R. Napoli, sez. I, 01/12/2021, n.7714; T.A.R. Napoli, sez. I, 05/01/2021, n.69)>>.